Ora magari vedremo la Venere-influencer mettersi in costume per un selfie al Twiga di Forte dei Marmi, tanto caro alla ministra del Turismo, Daniela Santanchè. Nel frattempo, al di là di tutte le chiacchiere sui costi della campagna Open to Meraviglia, sugli strafalcioni in sede di traduzione o sulla mancata registrazione del dominio, ci si chiede perché la stessa Venere del Botticelli, lasciato il conchiglione degli Uffizi per trasformarsi in una specie di Chiara Ferragni in salsa rinascimentale, abbia scelto il Lago di Como invece che Napoli per mangiare una pizza. Ma tant’è, probabilmente si tratta di quesiti oziosi. L’importante è che se ne parli, come rivendica il Gruppo Armando Testa, l’agenzia di comunicazione ideatrice della campagna. Peraltro, la cultura e la percezione dell’Italia che ha un potenziale turista del Texas o un cittadino di Tokyo è molto diversa rispetto all’auto-percezione sfaccettata e problematica di noi italiani. Con buona pace del solito Vittorio Sgarbi, che da sottosegretario alla Cultura si sta divertendo a distruggere l’idea promozionale benedetta dalla sua collega di governo.

Ivana Jelinic, voluta fortissimamente alla guida dell’Enit da Santanché dopo il balletto di nomine di Garavaglia
Alle spalle della celebre testimonial quattrocentesca c’è comunque l’Enit, l’Agenzia nazionale per il turismo che dal 26 novembre scorso è guidata da Ivana Jelinic, fortissimamente voluta da Santanchè. Così tanto che la sua nomina a Ceo dell’ente è giunta ad appena un mese e quattro giorni dall’insediamento della stessa ministra, quindi con una sollecitudine certamente apprezzabile ma in qualche modo anche sospetta. Soprattutto alla luce del fatto che la predecessora, Roberta Garibaldi, era in carica da appena 13 mesi (il mandato è triennale) su nomina dell’ex ministro leghista Massimo Garavaglia. Peraltro la nomina di Garibaldi era stata contestata a sua volta dal precedente ad, Giuseppe Albeggiani, mandato via dopo appena quattro mesi. Insomma, una schizofrenia sulla governance che non rispecchia certo le esigenze di programmazione e pianificazione di cui il settore turistico avrebbe bisogno per rilanciarsi.

I dubbi sulle competenze di Jelinic
Ora però c’è Jelinic che proprio come Santanchè dice di voler puntare su «un nuovo modo di comunicare» il marchio Italia. Classe 1994, origini croate ma trasferita da piccola in Umbria, è cresciuta professionalmente a Panicale, pittoresco borgo nel Perugino, «partendo da un’ottica microeconomica», dicono sul sito dello stesso Enit. In altre parole, creando e gestendo una minuscola agenzia viaggi. Poi è diventata consigliere camerale dell’Umbria, ha ricoperto l’incarico di presidente regionale di Fiavet (Federazione italiana associazioni imprese di viaggi e turismo, aderente a Confcommercio) ancora in Umbria e nel 2018 è stata eletta come la più giovane presidente nazionale di Fiavet, rieletta per acclamazione al secondo mandato. Santanchè ha insistito proprio sull’anagrafica e sul genere, definendo Jelinic «la donna più giovane ai vertici dell’Enit». E chiosando: «Ha iniziato prestissimo la sua carriera, maturando una lunga esperienza e un background profondamente radicati nel settore». Ma proprio a proposito dell’ottica microeconomica, un operatore turistico di rilievo che conosce la nuova ad dice la sua a Tag43 dietro garanzia di anonimato: «Jelinic ha uno standing abbastanza modesto. La sua agenzia in Umbria aveva un solo dipendente e piccoli fatturati. Si è fatta le ossa soprattutto come accompagnatrice di gruppi religiosi. Conosce il settore, ha esperienza associativa, ma per esempio parla male l’inglese e non ha adeguate competenze manageriali o di conoscenza della macchina amministrativa. Per un ruolo del genere servirebbe un profilo internazionale».

