Lo scorso 24 marzo ha detto che «sanno qualcosa». Ora la nuova rivelazione: «Ho motivo di credere che Emanuela sia passata per Londra». Sono passati quasi 40 anni dalla scomparsa della sorella Emanuela, ma Pietro Orlandi continua senza sosta la propria battaglia e la ricerca della verità per la giovane scomparsa a 15 anni il 22 giugno del 1983. In un’intervista a Giovanni Floris a DiMartedì, l’uomo torna a parlare del celebre documento del 2017. Si tratta di cinque fogli resi pubblici dal giornalista Emiliano Fittipaldi, un rendiconto in cui ci sarebbero le spese che il Vaticano avrebbe sostenuto per mantenere Emanuela nella capitale britannica.

Pietro Orlandi: «Quel documento è vero»
Il giornalista chiede a Pietro Orlandi se crede ancora che Emanuela, appena rapita, sia stata portata a Londra. Lui risponde di sì: «Ciò che c’è scritto in quel documento è vero, ne sono abbastanza convinto. Non è opera di mitomani come hanno voluto far credere appellandosi a dei dettagli. Quando fu bollato come falso, io ho continuato le mie indagini e sono entrato in possesso di documenti in cui ci sono riscontri che mi dicono che quanto c’è scritto in quei fogli è vero. Alcune persone, in contatto con personalità della Chiesa Anglicana, mi hanno detto delle cose in relazione alla presenza di Emanuela a Londra. Non l’ho mai detto prima d’ora, ci sono delle relazioni tra personaggi di alto livello del Vaticano e le istituzioni inglesi sulla questione di mia sorella. Prima di renderli pubblici, alla mercè di tutti, devo trovare un modo per dimostrarne l’autenticità in maniera assoluta, così da proteggerli dalle accuse di chi vorrebbe delegittimarli. Ho fatto errori in passato che non ripeterò. Spero di avere le prove per quando inizierà la commissione parlamentare».
Il motivo: «Avrebbe raccontato ciò che le era accaduto»
Orlandi prosegue rispondendo alle domande di Floris e parlando dei motivi che avrebbero spinto il Vaticano a portare Emanuela così lontano: «Non potevano certo riconsegnarla alla famiglia, lei avrebbe raccontato quanto le era accaduto. Era coinvolta anche la malavita romana, erano tutti a rischio. Cosa c’era di meglio che sistemarla in un posto “vicino a Dio” ma all’Estero? Forse, era anche un modo per lavarsi la coscienza. Nel 1983 il Vaticano era certo nessuno avrebbe messo il naso in casa propria e nei suoi affari». E torna sulle pedofilia: «Fino a qualche anno fa non era neanche considerato un reato, e i vescovi non erano tenuti a denunciare gli abusi sessuali sui minori. Mediaticamente, non ne parlava nessuno».
