C’è quella che governa e quella all’opposizione, oltre alla solita extraparlamentare. L’estrema destra europea è forte, radicata e ha programmi molto chiari. E da tempo si sta ritagliando uno spazio importante nelle istituzioni democratiche. È il caso, ad esempio, di Polonia e Ungheria, in cui PiS (Diritto e Giustizia) e Fidesz (Unione civica ungherese), entrambi al governo, hanno attuato riforme illiberali per accentrare sempre più il potere nelle mani dell’esecutivo. Non è al governo, ma lo ha sfiorato il Rassemblement National di Marine Le Pen che nelle due ultime tornate europee è stato il partito più votato in Francia e nel 2017 ha perso il ballottaggio alle presidenziali contro Emmanuel Macron. Scenario che potrebbe ripetersi anche alle elezioni della primavera del 2022.
Tinte brune in Spagna e Germania
Altrove, Vox in Spagna e Alternative für Deutschland in Germania alternano boom elettorali a flop clamorosi, mentre i neonazisti di Alba Dorata in Grecia sono stati ufficialmente dichiarati un’organizzazione a delinquere, dopo aver influenzato la politica interna tra il 2012 e il 2019. Ora sono fuori dalle istituzioni, come i neofascisti italiani di Forza Nuova (protagonisti dell’assalto alla Cgil di sabato 9 ottobre) e Casapound, che però alle urne, quando si sono presentati, hanno sempre raccolto le briciole. Nel parlamento europeo, PiS e Vox fanno parte del Partito dei Conservatori e Riformisti, con proprio presidente Giorgia Meloni, recentemente ospite di Viva21 di Vox a Madrid. Il suo Fratelli d’Italia, in questi giorni, è al centro del dibattito pubblico per l’inchiesta di Fanpage “Lobby Nera” e per i presunti legami con gli ambienti neofascisti milanesi.
Il PiS di Duda e il rischio di Polexit
A livello continentale gli ultimi mesi sono stati attraversati dallo scontro senza esclusione di colpi tra Unione europea e Polonia, e se vi è capitato di sentire il temine “Polexit” è proprio per questo motivo. Dal 2015 il partito ultraconservatore PiS del presidente Andrzej Duda è al governo, promuovendo un’agenda nazionalista e illiberale. Sue le leggi che rendono l’aborto sostanzialmente vietato, dei suoi sindaci l’istituzione delle città “libere dall’ideologia Lgbt“. Il partito è arrivato a definire la comunità gay «nemico pubblico numero uno» della Polonia. I matrimoni dello stesso sesso non sono quindi nemmeno considerati, al pari dell’eutanasia. L’Unione europea ha duramente condannato questi provvedimenti, arrivando a minacciare l’esclusione dei fondi pubblici alle amministrazioni dichiaratesi Lgbt-free (denominazione che, infatti, è quasi sparita dal Paese). Altre leggi hanno messo in discussione la libertà di stampa e la parità di genere. Ma lo scontro più feroce tra i due poli è sulla riforma della giustizia che, di fatto, annulla l’indipendenza della magistratura. L’Ue ha minacciato di chiudere il rubinetto del recovery fund se non avesse rimosso quel provvedimento, la Corte costituzionale ha risposto sostenendo che il diritto europeo non può trovare applicazione in Polonia se è in contrasto con la costituzione. Una messa in discussione di un principio, quello della superiorità del diritto di Bruxelles su quello nazionale, senza il quale non si può appartenere all’Ue: lo scontro è apertissimo. Intanto, magistrati oppositori al PiS hanno organizzato un tour per portare la Costituzione in giro per la Polonia.

Fidesz e la deriva xenofoba e illiberale dell’Ungheria sotto Orban
Le posizioni del PiS sono molto simili a quelle di Fidesz, il partito di ultradestra di Viktor Orban che dal 2010 governa l’Ungheria. Inizialmente liberale, Fidesz si è spostato su posizioni sempre più estremiste a partire dagli Anni 80, dopo le prime elezioni post-comuniste del Paese. Nazionalista, anti-immigrati e fortemente contrario al riconoscimento dei diritti civili per le coppie omosessuali, Orban ha stretto sempre di più il controllo dell’esecutivo sugli altri poteri dello Stato. Nel 2011 Fidesz varò una nuova costituzione fortemente illiberale, che ridusse di molto i poteri della Corte costituzionale e dei cittadini che volevano ricorrervi, spostò al governo il potere di scegliere i giudici costituzionali, limitò la libertà di espressione, rese il vecchio Partito comunista un’organizzazione criminale (favorendo quindi processi politici), sottopose la Banca centrale al controllo del Parlamento. E poi altre leggi per tutelare solo la famiglia tradizionale, silenziare la stampa (con una legge per portare tutti i media sotto un’unica fondazione, controllata da un amico di Orban), impedire alle Ong il salvataggio di migranti. E fino al 2021 Fidesz (che nel 2022 dovrà affrontare nuove elezioni) ha fatto parte anche del Partito popolare europeo, la grande coalizione che riunisce i partiti del centro-destra liberale continentale, prima dell’espulsione operata dai suoi vertici.
La destra francese divisa tra Le Pen e Zemmour
Chi ha provato – finora senza successo – ad arrivare all’Eliseo con un programma di estrema destra è stato il Front National – ora Rassemblement National – della famiglia Le Pen. Prima con Jean-Marie, fondatore nel 1972 e segretario fino al 2011, poi con sua figlia ed erede politica Marine, che ne ha cambiato il nome nel 2018. Rn ha promosso un’agenda ultraconservatrice fondata sul rigetto del multiculturalismo e della globalizzazione, la revisione degli accordi di Schengen, l’uscita dall’euro e dalla Nato. Grande alleato della Lega di Matteo Salvini, Rn ha ottenuto ottimi risultati soprattutto negli ultimi anni: il 18 per cento alle Presidenziali 2012 (terzo partito), il 21 a quelle del 2017, con conseguente 33 per cento al ballottaggio (perso) contro Macron, mentre alle Europee 2014 e 2019 è stato il primo partito francese.

