Dodici anni fa, il 21 dicembre 2010, ci lasciava il Vecio Enzo Bearzot. Simbolo dell’Italia Mondiale. E uno dei tre ct ad avere alzato la coppa con Vittorio Pozzo, e Marcello Lippi. Il primo condusse l’Italia a due trionfi durante il Ventennio: non all’epoca dei pionieri del pallone, ma quasi. Il terzo ci ha regalato l’ultima gioia, sembra ieri ma sono già passati 16 anni. In mezzo Enzo Bearzot, il friulano con la pipa, timoniere di quella meravigliosa nazionale del 1982, che portò gli Azzurri alla vittoria dopo un inizio tempestoso.
La carriera di allenatore cominciata come assistente di Nereo Rocco
Nato a Ioannis, frazione di Aiello (Udine), il 26 settembre 1927, Enzo Bearzot aveva tirato i primi calci al pallone nella squadretta locale, poi ai salesiani e nella Pro Gorizia. Difensore o mediano difensivo, fu acquistato dall’Inter e cominciò una discreta carriera di calciatore, che lo portò a giocare anche con il Catania e a lungo con il Torino: 251 partite in serie A e la ciliegina di una presenza in Nazionale nel 1955. Appese le scarpe al chiodo, Bearzot iniziò l’apprendistato da allenatore sulla panchina del Torino, prima come assistente di Nereo Rocco e successivamente di Edmondo Fabbri.

L’approdo sulla panchina azzurra e lo splendido Mondiale in Argentina
Dopo un breve passaggio sulla panchina del Prato, in Serie C, entrò nei quadri federali come allenatore delle squadre giovanili azzurre, diventando commissario tecnico della Nazionale maggiore dopo il fallimentare Mondiale del 1974. I primi frutti del suo lavoro si videro nel campionato del mondo 1978 in Argentina che la nazionale di Bearzot terminò al quarto posto, esprimendo il miglior gioco della manifestazione e togliendosi la soddisfazione di battere i padroni di casa (e futuri campioni) nel girone. In molti ritengono anche sia quello il suo vero capolavoro da commissario tecnico. Ma nella memoria collettiva, così come nell’albo d’oro del Mondiale, resta la coppa alzata al cielo a Madrid quattro anni dopo.
Il trionfo in Spagna nel 1982: dalle critiche agli applausi
Quando iniziò il Mundial del 1982, Bearzot non aveva nemmeno 55 anni. Eppure per tutti era già “il Vecio”. Contestato per aver lasciato a casa Evaristo Beccalossi così come Roberto Pruzzo, tagliato per fare spazio al “fedelissimo” Paolo Rossi, fermo in pratica da due anni per la squalifica legata allo scandalo del Totonero, Bearzot iniziò il torneo nella bufera. E i tre pareggi scialbi nel girone, contro Polonia, Perù e Camerun, non fecero che aumentare tensioni e critiche. Dopo il deludente girone eliminatorio, gli azzurri di Bearzot decisero di non parlare più con i giornalisti, “inventando” il silenzio stampa. Poi il cambio di marcia nella seconda fase a gironi: prima il 2-1 rifilato all’Argentina di Maradona, poi il leggendario 3-2 al Brasile dei fenomeni nel catino del Sarriá, con tripletta del pupillo Rossi e parata salva-risultato di Dino Zoff all’ultimo respiro. Il resto fu, ed è ancora, storia: vittoria 2-0 in semifinale con la Polonia e infine il 3-1 alla Germania Ovest l’11 luglio 1982. Dopo 44 anni, l’Italia tornava sul tetto del mondo.

Quella partita di scopone entrata nella leggenda
Sono tante le immagini di quel trionfo vivide ancora oggi: dal presidente Sandro Pertini che si alza in tribuna al terzo gol di Altobelli dicendo «ormai non ci prendono più», alle mani di Zoff 40enne che alzano la coppa, fino alla foto più famosa, scattata sull’aereo che riportava gli azzurri in Italia. Sì, proprio quella: la partita di scopone con Zoff-Pertini contro Bearzot-Causio. Il ct non era un grande giocatore di scopone e pare che al tavolo dovesse sedere Cesare Maldini (allora allenatore in seconda), che però si era appena allontanato. «Io ero in coppia con Bearzot, il presidente con Zoff. Io feci una furbata: calai il sette, pur avendone uno solo. Pertini lo lasciò passare e Bearzot prese il settebello. Abbiamo vinto così quella partita», raccontò Causio. Pertini si è arrabbiò bonariamente con Bearzot, che aveva fatto il punto, e poi con Zoff, accusandolo di averlo fatto perdere: anche se lo ammise mai in pubblico, in quell’occasione era stato proprio il presidente della Repubblica a sbagliare.
Nessuno come il Vecio: 104 partite da ct
Bearzot rimase sulla panchina azzurra altri quattro anni, ovvero fino agli ottavi di finale del campionato del mondo 1986 in Messico (sconfitta con la Francia), a seguito del quale si dimise, ritirandosi poi dall’attività di allenatore. Detiene ancora oggi il record di panchine da commissario tecnico della Nazionale: guidò l’Italia 104 volte, dal 27 settembre 1975 al 18 giugno 1986.
Tag43 vi dà il buongiorno con l’intervista di Beppe Viola a Berzot, realizzata nell’immediato postpartita della finale del Mundial per La Domenica Sportiva.