La stella e la fiamma
Un ebreo può essere fascista? La vicenda di Éric Zemmour, prossimo candidato di estrema destra alle presidenziali francesi, sembrerebbe confermarlo. E non è né il primo né l'unico.
Il giornalista francese Éric Zemmour ha sciolto tutte le riserve, e l’11 novembre dovrebbe annunciare ufficialmente la propria candidatura alle elezioni presidenziali del prossimo aprile. Zemmour proverà così a inserirsi come “quarto” incomodo nella sfida Macron – Le Pen – Xavier Bertrand (il conservatore ex ministro con Sarkozy dato come “terzo uomo”). In verità, Zemmour potrebbe addirittura – da destra – insidiare la leadership di Marine Le Pen, per tentare persino di giocarsi la presidenza in un ballottaggio con Macron, se è vero che recenti sondaggi dicono che il 77 per cento degli elettori di destra lo voterebbe. Quello che colpisce molti osservatori non sono tuttavia di per sé le idee di estrema destra professate da Zemmour, ma che a sostenerle sia un ebreo (ebreo-berbero si definisce il giornalista riferendosi alle sue origini familiari algerine). E, in effetti, si tratta di due mondi – quello dell’estremismo di destra e quello ebraico – oggettivamente inconciliabili, anche visti i precedenti storici. Seppure non sono mancate, proprio storicamente, alcune eccezioni.

L’Alleanza degli uomini forti, la suggestione dei fascisti ebrei
Probabilmente, l’eccezione più sorprendente è quella dell’esistenza di un vero e proprio partito fascista ebraico, la Brit- Ha’Birionim (Alleanza degli uomini forti), movimento clandestino proclamatosi fazione fascista del Partito revisionista sionista e fondato nel 1930 da Abba Ahimer, Uri Zvi Grenberg Joushua Yeivina. Proprio in quell’anno, durante, i lavori del Congresso sionista, un delegato parlò dell’esistenza di “ebrei-hitleriani”, prefigurando persino la costituzione di un partito che affiancasse il nazionalsocialismo tedesco. Le sue parole provocarono tumulti e risse, e il delegato dovette rimangiarsi quel che aveva detto e scusarsi pubblicamente. Ma, evidentemente, aveva colto nel segno, anche se il nascente movimento fascista ebraico era più filo-mussoliniano che non filo-hitleriano. Anzi, diciamo che l’anti-nazionalsocialismo, così come le attività anti-britanniche, era al centro della sua azione politica (dimostrativa e simbolica, più che altro). Per il resto, l’Alleanza, in pieno stile fascista, ambiva a creare uno Stato corporativo e socializzato, basato sui kibbutz. Proclamava un nazionalismo puro contro ogni internazionalismo, contro ogni umanesimo e liberalismo, era contro il pacifismo, il socialismo e, ovviamente, il comunismo.
La Banda Stern e il miraggio di una comunità di interessi con il nazismo
Risale a 10 anni dopo (1940) la nascita di un altro movimento intriso di idee rivoluzionarie antiborghesi e simpatie fasciste, la Leḥi – acronimo per Loḥamei Ḥerut Israel, Combattenti per la Libertà d’Israele -, organizzazione paramilitare che, operando sotto il mandato britannico della Palestina, si poneva l’obiettivo di compiere atti di terrorismo contro gli inglesi, sperando di riuscire a cacciarli – con l’aiuto dell’Italia e della Germania – per instaurare la “repubblica autoritaria” ebraica, Stato satellite delle potenze dell’Asse. Nonostante il conclamato antisemitismo della Germania nazionalsocialista, Stern cercò in tutti i modi di dialogare anche con Hitler. Stilò anche un documento, che ipotizzava una “comunità di interessi” con i nazisti, che consegnò ai tedeschi che, ovviamente, non lo degnarono della minima attenzione.

Quegli strani rapporti ebraici con fascismo e nazismo
L’improbabile iniziativa di Stern non è l‘unico esempio dei rapporti molto attivi tra destra ebraica e i regimi fascista e nazista. In Italia molti ebrei, in quanto cittadini italiani, aderirono al fascismo, assumendo anche alcune cariche di rilievo nel regime, mentre altri andarono a ingrossare le fila dell’esercito di Mussolini e altri ancora giunsero a editare una rivista patriottica fascista La Nostra Bandiera, mentre sono noti gli intensi rapporti intrattenuti dal sionista, e futuro Presidente di Israele, Chaim Weizmann con il duce. Emblematica anche la vicenda della Scuola Marittima di Civitavecchia che istituirà un corso di revisionismo sionista e organizzerà addestramenti dello squadrone italiano del Bétar (Brith–Trumpeldor), un movimento fieramente antisocialista e antimarxista creato in Russia nel 1923 da Vladimir Evgen’evič Žabotinskij ed “esportato” in Israele dove riuscì a raccogliere almeno 50 mila simpatizzanti, tutti rigorosamente in camicia bruna. Casi altrettanto eclatanti di simpatia si registrano in ambito nazionalsocialista: dal cosiddetto Haavara, grande trasferimento nazi-sionista per favorire il trasferimento degli ebrei tedeschi in Palestina, ai campi di addestramento in Germania – ben visti da diversi alti esponenti del regime hitleriano – per i futuri coloni (i pionieri ebrei), al già ricordato tentativo del Lehi di combattere a fianco della Germania per favorire la costituzione di uno Stato ebraico. E c’è chi ricorda come molti ebrei tedeschi videro con simpatia la nascita del nazionalsocialismo, e, i più ortodossi, accolsero con favore persino le Leggi di Norimberga, convinti che avrebbero dato un forte impulso alla separazione definitiva tra ebrei e gentili, e quindi alla piena affermazione della purezza ebraica.
Il pericolo del fascismo ebraico di Zuckermann
In un celebre scritto del 1934, significativamente intitolato Il pericolo del fascismo ebraico, William Zuckermann, ebreo nato in Russia, autore di diverse pubblicazioni e riviste di ispirazione anti-sionista, sostiene che alla base delle tendenze fascistoidi, e nazistoidi ben presenti tra gli ebrei vi fosse il determinante precedente del revisionismo sionista, una sorta di degenerazione dell’originale pensiero sionista. Per Zuckermann, la guerra e le riparazioni post-belliche avevano cambiato tutto e «da centro spirituale quale era, il Focolare Nazionale è diventato essenzialmente un rifugio economico. Da esperienza liberale soggettiva, il sionismo è diventato un movimento esclusivamente politico-utilitarista». La Palestina, inoltre, divenne il centro dell’immigrazione ebraica (soprattutto degli ebrei dell’Est Europa) e proprio questa immigrazione «costituisce la base sociale ed economica del fascismo ebraico e ne fa il serio pericolo che esso è. I nuovi venuti non sono solo le vittime del fascismo ma anche i suoi seguaci spirituali. Vanno in Palestina (…) perché è l’unico Paese dove possono insediare un fascismo che sia loro proprio e dove sia possibile far rivivere la gloria del loro mondo antico». Ovviamente, le parole dell’anti-sionista Zuckermann vanno prese con le molle, come si dice, ma certo, ancorché depurate da ogni vis polemica, offrono uno spaccato piuttosto inedito (e quindi trascurato) della storia ebraica, uno spaccato che potrebbe forse aiutarci a osservare con meno stupore una figura come quella di Éric Zemmour.