Calci in famiglia

Nicolò Delvecchio
28/06/2021

Enrico e Federico Chiesa sono solo gli ultimi della lista: da sempre, agli Europei scendono in campo fratelli, o figli, che hanno giocato per la stessa nazionale. O anche in due selezioni diverse.

Calci in famiglia

Un Chiesa in gol agli Europei, a Wembley, lo avevamo già visto: era il 1996 ed Enrico, attaccante della Sampdoria, segnò  nel tempio inglese alla Repubblica Ceca, nella seconda partita dei gironi. Non una rete fortunata, perché Nedved e compagni vinsero 2-1 e gli Azzurri sarebbero poi stati eliminati al primo turno del torneo. A Federico è andata decisamente meglio: gol all’Austria, Italia ai quarti di finale e un piccolo posto nella storia della competizione. Con quella rete, infatti, Enrico e Federico Chiesa sono diventati la prima coppia padre-figlio ad andare a segno nella fase finale della competizione. Ma gli Europei sono da sempre un teatro in cui padri, figli e fratelli si mettono in competizione, contemporaneamente o in periodi diversi, con risultati alterni.

Michael Laudrup e l’Europeo mancato

Nel 1992 la Danimarca fallì la qualificazione all’Europeo di Svezia dopo essere arrivata seconda nel girone con la Jugoslavia. La nazionale balcanica, però, fu squalificata dal torneo per la drammatica situazione interna al Paese e, al suo posto, furono richiamati i danesi. Il ct Richard Møller Nielsen ebbe poco tempo per mettere assieme la rosa e una brutta gatta da pelare: i fratelli Laudrup, Michael e Brian, avevano infatti deciso di “autosospendersi” dalla Nazionale per delle incomprensioni proprio con il commissario tecnico. Brian, attaccante con un passato tra Bayern Monaco, Milan e Fiorentina, accettò di seppellire l’ascia di guerra. Michael, ex Juventus e Lazio all’epoca al Barcellona, stella della squadra e considerato uno dei migliori giocatori danesi di sempre, rifiutò. Sarà il suo più grande rimpianto perché, a sorpresa, la Danimarca vinse quell’Europeo, battendo per 2-0 la Germania in finale. La famiglia Laudrup, quindi, può contare su un campione d’Europa su due: e il fratello con la medaglia è quello che ci si aspetta di meno.

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Dinastia Schmeichel

Ancora Danimarca, ancora i ragazzi del 1992: “guardiano” di quella nazionale era Peter Schmeichel, tra i migliori portieri della sua generazione e colonna, oltre che dei biancorossi, del Manchester United di Sir Alex Ferguson tra il 1991 e il 1999. Uno che ha vinto tutto, per intenderci. Suo figlio Kasper, dopo un inizio di carriera molto diverso (ha faticato nelle serie minori inglesi e non è riuscito a imporsi al Manchester City), ha trovato la sua casa nel Leicester, col quale nel 2016 ha vinto la Premier League, scrivendo una delle pagine più incredibili del calcio moderno. Ora, ha la possibilità di farsi valere anche in nazionale: dopo un inizio tremendo, con il malore a Eriksen contro la Finlandia e le due sconfitte nei primi due match, la Danimarca ha passato il girone (battendo la Russia per 4-1) e ha schiantato il Galles agli ottavi con un netto 4-0. Adesso, contro la Repubblica Ceca, i danesi hanno la concreta possibilità di tornare in una semifinale di un Europeo: non succede da esattamente 29 anni.

