Non ha la stessa magia del Natale ed è bistrattata perché, come recita il proverbio, «tutte le feste si porta via» ma l’Epifania è comunque l’ultima occasione di trascorrere del tempo in famiglia. L’ultimo, grande strappo alla regola prima di cominciare davvero il nuovo anno. Come altre ricorrenze, anche il 6 gennaio si è ritagliato uno spazio nella letteratura. Scrittori e poeti l’hanno inserita nelle loro opere o ne hanno recuperato il significato etimologico facendone uno stratagemma letterario. A partire da James Joyce che ha fatto dell‘epiphany – intesa come rivelazione – una delle sue cifre stilistiche. Da Charles Dickens a Jane Austen e Angela Carter, un breve viaggio tra romanzi e racconti in cui, a suo modo, l’Epifania ha un ruolo da protagonista.
Alle origini dell’Epifania
Il termine Epifania deriva direttamente dal greco ἐπιϕάνεια, ‘manifestazione’, rivelazione. Un richiamo immediato a una serie di tradizioni precristiane: il termine veniva, infatti, utilizzato dai greci per riferirsi al preciso momento in cui la divinità si rivelava agli uomini attraverso un segno, fosse esso una visione, un sogno o un miracolo. Accezione che la parola epifania ha mantenuto anche nella cultura cristiana: nel cristianesimo, infatti, è legata alla manifestazione di Gesù. Per gli orientali, è diventata la celebrazione del battesimo nel Giordano, per gli occidentali, invece, la festa che ricorda l’adorazione del bambinello da parte dei Re Magi. Infine nella cultura pagana, il 6 gennaio è il giorno in cui una strega benevola, la Befana, riempie le calze appese al camino di dolci.
I racconti sull’Epifania, tra party e banchetti
Passando alla letteratura, sono molti gli autori che hanno raccontato l’Epifania. A partire da Charles Dickens che, tanto in Canto di Natale quanto in una serie di lettere descrive festeggiamenti caratterizzati da rituali precisi. Oltre che rallegrati da una ricca scelta di torte. Party e banchetti luculliani organizzati per la ricorrenza ritornano anche in Figlie sagge, romanzo di Angela Carter pubblicato nel 1987, nel quale le protagoniste, Dora e Nora Chance, partecipano al ballo in maschera di Lynde Court, la padrona di casa, e ne La via radiosa di Margaret Drabble, dove ritroviamo l’Epifania nella forma di una sfarzosa festa per la Dodicesima Notte, chiamata così per il numero dei giorni che trascorrono dal Natale fino alla festività, organizzata da uno dei personaggi femminili di punta, Alix, la regina della serata.
Rivelazioni e illuminazioni: James Joyce e l’epiphany
Parlando di Epifania come rivelazione non si può partire che da James Joyce. È tra le righe dei suoi lavori, in particolare Gente di Dublino, che il concetto trova la sua massima espressione. In particolare, in una delle storie brevi più note dell’autore irlandese, I morti. Gabriel Conroy e la moglie Gretta si recano all’annuale serata danzante organizzata dalle signorine Morkan. Non si fa cenno alla data ma si suppone, anche solo dal menu (oca, prosciutto, manzo speziato, dessert natalizi e pregiati liquori) che si tratti dei primi giorni di gennaio. Non è questo, tuttavia, il dettaglio importante. Perché, nella storyline degli uomini e delle donne che si muovono sullo sfondo di un’Irlanda completamente innevata, è l’illuminazione di Conroy a conquistare il centro della scena. In questo caso, l’epifania non è più una celebrazione ma diventa un trick letterario che consente a Joyce di dare forma a un’improvvisa realizzazione esistenziale. Nata, in questo caso, dalla visione della neve. Un oggetto, una situazione, all’apparenza banali, innescano una sorta di trance mistica che svela un collegamento tra due cose distanti, un elemento materiale e uno spirituale, qualcosa di frivolo e qualcosa di profondo, destinato a sparigliare le carte in tavola.
Accorgimento riconoscibile, ad esempio, anche in Emma di Jane Austen, dove l’eroina Emma Woodhouse prende coscienza del suo amore per Mr Knightley nel momento esatto in cui l’amica Harriet Smith gli rende nota la sua ammirazione. Accade tutto in pochi secondi, da quel gesto così semplice, «colpendola velocemente, quasi come se fosse una freccia». O, tra le uscite contemporanee, nell’ultima storia di Elizabeth Strout, Oh William!, che porta il primo marito della sua protagonista, Lucy Barton, a fare i conti con un’inaspettata scoperta sul conto della madre defunta. Un input prezioso, che darà il via a un susseguirsi di epifanie e lo aiuterà a costruire un bagaglio di nuove consapevolezze.