«Io spero in 24 rinunce per andare all’Eurovision con l’Italia». Risate di fondo. A scrivere questo tweet, decisamente riuscito dal punto di vista della resa ironica, Tananai, il giovane talento, risate di fondo, che si è piazzato al 25esimo e ultimo posto a Sanremo 2022. Il riferimento, non detto, è alla regola recente che vuole a rappresentante l’Italia, testa di serie della gara, cioè nazione che non necessita di superare fasi eliminatorie, sia l’artista o gli artisti che abbiano vinto l’ultimo Festival, nel caso specifico Mahmood e Blanco.
Io spero ancora in 24 rinunce per andare all’Eurovision con l’Italia
— Tananai (@Tananai5) February 7, 2022
L’eccezione alla regola, a giustificare quell’indicare 24 ipotetiche rinunce, il caso degli Stadio, vincitori nell’edizione 2016 col brano Un giorno mi dirai, e costretti a rinunciare lasciando il posto alla seconda classifica, Francesca Michielin. Costretti perché quella che a suo tempo è stata fatta passare per una scelta, o volendo un gesto di galanteria, era in realtà il frutto dell’aver dimenticato di iscriversi al concorso prima del Festival, una pre-iscrizione d’ufficio senza la quale è poi stato impossibile andare a Stoccolma, la Svezia era il Paese organizzatore. Se infatti il primo non partecipa la palla passa al secondo, via via finché qualcuno non dice “ok”, nel caso di 24 defezioni, Tananai.

Com’è cambiata la nostra percezione di Eurovision
Nei fatti Eurovision ha negli ultimi anni cambiato pelle, o almeno sono cambiati gli occhi con cui noi italiani lo guardiamo. Se infatti un tempo era il programma ipertrash, quello che in pochi guardavano con fare snob, per ghignare alle spalle di Paesi un po’ meno civilizzati (musicalmente) del nostro, negli ultimi anni andare a Eurovision è diventato prima qualcosa di cool, per motivi probabilmente legati a una certa fluidità di fondo della narrazione; poi di utile, perché passare a ripetizione, Eurovision dura assai più di quanto non si evinca dalla trasmissione di semifinale e finale come mamma Rai ci ha indotto a credere, in un programma che vanta quasi 200 milioni di spettatori non sembra poi così male. Dopo una pausa tattica ordita dalla stessa Rai, del tutto disinteressata a correre il rischio in caso di vittoria di dover poi organizzare l’edizione successiva, come in effetti accadrà quest’anno a Torino dopo la vittoria dei Maneskin al Contest 2021, nel 2011 c’è stato un cauto riaffacciarsi a quella ribalta, con talmente tanta cautela da rasentare certe partite di squadre di calcio provinciali. Il ricordo va al Monza o alla Cremonese, che dopo aver dominato la Serie B per buona parte del campionato infilavano una serie incredibile di sconfitte sospette, così da non dover poi allestire l’anno seguente una squadra da Serie A.
Da Gualazzi allo scivolone di Emma nel 2014
Nel 2011 partecipò Gualazzi, nel 2012 Nina Zilli, nel 2013, dopo l’edizione del 1997 che aveva visto in gara i Jalisse con Fiumi di parole, ecco il vincitore di Sanremo Marco Mengoni, e poi, nel 2014 Emma, il confine tra noi e l’imbarazzo. A parte una certa scompostezza di fondo nel suo stare sul palco, infatti, tutti ricordiamo le sue interviste in finto inglese, finto inglese che però doveva essere inglese vero, perché quella è la lingua ufficiale dell’Eurovision, col risultato rovinoso in classifica che le avrebbe per sempre precluso le strade verso l’Europa.
Dalla partecipazione de Il Volo nel 2014 ci abbiamo iniziato a credere
È però dal 2015 che la faccenda torna a farsi seria, con la partecipazione de Il Volo, vincitori di Sanremo con Grande amore e clamorosamente sconfitti benché i più votati da casa. Da quel momento si è cominciato a crederci, o almeno a provare a crederci. Il 16esimo posto di Francesca Michielin, infatti, entrata in corsa al posto degli Stadio, è più frutto dell’aver portato una canzone moscia, eseguita in maniera ancora più banale, che a una mancanza di voglia da parte della Rai di rimettersi in gioco. Prova ne è l’ascesa che ha visto l’Italia occupare prima il sesto posto con Gabbani, poi il quinto con la coppia Ermal Meta e Fabrizio Moro, infine il secondo con Mahmood e, dopo un anno saltato causa Covid, dove avrebbe dovuto partecipare Diodato, la vittoria dei Maneskin.

