A seguito del malore che lo ha colto in diretta tv due giorni fa, e che lo aveva già portato ad annullare tutti gli impegni in programma ieri, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan oggi ha preso parte solo da remoto alla cerimonia di apertura della centrale nucleare di Akkuyu, finanziata dalla Russia nel sud della Turchia. Un’assenza pesante, a un evento atteso e annunciato da mesi, che arriva a meno di tre settimane dalle elezioni presidenziali del 14 maggio, le quali potrebbero segnare la fine all’era Erdogan iniziata nel 2003.
Cumhurbaşkanı Recep Tayyip Erdoğan, Kanal 7 ve Ülke TV ortak canlı yayınında gündemi değerlendirirken yayın birden kesildi. Soru sorulduğu sırada birden soruyu soran kişi rejiye ‘reklam’ dedi ve ayağa kalkmaya çalıştı. pic.twitter.com/iGnEFAAQHr
— ABC Gazetesi (@abcgazete) April 25, 2023
La smentita dell’AKP: niente infarto, solo un problema gastrointestinale dovuto a un virus
Ospite di un programma dell’emittente Ülke TV, iniziato già con 90 minuti di ritardo, Erdogan è stato colto da un malore e ha chiesto di poter abbandonare la trasmissione, interrotta per una ventina di minuti. Il leader turco ha poi ripreso l’intervista, riuscendo a completarla come da accordi, seppur visibilmente in affanno. È stato lo stesso Erdogan a spiegare che si era trattato di «gravi problemi di stomaco», dovuti all’intensità della campagna elettorale. «Oggi riposerò a casa su consiglio dei miei medici… Con il permesso di Allah, continueremo la nostra campagna da domani», aveva twittato poi ieri, mentre il suo partito AKP si affrettava a smentire le voci «false e immorali» circolate sui social secondo cui Erdogan sarebbe stato colpito da un infarto: problemi gastrointestinali dovuti a un virus.

La partecipazione da remoto all’inaugurazione della centrale nucleare di Akkuyu, finanziata da Putin
Erdogan da settimane tiene due o tre comizi al giorno, soprattutto nelle zone del sud-est anatolico dove si è abbattuto il devastante terremoto del 6 febbraio, che ha provocato la morte di circa 50 mila turchi. Oggi era in programma la cerimonia di consegna del combustibile alla centrale nucleare di Akkuyu, a cui ha preso parte in videoconferenza al pari di Vladimir Putin.
Akkuyu Nükleer Güç Santralimizi üretimden bir önceki aşamaya taşıyoruz; nükleer yakıtları santral sahasına getiriyoruz.https://t.co/G5YCnqUw0G
— Recep Tayyip Erdoğan (@RTErdogan) April 27, 2023
Situato presso la città di Büyükeceli nella provincia di Mersin, Turchia meridionale, l’impianto è frutto di un progetto da 20 miliardi di euro che Ankara ha appaltato all’azienda di Stato russa Rosatom: con i suoi quattro reattori da 1.200 megawatt, dovrebbe soddisfare il 10 per cento del fabbisogno energetico del Paese. Nei piani di Erdogan dovrebbe anche garantire al Sultano voti importanti nelle elezioni più incerte da quando guida la Turchia, al netto di qualche (legittima) perplessità espressa dai cittadini sulla solidità della centrale, in caso di possibili futuri terremoti.

I turchi chiamati alle urne il 14 maggio: perché Erdogan potrebbe perdere la guida del Paese
Le Presidenziali del 14 maggio si tengono nel centenario della Repubblica di Turchia, nata dalle ceneri dell’Impero Ottomano per mano di Mustafa Kemal Atatürk. Una ricorrenza fortemente simbolica. Sono 53 milioni i cittadini chiamati a scegliere tra la continuità e una nuova pagina della storia del Paese. L’esito, come detto, è quanto mai incerto e per diversi motivi. Erdogan beneficia ancora di un forte consenso elettorale, questo è innegabile, ma già dalle Amministrative del 2019 la sua leadership ha iniziato a mostrare le prime crepe, con la sconfitta della coalizione di maggioranza nelle tre principali città del Paese: Istanbul, Ankara e Smirne. Sono diversi i grattacapi per Erdogan e AKP. Per quanto riguarda l’economia, l’inflazione su base annua in Turchia si è attestata al 50,51 per cento a marzo, dopo aver fatto registrare addirittura un +83 per cento a settembre 2022. Nel Paese i prezzi sono schizzati alle stelle, mai così alti dal 1988. Sul consenso di Erdogan potrebbe pesare la strategia internazionale di Ankara, che gioca su diversi tavoli: dall’Ucraina alla Siria, fino a Libia e Somalia, spesso in modo ambiguo. E poi c’è stato il terremoto, che ha messo in luce le responsabilità del governo sia nella mancata prevenzione che nell’inefficace risposta nelle ore successive alle prime scosse.

A sfidarlo sarà Kilicdaroglu, il “Gandhi turco”: atteso un testa a testa
Alle prossime presidenziali, Erdogan si trova a sfidare un’alleanza formata da quasi tutti i partiti di opposizione. Secondo gli ultimi sondaggi, il sostegno di cui gode è ora in linea con quello dello sfidante Kemal Kilicdaroglu: attorno al 47 per cento, comunque non abbastanza per superare la soglia della maggioranza assoluta, che permetterebbe di evitare il ballottaggio. Della coalizione di opposizione guidata da Kilicdaroglu (detto il “Gandhi turco”) e dal suo Partito Popolare Repubblicano fanno parte sei formazioni di orientamento molto diverso, ma tutte a favore di un ritorno al parlamentarismo, cancellato nel 2017 da un referendum proposto da Erdogan, che da allora ha accentrato i poteri nelle sue mani. Oltre alla principale forza di opposizione, la coalizione comprende due partiti di destra nazionalista, l’Iyi Parti e il Demokrat Parti, il partito islamista Saadet Partisi, e due formazioni guidate da due ex ministri dei precedenti governi di Erdogan: il centrista liberale Deva Partisi di Ali Babacan e l’islamista Gelecek Partisi di Ahmet Davutoglu. Il filocurdo Hdp, terza forza più rappresentata nel parlamento turco (i curdi costituiscono quasi il 20 per cento della popolazione), ha scelto di non presentare un proprio candidato, dando implicitamente sostegno a Kilicdaroglu. Erdogan si presenterà come candidato presidente di una coalizione che, oltre all’AKP, comprende altre formazioni, tra cui quella di estrema destra nazionalista Mhp.