Il Sacro Graal dell’energia, e cioè la fusione nucleare, potrebbe essere più vicino di quanto si pensi. I ricercatori statunitensi del Lawrence Livermore National Laboratory l’8 agosto scorso hanno diretto i raggi dei laser installati presso la National Ignition Facility (NIF) grandi come tre campi da calcio verso una capsula delle dimensioni di un granello di pepe contenente deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno ottenendo una resa energetica di oltre 1,3 megajoule mantenuta per soli 100 trilionesimi di secondo. Un risultato comunque storico, otto volte superiore a quello ottenuto negli esperimenti della primavera scorsa e 25 volte maggiore del record segnato dal Nif nel 2018. Per raggiungere l’accensione della fusione nucleare occorre arrivare a una resa di oltre 1,9 megajoule. Sfruttare la fusione, lo stesso processo che alimenta il Sole, garantirebbe una fonte di energia pulita e illimitata. Per questo, come ha ricordato alla Bbc Debbie Callahan, fisica del Lawrence Livermore National Laboratory, l’esperimento rappresenta «un enorme progresso». «Il ritmo di miglioramento della produzione di energia è stato rapido», ha aggiunto Jeremy Chittenden, co-direttore del Centro per gli studi sulla fusione inerziale presso l’Imperial College di Londra, e suggerisce che «presto potremmo raggiungere nuovi e migliori traguardi energetici, come il superamento dell’input di energia dai laser utilizzati per avviare il processo». Raggiungere la fusione nucleare è l’obiettivo anche della Cina che a dicembre 2019 ha realizzato un vero e proprio sole artificiale – l’Experimental Advanced Superconducting Tokamak – nel quale il plasma ha raggiunto la temperatura record di 120 milioni di gradi Celsius per 101 secondi e 160 milioni di gradi Celsius per 20 secondi.