Fratellini belgi 

Il Belgio sarà l’avversaria dell’Italia ai quarti di finale dell’Europeo: decisivo, contro il Portogallo, il gol di Hazard, che ha fissato il risultato sull’1-0. Niente di strano, vero? Sì, se non fosse che la rete della qualificazione non l’ha segnata Eden Hazard, giocatore del Real Madrid pagato, nel 2019, 100 milioni di euro per trasferirsi dal Chelsea. No, l’eroe nazionale è stato, per una volta, Thorgan Hazard, di due anni più piccolo. Negli stessi anni in cui Eden illuminava Londra, Thorgan faticava in patria nello Zulte Waregem, con addosso la nomea di “fratello di”. Un’etichetta fastidiosa, che ha cominciato a scrollarsi di dosso nel 2014, col passaggio al Borussia Monchengladbach. Nel 2019 è andato all’altro Borussia, quello di Dortmund, e continua a giocare a ottimi livelli. Considerata anche la non bella stagione di Eden, Thorgan può essere orgoglioso di essersi preso finalmente un posto di rilievo nel calcio europeo. Nel 2016, poi, il Belgio convocò altri due fratelli: Romelu Lukaku, allora all’Everton, e Jordan Lukaku, terzino poi finito alla Lazio e ora all’Anversa. I due sono figli d’arte: il padre, Roger, giocò in Belgio e rappresentò negli anni ’90 la nazionale dello Zaire, nome con cui era conosciuta all’epoca la Repubblica Democratica del Congo.

Legami russi

Aleksej e Anton Miranchuk sono gemelli, sono identici e per anni hanno giocato insieme nella Lokomotiv Mosca. Il primo, adesso, è all’Atalanta di Gasperini, e contro la Finlandia ha segnato un gol meraviglioso, che purtroppo non è bastato per portare la sua nazionale agli ottavi di finale. L’altro, invece, lo ha guardato da casa, perché  – nonostante abbia già 19 presenze con al Russia – non è stato convocato dal ct Čerčesov per l’Europeo. I due però non sono i primi russi a giocare insieme in nazionale: per anni Vasili e Aleksej Berezutsky, gemelli e compagni di reparto in difesa, hanno costituito la spina dorsale della squadra arrivata fino alle semifinali di Euro 2008.

Storie arancioni

In Italia vogliamo bene a Frank de Boer per due motivi: il rigore sbagliato contro l’Italia al 38′, nella semifinale di Euro2000, e quello fallito, nella stessa partita, dopo i supplementari. La parte non interista del nostro Paese, poi, vuole bene all’allenatore olandese per gli 85 giorni passati alla guida dei nerazzurri nel 2016, in cui collezionò 7 sconfitte in 14 partite. Questo, però, è un altro discorso. Tra gli anni ’90 e l’inizio dei 2000, negli Oranje, giocava anche il fratello Ronald, che però non scese in campo contro l’Italia. I due giocarono insieme, oltre che in Nazionale, anche nell’Ajax e nel Barcellona, e ora fanno entrambi gli allenatori: Frank è il ct dell’Olanda ed è appena uscito agli ottavi contro la Repubblica Ceca, Ronald ha avuto impieghi di secondo piano nell’Ajax fino al 2016.

Nazionali diverse

La storia più particolare è però, senza dubbio, quella di Taulant e Granit Xhaka. Nati entrambi in Svizzera, a Basilea, da genitori kosovari, iniziano a giocare nelle giovanili della squadra della loro città, per poi esordire tra i grandi nel 2010. Il primo è del 1991, difensore o centrocampista, mentre il secondo è di un anno più piccolo ed è un mediano. Taulant è sempre rimasto in Svizzera, e al massimo si è spostato per una stagione (2012-13) al Grasshopper, per poi tornare al Basilea. Granit, invece, nel 2012 è passato al Borussia Monchengladbach e nel 2016 si è trasferito all’Arsenal. Entrambi hanno giocato nella Svizzera under 21, poi si sono divisi: il primo, che non ha mai lasciato il Paese, ha deciso di vestire la maglia dell’Albania. Il secondo, invece, è diventato il capitano della nazionale elvetica. I due si sono affrontati in una sfida ai gironi di Euro 2016,  vinse la Svizzera per 1-0: per la prima volta, in un Europeo, si sfidarono due fratelli in due nazionali diverse.