A quasi quarant’anni dalla scomparsa, il Vaticano riapre il caso di Emanuela Orlandi. Il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi, insieme alla Gendarmeria, ha deciso di riaprire le indagini sulla vicenda che, dagli anni Ottanta, ha sconvolto la Santa Sede e le sue massime istituzioni. La legale della famiglia della ragazza, Laura Sgrò, ha così dichiarato: «Noi ne siamo all’oscuro, lo apprendiamo dagli organi di stampa. Ma certo è da un anno che attendevamo di essere ascoltati».
Il Vaticano riapre il caso Orlandi
Secondo l’Adnkronos, che ha riportato la notizia, l’obiettivo degli inquirenti è quello di analizzare nuovamente tutte le carte, le testimonianze e le segnalazioni per provare a chiarire ombre e interrogativi e mettere definitivamente la parola fine anche alle più incredibili illazioni.

Sono tante le ipotesi che sono state formulate negli ultimi decenni, dal coinvolgimento della Chiesa e/o della Banda della Magliana al possibile soggiorno a Londra di Emanuela. Ora, stando al piano di lavoro stilato dall’ufficio del promotore di giustizia, si ripartirà dai dati processualmente acquisiti, si seguiranno nuove piste e vecchie indicazioni all’epoca non troppo approfondite. Il punto di partenza è sempre quel 22 giugno 1983, giorno in cui la ragazza, figlia di un dipendente vaticano e all’epoca quindicenne, scompare nel nulla mentre stava andando ad una lezione di musica in piazza Sant’Apollinare.
«Trasparenza voluta da Papa Francesco»
Sempre secondo l’Adnkronos, l’iniziativa della magistratura vaticana si muoverebbe «nel solco della ricerca della verità e della trasparenza a tutti costi voluta da Papa Francesco» e «si inserisce sulla scia dell’attenzione mostrata al caso da altri pontefici, a partire da Giovanni Paolo II». Le nuove indagini su Emanuela potrebbero fornire qualche elemento in più anche sulla vicenda della coetanea Mirella Gregori, scomparsa anche lei quell’anno e mai più ritrovata.

L’inchiesta era stata chiusa nel 2015
I riflettori sul caso Orlandi si erano spenti nell’ottobre 2015 quando il Gip, su richiesta della Procura, aveva archiviato l’inchiesta sulla sparizione delle due ragazze. Le indagini erano partite nel 2006 dopo le dichiarazioni di Sabrina Minardi, allora compagna del boss della Banda della Magliana, e vedevano sei indagati per concorso in omicidio e sequestro di persona. Tre anni più tardi, il Vaticano aveva dato il via libera all’analisi del dna su alcune ossa ritrovate durante dei lavori di restauro nella sede della Nunziatura Vaticana di via Po, a Roma, al fine di compararle con il codice genetico di Emanuela Orlandi. Gli esami portarono però ad un nulla di fatto.