Ora che anche le date del voto sono ufficiali, il countdown verso le elezioni europee è davvero cominciato (in Italia si andrà alle urne tra il 6 e il9 giugno 2024). Un appuntamento a cui tutti i leader politici si stanno preparando da tempo. Sono settimane, infatti, che il grande gioco degli assetti e delle alleanze è entrato nel vivo.
Il difficile avvicinamento dei Conservatori europei al Ppe
Giorgia Meloni sa di avere tra le mani un’occasione irripetibile: spostare a destra l’asse del prossimo Parlamento europeo ed essere determinante per la composizione della nuova Commissione Ue. Molto, se non tutto, dipenderà da ciò che i Conservatori europei (Ecr), di cui la premier è presidente da settembre 2020, decideranno di fare. Provare o no a trovare un’intesa con il Partito popolare europeo (Ppe). Questo è il dilemma, per ora. Sul fronte dei cristiano-democratici d’Europa l’apertura agli “ex nemici” populisti e nazionalisti è nei fatti. Da mesi, raccontano alcuni osservatori, si è costruita una rete che parte dalla Germania, dal leader del Ppe Manfred Weber e da quello della Cdu Friedrich Merz, passa dal Belgio e da Malta attraverso il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e finisce in Grecia con il premier Kyriakos Mitsotakis, riconfermato alle urne con la sua Nea Dimokratia (anche se si prevede un ritorno alle urne il 25 giugno) che vuole includere Fratelli d’Italia nel nuovo centrodestra europeo. Nell’intenzione dei promotori ci sarebbe anche la volontà di risolvere lo squilibrio di una coalizione italiana di governo che, dentro il Parlamento europeo, siede su banchi diversi (Forza Italia dentro il Ppe e la Lega con Identità e Democrazia insieme a Marine Le Pen).

I popolari cercano di staccare i partiti più ‘moderati’ dal blocco estremista del Pis e di Vox
Come raccontano da Bruxelles il piano del Ppe è piuttosto ambizioso: staccare i partiti più moderati del gruppo dei Conservatori europei, inclusa Fratelli d’Italia, da quelli più estremisti come il Pis polacco o Vox spagnolo, per portarli dentro il gruppo parlamentare dei popolari europei. Un’impresa per nulla facile, visti gli ottimi rapporti che intercorrono tra la premier italiana e i due rispettivi leader, Jarosław Kaczynski e Santiago Abascal. Meloni però è altrettanto consapevole che posizioni nazionaliste, reazionarie, populiste di alcuni alleati (tra i più aggressivi ci sono i lettoni di Alleanza Nazionale e i Democratici Svedesi) rappresentino un serio rischio per futuri accordi con il Ppe. Da politica navigata riconosce che anche da questi nuovi equilibri passa la possibilità di conquista di Bruxelles.

La “doppia diplomazia” del governo Meloni
Non è dunque un caso che in questi mesi di governo abbia scelto quella che alcuni commentatori hanno definito come “la doppia diplomazia, tra sovranisti e Ppe”. Un lavoro di mediazione e rapporti portato avanti soprattutto dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, vero sherpa meloniano nei corridoi di Bruxelles. E cosi tra ottobre e gennaio Meloni ha incontrato due volte il leader del Ppe Weber da cui ha ricevuto convinto sostegno sulla questione migranti e a cui ha espresso stima e gratitudine. Sempre a inizio 2023 si è tenuto il faccia a faccia con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, un incontro che ha dato la misura di quanta voglia di intesa ci sia. Senza dimenticare gli affettuosi abbracci durante i vertici europei con la Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. La strada per un accordo tra Popolari e Conservatori resta, in ogni caso, piena di ostacoli. Tredici mesi, da qua al 9 giugno 2024, in politica sono un tempo lunghissimo. I molti dossier ancora aperti, su tutti la riforma del Patto di stabilità, possono far dimenticare in fretta sorrisi e strette di mano.