Le contraddizioni di Giorgia Meloni sull’idea di Europa

Mario Margiocco
09/05/2022

Sostenere che per occuparsi dei grandi temi l'Ue debba essere una confederazione è come dire che per mettere su una grande squadra di calcio occorrono giocatori dal fiato corto. Una totale contraddizione. Eppure Giorgia Meloni continua a confondere le acque. Preferendo accodarsi a Orban e Kaczynski che seguire la tradizione del Msi.

Le contraddizioni di Giorgia Meloni sull’idea di Europa

Le giornate milanesi di Fratelli d’Italia hanno celebrato un partito che i sondaggi stanno favorendo, rinsaldato l’esprit de corps, irradiato la leadership di Giorgia Meloni, candidata alla guida del prossimo governo. Se gli elettori lo vorranno. Al momento è un gettare il cuore oltre lo steccato. In politica comunque c’è posto per le scommesse. Per chi ha seguito la Conferenza programmatica milanese e soprattutto la relazione introduttiva di Meloni e le sue conclusioni, un dato emerge però netto, e non aiuta. Mentre da un lato si afferma con sdegno che l’Europa è arrivata inerme a un appuntamento con la Storia, quello imposto dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, dall’altro si è sempre negato e si continua a negare il principio stesso che, pur tra le inevitabili difficoltà di un governo collettivo così ampio, consentirebbe all’Europa un ruolo più adeguato. Ruolo che viene dal melonismo invocato e soffocato allo stesso tempo. «Ci faremo trovare pronti», ha detto Giorgia Meloni, per i tempi difficili che ci aspettano e sui quali l’Europa si è dimostrata, ha aggiunto, impari al compito. «I nostri problemi sono figli di un’Europa che ha sbagliato tutte le priorità», ha spiegato. «Vogliamo un’Europa confederale», ha ribadito con una frase che sintetizza il suo pensiero e  introduce il concetto-chiave del confederalismo, «che si occupi delle grandi materie e lasci alle competenze degli Stati nazionali quelle che sono le competenze degli Stati nazionali».

Le contraddizioni di Giorgia Meloni sull'idea di Europa
Giorgia Meloni (Getty Images).

Il sovranismo e le debolezze di un’Europa confederale

Da tempo i Fratelli d’Italia ripetono di essere i più europeisti di tutti ma per un’Europa confederale, nuova e più efficiente. È possibile che numerosi elettori tradizionali e molti elettori potenziali non sappiano bene che cosa sia questo confederalismo che si oppone all’esecrato federalismo di chi ha fatto finora quel tanto o quel poco di Europa che abbiamo. Con il confederalismo si scrivono tanti trattati fra soggetti paritari, si fanno tante alleanze, tanti incontri. Ma, nella sostanza, non ci si impegna a nulla se non, appunto, sulla carta, senza bruciare nessuno dei ponti che consentono a chiunque in qualsiasi momento una marcia indietro. Lo Stato resta pienamente sovrano. La Storia aiuta a capire. Gli 11 Stati americani, dalla Virginia al Texas, che nel 1860-61 si ribellarono al governo centrale di  Washington e avviarono la Guerra Civile formarono una Confederazione e non ebbero mai un vero governo centrale, e per certi aspetti nemmeno un vero esercito unitario, ma soltanto collaborazione tra loro contro l’avversario nordista, l’Unione federale del Nord, che invece era guidata da un governo unitario. Si ribellarono al governo federale e non ne crearono uno analogo fra loro, perché sarebbe stata una contraddizione, e questa fu una delle ragioni della loro sconfitta militare. Confederazione vuol dire infatti accordi di cooperazione, alleanze in piena autonomia, e le alleanze rispondono in pieno all’antica norma del pacta sunt servanda, rebus sic stantibus. E le rebus cambiano, spesso. Federazione invece vuol dire cessione di sovranità da parte degli Stati a una entità centrale, cessione graduale o immediata, parziale o semi-totale in molti campi, ma cessione. C’è una realtà che va oltre gli Stati, oggi in Europa la Ue, e in quella sede, con le dovute procedure, insieme si decide, e gli Stati si adeguano.

