L’amaro in coda

Redazione
11/06/2021

Silver e Golden goal, monetina e replay. I match degli Europei sono stati spesso decisi da trovate curiose, ma in fretta accantonate dai vertici del calcio.

L’amaro in coda

Il Mondiale di calcio è legato al ricordo di incontri leggendari. Basti pensare a Italia-Germania 4-3, Partido del siglo disputato nel 1970 all’Azteca di Città del Messico, palcoscenico quattro edizioni dopo del quarto Argentina – Inghilterra, che vide nel giro di pochi minuti il gol e la furbata griffati Maradona. E come dimenticare la battaglia di Dortmund, nel 2006, tra gli Azzurri di Lippi e la Mannschaft guidata da Klinsmann, risolta a un soffio dai rigori da Grosso e sugellata da Del Piero? C’è poi il Miracolo di Berna, ovvero la sconfitta a sorpresa dell’Ungheria (Aranycsapat, “squadra d’oro) a opera dei tedeschi dell’Ovest nel 1954. A ritroso, la tragedia, sportiva e non, brasiliana del Maracanazo, nel 1950. L’Europeo, invece, è un’altra storia, spesso ricordato per finali thrilling e curiosi.

L’esperimento del Silver goal

Nel 2004, in casa del Portogallo, vinse a sorpresa dalla Grecia e si celebrò il funerale del Silver goal. Evoluzione (o involuzione) del Golden goal, avrebbe dato la vittoria alla squadra in vantaggio al termine del primo tempo supplementare. Regola presa in prestito dagli overtime del basket, ebbe vita breve: durò poco più di un anno, dalla primavera del 2003 (sarebbe stato applicato se necessario nelle finali di Champions League e Coppa Uefa), alla finalissima di Lisbona del 4 luglio 2004, dove non servì. Per avere la meglio sui lusitani e scrivere la storia, infatti, agli ellenici bastò una capocciata di Charisteas. Il silver goal fece la sua comparsa, però, nella tirata semifinale che vide opposte proprio la Grecia e la Repubblica Ceca, appena tre giorni prima. Il romanista Dellas con un colpo solo spedì i boemi in patria e i suoi in finale.

Silver goal, toppa sbagliata per il Golden goal

Il Silver goal era in qualche modo una toppa del Golden goal, regola adottata dalla Fifa dal 1993 (Mondiale Under 20 in Australia) per chiudere anzitempo i supplementari dei match a eliminazione diretta. Con il risultato in parità, la prima rete segnata dava la vittoria alla squadra marcatrice. L’idea, che si rifaceva al concetto di sudden death presente negli sport di squadra nordamericani da decenni, voleva incentivare le squadre a un gioco più offensivo, ma le fece invece abbottonare ulteriormente. A Usa 94 il Golden goal non fu adottato e per il debutto estivo ci fu bisogno di Euro 96, dove decise la finale tra Germania e (ancora) Repubblica Ceca. Autore Bierhoff, che all’ottava presenza nella nazionale tedesca, da subentrato, prima pareggiò il gol di Berger, poi realizzò lo storico Golden goal, consegnando alla Germania unita il primo grande trionfo internazionale. Stessa storia quattro anni dopo, con protagonisti dalle tonalità differenti: Azzurri e Bleus. L’illusione di Delvecchio, poi la beffa di Wiltord, infine la girata chirurgica di Trezeguet. Francia campione d’Europa per la seconda volta, a due anni di distanza dal trionfo iridato.

I rigori una trovata degli Anni ’70

Il Silver goal e ancora prima il Golden goal erano stati adottati per limitare la lotteria dei rigori, introdotta a sua volta nel 1976 in sostituzione (a seconda della situazione) della ripetizione della gara o del lancio della monetina. Cinque rigori per parte in caso di parità al termine dei supplementari. La paternità di questo metodo si deve al giornalista Yosef Dagan, indignato per l’eliminazione di Israele ai quarti delle Olimpiadi 1968, avvenuta con il ricorso alla monetina. Il primo grande torneo internazionale palcoscenico dei calci di rigore fu Euro 76: nella finale di Belgrado tra Germania Ovest e Cecoslovacchia, dopo il 2-2 nei minuti regolamentari, i supplementari senza reti e l’errore di Hoeness dal dischetto, Panenka realizzò il penalty decisivo con un delizioso cucchiaio, che beffò il portiere teutonico Maier. Ventiquattro anni prima di Totti, che lo fece in semifinale.

Euro ’68, l’Italia vince grazie a monetina e replay

Fino all’introduzione dei rigori, come detto, si andava di monetina o di replay della gara. Nell’Europeo del 1968, l’unico vinto nella storia azzurra, all’Italia toccarono entrambe le soluzioni. Il 5 giugno, dopo una sofferta semifinale contro l’Unione Sovietica terminata 0-0, l’arbitro tedesco Tschenscher convocò i capitani nel ventre dello stadio San Paolo, dove si svolse il lancio della monetina. Fu l’esultanza di Facchetti, tornato in campo dopo il verdetto, a far capire ai tifosi che l’Italia aveva conquistato la finale.

Tre giorni dopo gli Azzurri scesero in campo a Roma contro la temibile Jugoslavia, che andò in vantaggio con Džajić, prima del pareggio di Domenghini. Niente monetina in finale, che per regolamento doveva essere ripetuta. Successe due giorni dopo, con i ct che adottarono strategie opposte: lo jugoslavo Mitić confermò gli 11 scesi la prima volta, mentre Valcareggi, intuendo che i suoi avevano le pile scariche, effettuò cinque cambi. Risultato? Ottimo per l’Italia, 2 a 0, firmato Riva e Anastasi.