Per spiegare le ragioni della sconfitta ai ballottaggi delle ultime Amministrative, la segretaria del Pd Elly Schlein ha parlato di «un vento a favore delle destre ancora forte». Un’immagine che rende bene l’idea di come la sfida contro Giorgia Meloni sia ancora tutta in salita. La leader del principale partito di opposizione italiano sa che quel vento non soffia solo in Italia ma in gran parte dell’Europa. Da Sud a Nord, da Est a Ovest. Per questo Schlein, come tutti i leader socialisti europei, guarda con preoccupazione alle sfide elettorali oltre confine. Quelle già avvenute e quelle che si svolgeranno da qui a giugno 2024, quando si apriranno le urne per milioni di europei.

Il boom di Akesson in Svezia e delle destre in Finlandia
A settembre, oltre all’Italia, un primo segnale forte era arrivato dalla Svezia. Il risultato delle elezioni era annunciato ma non per questo è stato meno sorprendente. Per la prima volta nella storia i Democratici Svedesi, guidati da Jimmie Akesson e alleati con Giorgia Meloni in Europa, hanno raggiunto quota 20 per cento, superando i Moderati. Una vittoria costruita soffiando sul fuoco dell’insicurezza e dell’identità svedese. Mai era successo che un partito di destra arrivasse secondo dietro i socialdemocratici. Exploit che ha reso possibile la formazione di un governo di centrodestra costituito da Moderati, Cristianodemocratici e Liberali, proprio grazie all’appoggio esterno dei Democratici Svedesi. Rompendo così un tabù lungo 20 anni e imponendo quello che analisti e commentatori hanno definito “il modello Stoccolma”. La sorpresa più grande degli ultimi mesi si è, però, verificata 500 km più a est dalla capitale svedese, in Finlandia. La sconfitta, all’inizio di aprile 2023, della premier uscente, la socialdemocratica Sanna Marin, ha fatto molto rumore in tutta Europa. Considerata in grande ascesa tra i socialisti europei, l’ex premier si è dovuta accontentare della medaglia di bronzo. Non solo dietro al leader del centrodestra Petteri Orpo ma anche al caschetto biondo di Rikka Purra, leader del partito sovranista Veri finlandesi. Come affermano dalle parti di Helsinki, l’unione di queste due forze ha portato alla costruzione del “governo più a destra della storia finlandese”, proprio sul modello Stoccolma.

In Grecia trionfa Mitsotakis mentre in Spagna Sanchez, insidiato da Popolari e Vox, indice elezioni anticipate
Se a Nord dell’Europa le urne hanno premiato gli sfidanti, a Sud c’è un Paese – la Grecia – dove il centrodestra non solo ha vinto ma ha mostrato di essere in piena salute. Lo scorso 21 maggio ad Atene ha trionfato Kyriakos Mitsotakis, a capo del partito conservatore di Nea Dimokratia, doppiando la sinistra guidata da Syriza. Il premier punta alla maggioranza assoluta in Parlamento e per questo ha ottenuto di votare nuovamente a fine giugno, con una legge elettorale che si è cucito addosso e che assegnerà al vincitore un premio di 50 seggi. La vittoria definitiva è solo questione di tempo, intanto però Mitsotakis ha ricevuto i complimenti dell’amico Manfred Weber, presidente dei Popolari Europei. L’obiettivo di questo asse greco-tedesco in vista delle prossime elezioni europee è chiaro: spostare il Ppe verso destra.

Se la Grecia torna alle urne, la Spagna voterà prima del previsto. Dopo la batosta presa domenica 28 maggio dal Partito Socialista alle elezioni amministrative, il premier Pedro Sanchez ha deciso di sciogliere il Parlamento e indire elezioni anticipate il 23 luglio prossimo. La palla ora passa al Partito Popolare di Alberto Núñez Feijóo che, in testa ai sondaggi, dovrà decidere come comportarsi con Vox, forza di destra radicale il cui leader, Santiago Abascal, è molto amico di Giorgia Meloni. Le prime indicazioni si ricaveranno dagli accordi presi da queste due forze politiche a livello locale.

Polonia e Ungheria fortini conservatori, ma il vento sta cambiando anche in Francia e Germania
Anche la Polonia nel 2023 tornerà alle urne. In questo caso, il partito di governo Diritto e Giustizia – espressione di una destra di ispirazione conservatrice, clericale, nazionalista e illiberale – è in grande vantaggio in tutti i sondaggi. Sullo sfondo e guardando sempre verso Est c’è poi lui: Viktor Orban, inamovibile presidente ungherese. Forte e popolare all’interno del suo Paese è molto criticato per le sue politiche reazionarie e autoritarie da tutta la Comunità internazionale. Bruxelles prova a isolarlo ma teme l’effetto contagio. Restano poi le due principali economie europee, Francia e Germania, il cui elettorato sarà decisivo per le prossime Europee. A Parigi, sinistra e centro non se la passano benissimo. Secondo il sondaggio realizzato dal gruppo Elabe per il canale televisivo Bfm, se si votasse ora Marine Le Pen otterrebbe il 55 per cento dei voti contro il presidente Emmanuel Macron – che in ogni caso non potrebbe ricandidarsi – fermo al 45 per cento. Tra i due litiganti c’è un terzo che non gode: il leader di sinistra, Jean-Luc Mélenchon non sembrerebbe aver tratto vantaggio dal sostegno alla forte protesta contro la riforma delle pensioni, voluta proprio da Macron. Anche Berlino, dove fino a questo momento i partiti tradizionali hanno tenuto, la tendenza è la stessa di tutta Europa. Secondo gli ultimi sondaggi, il governo “semaforo” del socialdemocratico Olaf Scholz formato con verdi e liberali ha perso consensi dall’inizio del proprio mandato, nel dicembre 2021. Intanto la destra estrema di Alternative für Deutschland macina consensi soprattutto nell’ex Germania Est e il dialogo con i conservatori della Cdu, almeno a livello locale, non pare più essere un tabù. In un panorama europeo sempre più orientato a destra, l’unica roccaforte socialista resta il Portogallo, dove a gennaio 2022 il premier uscente Antonio Costa è stato riconfermato per la terza volta. Un successo, a tratti insperato, che non sembra sufficiente a fermare il vento che “viene da destra”. Vento che in questa stagione soffia più forte che mai.