La leadership del centrodestra transalpino, però, è messa in discussione dall’ascesa di Eric Zemmour, giornalista ed ex commentatore di punta della “Fox News francese”, CNews. È uno che diffonde la teoria della “grande sostituzione” della popolazione europea con chi arriva dall’Africa. Per il New York Times, ha «ispirato le uccisioni da parte dei suprematisti bianchi dal Texas alla Nuova Zelanda» ed è molto ascoltato da politici di estrema destra. «C’è una popolazione francese, bianca, cristiana, di cultura greco-romana» sostituita da una «popolazione del Maghreb, africana e per lo più musulmana», ha detto Zemmour qualche settimane fa. Il governo ha condannato CNews al pagamento di una multa di 200 mila euro per incitamento all’odio razziale. Per dirne una, Zemmour ritiene che il Rassemblement National sia «diventato di sinistra» per aver sposato dottrine che prevedano un più massiccio intervento dello stato nell’economia. Alle Presidenziali del 2022 Zemmour potrebbe togliere voti importanti al Rn e addirittura finire al ballottaggio.
Santiago Abascal e il successo di Vox
In Spagna invece c’estrema destra si chiama Vox. Fondato da una costola più estremista del Partito popolare (centrodestra), Vox si definisce un partito di destra, conservatore, monarchico e cristiano-democratico. Contrario all’aborto, al matrimonio e alle adozioni omosessuali, ma anche al riconoscimento delle autonomie regionali (sistema su cui si fonda la costituzione spagnola post-franchista), è euroscettico e anti-immigrazione. Il suo leader, Santiago Abascal, si definisce “reazionario“, parla di “spazio vitale” della Spagna nella penisola iberica, è anti-femminista e anti-islamista, oltre a non credere nel cambiamento climatico. Nel 2019 ha portato Vox a essere il terzo partito spagnolo.

In Alternative für Deutschland (Afd), partito euroscettico, conservatore e anti-islamista tedesco, convivono alcune anime abbastanza preoccupanti. Spesso, infatti, suoi membri hanno espresso posizioni apertamente neo-naziste, xenofobe, antisemite e negazioniste dell’Olocausto, per quanto i leader abbiano sempre rigettato le accuse di razzismo. Contrario all’aborto, alle unioni omosessuali e alla parità di genere, Afd nega anche il cambiamento climatico. I suoi leader, Bernd Lucke (fondatore) e Alice Weidl (candidata cancelliera alle ultime elezioni) si sono fatti portavoce di revisioni in senso restrittivo delle leggi per la concessione del diritto d’asilo e si sono opposti alle politiche delle frontiere aperte di Angela Merkel. Sia Vox che Afd, in Europa, fanno parte della coalizione presieduta da Giorgia Meloni. Alle ultime elezioni AfD è rimasta sopra l’11 per cento, qualche punto in meno del 12,6 per cento con cui quattro anni fa divenne il terzo partito tedesco.
Alba Dorata e gli altri gruppi di estrema destra europea
In Grecia, Alba Dorata fu fondata negli Anni 80 ma rimase ai margini della vita politica fino ai 2000. Nel 2012 si presentò alle elezioni parlamentari con lo slogan «Ripulire la Grecia dalla sporcizia», in riferimento agli immigrati presenti sul territorio, e riuscì a conquistare 21 seggi (7 per cento). I suoi deputati entrarono in parlamento facendo il passo militare. Il fondatore Nikólaos Michaloliákos, insieme ad altri dirigenti del partito e alcuni ex poliziotti, fu arrestato nel 2013 con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas, ucciso da un militante del movimento. Il partito ha legami con Casapound, e nel 2020 è stato riconosciuto dalla Corte d’Appello di Atene una «organizzazione a delinquere».

Dopo le ultime elezioni, Alba Dorata è tornata ai margini della vita politica greca, ma continua a esistere e operare al di fuori delle istituzioni. Come la stessa Casapound, appunto, e Forza Nuova. Movimenti simili esistono in tutta Europa, legati sia dall’ideologia che da una sorta di solidarietà economica basata sull’utilizzo di criptovalute. Come il Movimento di resistenza nordica, organizzazione neonazista del nord Europa guidata da Simon Lindberg. È presente in Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca. Nato proprio in Svezia da ex membri della Resistenza Ariana Bianca usciti di prigione, è stato messo fuori legge in Finlandia (stessa cosa si chiede in questi giorni in Italia per Forza Nuova). Nei suoi documenti sono frequenti gli elogi alla figura di Adolf Hitler, così come frequenti sono le azioni ai danni degli ebrei. Sempre al neonazismo nord-europeo faceva riferimento Anders Breivik, il terrorista che nel 2011 uccise 77 persone a Utoya, in Norvegia.