Già dal 25 ottobre scorso, il Mit, cioè il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ha introdotto il riconoscimento facciale all’esame teorico della patente. Uno strumento tecnologico che avrebbe una duplice funzione. Da una parte, alcuni media hanno sottolineato come l’obiettivo principale fosse evitare gli scambi di persona. Dall’altra, secondo Wired che ha contatto alcuni funzionari al ministero, la scelta è stata presa per «ridurre i tempi di esecuzione delle prove di esame di teoria per aumentare la capacità di offerta dei singoli Uffici di fronte a una domanda non sempre soddisfatta nei tempi attesi dall’utenza».

D’Anzi parlava di «distribuzione non ottimale delle risorse sul territorio»
Era stato il direttore generale della motorizzazione civile, Pasquale D’Anzi, a lanciare l’allarme sui tempi durante un’audizione alla commissione trasporti alla Camera, nel marzo 2022. «Possono arrivare anche a oltre 100 giorni», ha spiegato parlando dei tempi per la prenotazione dell’esame di guida teorico. Poi ha sottolineato che la causa è «la progressiva riduzione degli organici e la conseguente perdita di competenze chiave», dovuta al licenziamento di metà del personale. Ma anche «la distribuzione non ottimale delle risorse sul territorio. Non risulta coerente con il bacino di utenza gestito. Si passa per esempio dai 2,9 dipendenti per ogni 100.000 utenti potenziali serviti dall’ufficio di Napoli, ai 19,4 dell’ufficio di Isernia».
Come funziona il riconoscimento facciale
Il sistema è basato su due step. Da una parte l’ingresso in motorizzazione attraverso un tornello. Un tablet, in quel caso, verifica i dati biometrici del candidato, confrontandoli con la fototessera inviata al momento dell’iscrizione. Poi, in un secondo momento, la persona che deve sostenere l’esame viene sistemata davanti al computer per la prova teorica ed è lì che avviene una nuova scansione. In questo caso il sistema avrebbe subito inserito i dati dei candidati, ma controlla anche, supervisionato dagli operatori, che non ci siano scambi di persona. «In caso di esito negativo del confronto automatico», spiega il ministero, «l’eccezione viene segnalata all’esaminatore che procede alla gestione dell’evento secondo le direttive vigenti che prevedono un confronto “a vista” fra il volto del candidato e la foto presente in archivio».

Il Garante per la privacy apre un’istruttoria
Il problema può essere legato alla privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali non ha avuto l’opportunità di entrare nel merito del sistema e, sempre secondo Wired, ha aperto un’istruttoria per analizzare diversi aspetti. Tra tutti, l’aspetto della privacy ma anche il criterio di proporzionalità. Per il Gdpr, il regolamento europeo, il riconoscimento facciale deve essere usato solo in mancanza di alternative valide.