A metterli insieme era stata la lungimiranza di un presidente innamorato come Paolo Mantovani. Ancora più difficile era stato, poi, confermarli alla Sampdoria di fronte alle offerte miliardarie dei grandi colossi del calcio italiano. Non ci sono solo i gemelli del gol Roberto Mancini e Gianluca Vialli dietro le prodezze di una nazionale italiana a forti tinte blucerchiate, che cerca l’assalto alla finale di Euro 2020. Attilio Lombardo, Alberico Evani, Fausto Salsano e Giulio Nuciari sono nomi che hanno fatto la storia sportiva di Genova, almeno di quella metà che si riconosce nei cori e nelle bandiere della gradinata sud. A cavallo tra gli Anni 80 e 90, mentre il mondo conosceva Marco Van Basten e Napoli ardeva di un amore viscerale per Diego Armando Maradona, intorno a Marassi si mettevano insieme i tasselli di una rosa che, sotto la guida sapiente di Vujadin Boskov, sarebbe arrivata a vincere uno scudetto e sfiorare una storica Coppa dei Campioni. Battuti in finale proprio a Wembley dal Barcellona, non è un mistero che per molti di loro questo Europeo rappresenti la naturale chiusura di un cerchio aperto 29 anni fa.
Fausto Salsano, sempre con Mancini
Certo, nelle dinamiche del calciomercato, vorticosamente scandito da partenze e arrivi, non tutti erano presenti quella notte. Fausto Salsano, ad esempio, terzo, prezioso attaccante alle spalle di Roberto Mancini e Gianluca Vialli era andato via da qualche tempo. Ceduto alla Roma, si sarebbe perso lo scudetto e l’avventura in Champions. Un addio sofferto, al punto che il Mancio nella lettera pubblicata sul Corriere della sera per festeggiare il Tricolore, scriverà: «Dedico il successo anche a chi non è più alla Sampdoria. Ad Alviero Chiorri e Fausto Salsano, che non se ne sarebbe andato, se mi avesse trovato quando mi telefonò per dirmi la decisione che stava per prendere. Avrebbe giocato trenta partite quest’anno e la festa l’avremmo fatta già da qualche settimana con lui. Mi sta venendo un’idea, chiederemo al presidente, come premio scudetto, di riportare Fausto con noi».
Ed effettivamente l’esterno d’attacco tornerà, non l’anno successivo, ma tre stagioni più tardi, appena in tempo per vincere un’ultima Coppa Italia. Dopo il ritiro, seguirà Mancini ovunque. Dalla Russia alla Turchia, è fido assistente del tecnico anche nell’avventura in azzurro.
Attilio Lombardo, quando Popeye arrivò a Genova
Chi l’amarezza per la sconfitta in Coppa Campioni l’ha vissuta tutta è Attilio Lombardo. Stantuffo inesauribile sulla fascia destra, fu uno dei tanti scambi sull’asse Cremona-Genova, particolarmente frequenti nel periodo. La somiglianza con Braccio di Ferro gli varrà il passaggio dal soprannome di Bombetta a quello di Popeye. Il Baciccia (marinaio stampato sullo scudo sampdoriano) in riva al mar Ligure delizierà i tifosi con centinaia di sgroppate e vincerà, oltre allo scudetto, anche una Coppa delle Coppe. Poi andrà alla Juventus e si prenderà finalmente la Champions, prima di ritrovare, alla Lazio, l’allenatore Sven-Göran Eriksson e Roberto Mancini. In biancoceleste vincerà un altro titolo italiano. In Azzurro, invece, ora proverà un nuovo assalto a Wembley.
Alberico Evani, al tramonto del ciclo d’oro della Sampdoria
Nella notte in cui mezza Genova, e qualcosa di più, piangeva per la sconfitta contro il Barcellona, Alberico Evani era ancora un giocatore del Milan, fresco, peraltro, di tricolore. In Liguria sarebbe arrivato soltanto alla vigilia della stagione 1993-1994, nella fase finale dell’epopea Mantovani. Il presidente Paolo morirà appena qualche mese più tardi, il 14 ottobre, lasciando un vuoto enorme nella tifoseria e nella città. A capo della società verrà posto il figlio Enrico, ma i risultati non saranno più gli stessi.
L’onere di metabolizzare lo choc spettò ai senatori dello spogliatoio, Mancini in testa e, almeno inizialmente qualcosa di buono si realizzò. Al termine di un’annata, comunque complicata, la Samp, infatti, porterà a casa la Coppa Italia. Evani resterà blucerchiato fino al 1997, quando, ormai 34 enne, ripartirà dalla Reggiana, in Serie B. Appese le scarpette al chiodo, con vari incarichi è nel giro della nazionale dal 2010. Lo scorso novembre ha sostituito Mancini, positivo al Covid, nel doppio incontro di Nations League contro Polonia e Bosnia. Chiamato Bubu come l’amico di Yogi, ha sempre detestato il nomignolo. Concetto ribadito anche nella sua biografia, intitolata appunto Non chiamatemi bubu. Chicco andrà benissimo.
Giulio Nuciari, il secondo portiere
Tutta l’epopea della grande Sampdoria l’ha vissuta, anche se spesso dalla panchina Giulio Nuciari. Il portiere, secondo prima di Gianluca Pagliuca e successivamente di Walter Zenga, nelle poche occasioni in cui è stato chiamato in causa ha dovuto fare i conti con la pungente ironia della Gialappa’s, spietata nel mettere il dito nella piaga dopo qualche papera. Acqua passata, perché finalmente è tornato il tempo di sognare in grande. Se lo augura anche Massimo Battara, che nella Samp è cresciuto, pur non avendo mai esordito, e oggi, per gli Azzurri fa il preparatore dei portieri.