L’interesse dell’Italia è cresciuto prima sui social poi in tv
Per altro, l’anno scorso, vedere l’arena di Rotterdam piena in ogni ordine di posto, dopo il desolante spettacolo dell’anno precedente – Diodato cantò da solo dentro un’Arena di Verona deserta – noi tutti incastrati dentro le zone colorate e l’impossibilità di circolare liberamente per il Paese ha fatto davvero strano, per non dire che ha fatto non poco inarcare sopracciglia e storcere bocche in ghigni degni di Billy Idol. Sia come sia, l’Italia, nonostante il pubblico abbia prima iniziato a seguire Eurovision sui social e solo poi in tv, ha di fatto raggranellato più punti di chiunque negli ultimi anni, e l’ascesa mondiale dei Maneskin, come quella europea di Gabbani e Mahmood – al primo si deve il video più visto di quell’edizione del Contest mentre il secondo ha toccato la vetta in diverse nazioni proprio a ridosso della sua partecipazione con Soldi – è chiaramente più figlia della vittoria a quello che ancora da noi chiamiamo Eurofestival che alla vittoria a Sanremo. Certo, sarebbe da tirare in ballo TikTok, dove a ben vedere il fenomeno è in realtà esploso, e non con Zitti e buoni ma con la cover di Beggin, vecchia di quattro anni, ma sarebbe star lì a sottilizzare, di fatto il mondo si è accorto di loro dopo aver sfilato il premio di mano alla Francia, popopopopopopò.
Le autocandidature ironiche e la possibilità di correre con San Marino
Quanti quindi, come chi scrive, ha sempre guardato alla kermesse europea come il corrispettivo al ribasso dei Giochi senza frontiere, i costumi buffi, le canzoni orrende, i balletti imbarazzanti, i presentatori sopra le righe, di colpo si è sentito in minoranza, abbandonato giorno dopo giorno dai compagni di risate, tutti propensi ad allinearsi a una narrazione differente. Al punto che quest’anno, sarà che molti ambirebbero a diventare milionari, Eurovision sembra aver scippato l’interesse dei cantanti al più consono Festival di Sanremo. Neanche il tempo di aver dimenticato le brutte canzoni andate in gara che già si leggono annunci di autocandidature varie, quasi sempre a vantaggio di San Marino. Se infatti Tananai conta su una specie di estinzione dei colleghi, lui come Will Smith in Io sono leggenda a prendere il treno per Torino, ecco che, tra il serio e il faceto, La Rappresentante di Lista, tra i vincitori morali dell’ultimo Festival, propone la propria Ciao Ciao a San Marino o alla Città del Vaticano.

Anche Achille Lauro cerca di acciuffare un biglietto per Torino
A prescindere dall’enorme potenziale di quel brano e quel balletto sul palco di Eurovision, va detto che in molti durante Sanremo ci eravamo augurati una loro vittoria anche per questo. Ma non basta, perché proprio nei prossimi giorni andrà di scena il concorso sanmarinese che porterà al nome di chi a Eurovision potrebbe andarci davvero, e i concorrenti sono tutti nomi noti da queste parti: da Ivana Spagna a Valerio Scanu, passando per Francesco Monte, trombato da Amadeus a Sanremo 2022, Blind, Matteo Faustino, Alberto Fortis e, attenzione attenzione, Achille Lauro. Sì, il cantante di Rolls Royce, evidentemente non molto convinto della propria vittoria al Festival con Domenica, mai in basso come quest’anno, si era infatti preventivamente iscritto al concorso sanmarinese, della serie è sempre bene avere un piano B.
I tempi di Donatan & Cleo e Conchita Wurst
Senza nulla voler togliere ai Maneskin o alla coppia Blanco e Mahmood, a noi viene da rimpiangere quando anche la giuria italiana, quella che può spartire un tot di voti tra tutti gli altri Paesi per contribuire alla classifica finale, votava sguaiatamente Donatan & Cleo rispetto al trash di Emma e i suoi short dorati. Una serie di ballerine poppute e discinte che fingevano di mungere mucche mentre i due titolari del brano si dimenavano sul palco.
O rimpiangiamo Conchita Wurth a lasciare spiazzato il pubblico di Rai 1, completo argentato e barba lunga. Ancora lontana l’edizione fluida del Festival targata Coletta del 2022. A Parte Salvador Sobral con la sua Amar Pelos Dois, vincitrice a sorpresa nell’edizione 2017, comunque ascoltata da una nicchia di appassionati di musica colta, nessuna canzone di Eurovision ha mai fatto strada da noi, e il raccontare questo contest come qualcosa di più di un carrozzone circense, buffo e assolutamente poco credibile è parte di una narrazione revisionista cui può credere solo chi, figlio di questi tempi, ha poca memoria e anche poca voglia di approfondire. Ovviamente ci auguriamo che Blanco e Mahmood facciano bene e che con loro arrivi, via San Marino, qualche altro nostro artista, sperabilmente La Rappresentante di Lista, male che andasse possiamo sempre tornare a dire che lo si guarda per ridere, in famiglia o tra amici, nessuno dovrebbe faticare a crederci.