Eolica offshore, buon vento si fa per dire

Redazione
30/04/2021

Dagli intoppi burocratici a quelli di carattere paesaggistico e logistico dovuti alle interferenze delle piattaforme con le rotte di navigazione. Gli ostacoli dell'Italia.

Eolica offshore, buon vento si fa per dire

Quella tra le wind farm e i mari italiani è una relazione decisamente complicata. Nonostante l’ottimo potenziale e l’impegno del governo con la firma del PNIEC (il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima che prevede l’immissione di 900 Mw di eolico offshore entro il 2030), il contributo degli impianti galleggianti ai 10,5 gigawatt di capacità eolica installata nel nostro Paese risulta essere nullo. A ostacolare questo salto in avanti sono stati, oltre all’eccesso di burocrazia e ai tempi biblici per ottenere le autorizzazioni ai lavori, anche intoppi di carattere paesaggistico e logistico dovuti alle interferenze delle piattaforme con le rotte di navigazione. Neppure il meteo ha agevolato il compiersi dell’impresa: come spiegato su Start Mag, infatti, la bassa ventosità del Mediterraneo rispetto al Mare del Nord e la scarsa profondità dei suoi fondali non consentirebbero il giusto ancoraggio dei sistemi di produzione di energia pulita.

 Una sfida per la decarbonizzazione

Come fare, dunque, per ovviare a queste difficoltà in nome della transizione energetica? Nel corso del webinar Aspetti economici connessi allo sviluppo dell’eolico off-shore in Italia organizzato il 17 aprile da ANEV, AIE e Coordinamento FREE, Carlo di Primio, presidente dell’Associazione Italiana Economisti dell’Energia, ha spiegato come, nonostante le limitate potenzialità dell’Italia rispetto a Paesi come l’Olanda e la Gran Bretagna, quella fissata nel PNIEC sia «una meta importante da raggiungere per trarre da questa tecnologia il massimo contributo ottenibile in termini di sviluppo di un’economia green». Dello stesso parere anche Livio De Santoli, presidente del Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) che ha sottolineato come «l’eolico offshore non garantirebbe solo più energia rinnovabile ma influirebbe anche sul percorso di decarbonizzazione dell’Italia e sulle dinamiche che coinvolgono le nuove filiere industriali». Una strategia attuabile, secondo De Santoli, solo con una revisione spedita del Piano Nazionale: «Moltiplicando di un fattore 2,5 i 10 GW installati ora e destinandone 6 alla dimensione off-shore, si ridurrebbero le emissioni inquinanti e si procederebbe all’installazione di tecnologie recenti, velocizzando i ritmi e alimentando le produzioni a impatto zero».