La fiducia del ministero di Villa Ada per il 2023
Fatto sta che la ministra non la pensa così e dal sito Enit, sulla bio di Jelinic, si declama che «come capo delegazione nelle trattative sindacali, è stata artefice di una serie di accordi decisivi, ottenendo il primo Contratto nazionale collettivo di categoria per le agenzie di viaggio», oltre al fatto che riserva, immancabilmente, «una costante attenzione alle nuove generazioni e alle donne, cui ha dedicato ricerche e indagini di categoria strategiche per il futuro del comparto». Adesso le due figure femminili ai vertici del turismo italiano puntano su destagionalizzazione, diversificazione dell’offerta, formazione specialistica e rilancio dell’occupazione in un settore che sta soffrendo enormemente la carenza di attrattività per la manodopera in questa fase di ripresa. Nonostante ciò Santanchè è fiduciosa e annuncia che il 2023 sarà l’anno del sorpasso, in termini di presenze in Italia, rispetto al record del 2019.

Così l’Enit è stato trasformato in una Spa in house con 7 milioni di capitale
Jelinic naturalmente promette attenzione alle piccole e piccolissime imprese del comparto. Ma intanto c’è da ridare efficienza alla macchina dell’Enit che tradizionalmente non ha brillato per snellezza e risultati. Nato oltre un secolo fa come “Ente nazionale per l’incremento delle industrie turistiche”, nel 2005 è stato trasformato in Agenzia nazionale del turismo e nel 2014 è diventato un ente pubblico economico «al fine di assicurare risparmi alla spesa pubblica, migliorare la promozione dell’immagine unitaria dell’offerta turistica nazionale e favorirne la commercializzazione». Missione per lo più fallita finora, anche perché, a onor del vero, è complicato lavorare con approccio “unitario” nel momento in cui le competenze sul turismo sono in gran parte appannaggio delle Regioni che tendono a muoversi in ordine sparso e senza un efficace coordinamento. Tanto che la ministra di FdI ha subito promesso di rivoltare nuovamente Enit come un calzino e infatti, con il recente decreto per il rafforzamento della Pa, l’ente è stato trasformato in una Spa in house con 7 milioni di euro di capitale, il Mef come socio e il ministero del Turismo quale soggetto vigilante. Il Cda di tre membri vede presidente e ad nominati dal dicastero di Villa Ada. Santanchè ha chiosato: «Serviva un’operazione drastica che rendesse più efficiente e razionale l’attività di supporto» del soggetto istituzionale. Lo scopo dichiarato è spingere con agilità e snellezza sulla «brand reputation» dell’Italia, che è «altissima», ha detto l’esponente meloniana.

Nel 2021 l’Agenzia ha registrato un disavanzo di 3,7 milioni mentre i costi sfiorano i 38
Presto capiremo se Enit smetterà di girare a vuoto. Il bilancio 2021, l’ultimo disponibile, registra un disavanzo di 3,7 milioni di euro, mentre i costi della produzione sfiorano i 38 milioni. Il patrimonio netto si è ridotto ancora da 37,4 a 33,7 milioni e il costo del lavoro (un centinaio di dipendenti tra sede centrale e uffici esteri) viaggia sui 7,3 milioni, in leggera riduzione rispetto agli anni pre-pandemici. È indubbio che abbia pesato il Covid, ma già nel 2019 l’ente perdeva 2,6 milioni rispetto all’anno prima. Nel frattempo, a farsi notare è la cifra monstre di 114 milioni, a carico del Pnrr, per trasformare Italia.it in una specie di Booking all’amatriciana. Quel portale, con il quindicennio di tribolate vicissitudini che ha alle spalle, da Francesco Rutelli in poi, è un po’ il paradigma degli stop and go (e degli sprechi) che hanno caratterizzato Enit. Vedremo se il futuro segnerà un cambio di passo.