La Danimarca nel 1992 e la Grecia nel 2004. Sono loro le protagoniste di due imprese impronosticabili, favole che ci ricordano quanto possa essere magico il calcio e grandi le sorprese che è in grado di regalare a tifosi e semplici appassionati.
La Danimarca, campione d’Europa da ripescata
Alla vigilia di Euro ’92 nessuno scommetterebbe un centesimo sulla Danimarca. D’altronde, non si è qualificata alla fase finale in programma nella vicina Svezia. I giocatori, terminata la stagione agonistica, sono quasi tutti in vacanza. Al contrario, tra le squadre favorite c’è senza dubbio la Jugoslavia. Dopo il trionfo della Stella Rossa in Coppa dei Campioni l’anno precedente, i tempi sono maturi per passare alla cassa anche con la Nazionale. Ma la Jugoslavia è un mosaico di nazioni, che nel 1992 sono in guerra tra loro. Proprio a causa del conflitto, i Brasiliani d’Europa vengono esclusi dalle competizioni e, al loro posto, viene chiamata in extremis la Danimarca.
Ripescati d’urgenza, i calciatori danesi compiono l’impresa, che vale ancora di più se si pensa che alla spedizione al di là dello stretto di Öresund non c’è la stella Michael Laudrup, in rotta con il ct Møller Nielsen. È presente, però, il fratellino Brian, che si vestirà da protagonista. Superato da seconda l’impegnativo girone con Inghilterra, Francia e Svezia, la Danimarca batte ai rigori i campioni in carica dell’Olanda (dal discetto sbaglia Marco van Basten, tu quoque Marco). Nella finale di Göteborg i nordici sono attesi dalla Germania. Al diciottesimo segna Jensen e, dopo un’ora di inconcludente forcing della Mannschaft, a chiudere il match è Vilfort. Si scoprirà successivamente che alla fine di ogni partita del torneo rientrava in patria ad assistere la figlia malata di leucemia, che, purtroppo, non ce la farà. Una storia tremenda, dentro una favola vera.
La Grecia campione d’Europa, favola del nuovo millennio
Diversa l’epopea della Grecia a Euro 2004. I bookmakers la vedono come penultima candidata alla vittoria finale, un pelo meglio della Lettonia. In quelle tre settimane in Portogallo, si rivela, però, più forte di tutte, in particolare dei padroni di casa. Due volte. Una squadra di ferro, quella ellenica, abbottonata ma pronta a colpire soprattutto sugli sviluppi di calcio piazzato, guidata dall’uomo delle imprese impossibili Otto Rehhagel.
Nel girone, la Grecia deve affrontare Spagna, Russia e Portogallo appunto, che supera all’esordio con un sorprendente 2-1 (per i lusitani è la prima rete in nazionale di Cristiano Ronaldo). Con la Spagna, ancora lontana parente della formazione monstre che dominerà il mondo, finisce 1-1. La Grecia perde poi il terzo match contro la Russia già fuori, segnando un gol che risulta decisivo per la differenza reti. Ellenici avanti, Furie Rosse a casa. Da questo momento in poi la Grecia vince a forza di capocciate: prima Charisteas castiga la Francia nei quarti, poi in semifinale è il silver goal di Dellas a condannare la Repubblica Ceca. Anche l’ultimo atto, a Lisbona, in uno stadio vestito a festa per il Portogallo padrone di casa, è deciso da un’incornata Charisteas. Ancora lui, abile a saltare più in alto di tutti. La storia si ripete, consacrando la Grecia campione d’Europa per la prima volta nella sua storia.