Con Giorgia Meloni l’Italia si accoda a Orban e al polacco Kaczynski

Giorgia Meloni ha insistito sull’urgenza di una difesa europea quanto mai oggi cruciale, ha detto di volere un’Europa protagonista diplomaticamente e strategicamente, ha denunciato un’Europa che è «nano politico e gigante burocratico» e ha invocato il contrario, ma poi si è aggrappata tenacemente al confederalismo che è la negazione di tutto ciò e l’esaltazione dello Stato, dei vari Stati nazionali, e la negazione ipso facto di un nascente Stato federale europeo. Quella confederale è l’Europa dell’ungherese Viktor Orban e del polacco Jaroslav Kaczynski, che solo grazie all’Europa e alla Nato assaporano dopo secoli la pienezza dell’indipendenza e la vogliono tutta, con Bruxelles che paga e non dovrebbe mai obiettare a nulla. Non è saggio che un Paese cofondatore della Ue come l’Italia si metta alla loro scuola. Sarebbe utile rileggere le primissime pagine dell’autobiografia di Jean Monnet, il grand commis francese che fu ispiratore e regista dei progetti europei avviati da Robert Schuman, Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e altri. Si aprono con un motto: «Non coalizziamo degli Stati, uniamo degli uomini». Il primo capitolo recita: «I limiti della cooperazione». E a pagina tre si legge: «Non si riesce a immaginare fino a che punto la parola alleanza, che ha una così alta forza rassicurante per i popoli, sia invece vuota di contenuti sul terreno dell’azione quando ci si affida ai meccanismi tradizionali della cooperazione». Con buona pace del confederalismo di Giorgia Meloni.

L'Europa e le contraddizioni di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni e Viktor Orban a Budapest nel 2018 (da Fb).

L’Europa delle patrie è morta nelle due guerre mondiali

Tutta l’ottica, tutta la cultura del partito di Giorgia Meloni è strettamente nazionale, a volte nazionalista, patriottica assolutamente, e fatica ad andare oltre una visione di Europa delle patrie che per certi aspetti è eterna e sacrosanta, e per altri è morta nei massacri che questa visione ha imposto in due terribili guerre fratricide, diventate guerre mondiali. Pensare europeo non riesce facile ai Fratelli d’Italia. E salvarsi con la formula, spesso proclamata, anche a Milano, ma mai spiegata nel suo vero significato, di Europa confederale da opporre a un’Europa federale che non funziona è un gioco al quale Giorgia Meloni è molto affezionata, e che non va da nessuna parte. O forse Meloni spera che possa esistere una credibile difesa europea senza un rafforzamento del federalismo?

Fratelli d’Italia tradisce l’europeismo del Msi

Quanto all’Europa, i progenitori erano diversi. Il Msi che sarà di Giorgio Almirante votò per la Ceca nel 1951, per gli ancor più federali Trattati di Roma nel 1957, e per lo Sme, precursore dell’euro che è finora il massimo del federalismo, nel 1978. Il leader missino Pino Romualdi diceva in quell’occasione: «Altro è parlare di Europa, altro è esprimere il proprio europeismo e altro è voler costruire sul serio una realtà europea che potrebbe in via definitiva fare acquisire all’Europa la coscienza politica, oltre che la coscienza economica, e farla diventare un termine di nuovo rispetto nel quadro della politica internazionale». Il Msi aveva uomini capaci di sentire europeo, magari soprattutto per opporsi a chi ancora si opponeva alla Ue in nome del comunismo. Oggi gran parte della sinistra è europeista, per fortuna, e forse anche per questo Giorgia Meloni è così affezionata al confederalismo, che sarebbe disfare l’Europa. Se ne rende conto? La stagione Meloni ha coinciso inoltre con il “sovranismo”, e anche qui forse il confederalismo paga. Ma non è con queste confusioni che si diventa veri leader. E sostenere che per occuparsi dei “grandi temi” occorre il confederalismo è come dire che per creare una grande squadra di calcio servono giocatori dal fiato corto. Siamo nella totale irrazionalità.