Il ciclone Elon Musk si sta per abbattere inesorabilmente su Twitter. D’altronde si era già capito dalle premesse che l’eccentrico imprenditore avrebbe stravolto il social network, sempre alla sua maniera: dopo l’acquisizione, si era presentato nella sede di San Francisco con un lavandino in mano, cercando di far passare un messaggio del tipo «abituatevi all’idea che sia qui». E i dipendenti, preoccupati, dovranno abituarsi in fretta ai suoi colpi di testa. Almeno chi resterà, visto che nei progetti del nuovo proprietario sono previste anche pesanti sforbiciare all’organico. Dalla spunta blu a pagamento in giù, sono diverse le novità che Musk vuole apportare. Anche se si è reso conto abbastanza in fretta che imporre modifiche sostanziali a un prodotto vecchio di 16 anni con la zavorra di circa 7 mila dipendenti è più facile a dirsi che a farsi.
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Taglio dei posti di lavoro: si punta almeno al dimezzamento
Bloomberg ha raccolto le (a volte controverse) idee principali del magnate in termini di nuova governance aziendale. A partire proprio dai lavoratori, che si sono preparati ad eventuali siluramenti sin da quando Musk ha licenziato il top team esecutivo, incluso l’amministratore delegato Parag Agrawal. Durante l’ultimo fine settimana sono rotolate diverse teste, compresa quella del vicepresidente, mentre ai responsabili è stato chiesto di presentare degli elenchi di chi può essere cacciato nei loro team. L’obiettivo in alcuni reparti sarebbe addirittura quello di arrivare a una riduzione del 50 per cento. Le liste di chi può essere sacrificato sono state compilate in base ai contributi delle persone al codice di Twitter durante il loro periodo in azienda. Una valutazione effettuata sia dal personale di Tesla sia dai manager di Twitter. Qualcuno ha persino provato a giocare d’anticipo dimettendosi volontariamente dall’azienda anche se, in questo caso, non avrebbe ottenuto la liquidazione. Il clima da grande repulisti comunque è già percepito da tutti.

Catena di comando: potrebbe tornare l’ex product manager Kayvon Beykpour
Musk si è rivolto poi ad alcuni vecchi amici per avere qualche consiglio nei primi giorni della sua avventura a Twitter. Si incontra regolarmente con David Sacks, un venture capitalist e amico dai tempi di PayPal, e si confronta anche con Jason Calacanis, sua vecchia conoscenza e investitore, oltre che con Sriram Krishnan, ex dirigente di Twitter e attuale azionista di riferimento della società di venture capital Andreessen Horowitz. Il gruppo ha discusso della strategia da prendere per l’azienda, anche se non è ancora chiaro se qualcuno di loro sarà assunto a tempo pieno. Sia Calacanis sia Sacks per esempio hanno indirizzi e-mail di Twitter nella directory interna dell’azienda: il che potrebbe essere più di un indizio. Un possibile ritorno è quello di Kayvon Beykpour, l’ex product manager Twitter licenziato all’inizio del 2022 dal precedente amministratore delegato: è stato visto in ufficio dopo la conclusione dell’accordo con Musk, anche se nulla è stato ancora finalizzato.

Vine: si lavora per far rinascere l’app di video brevi chiusa nel 2016
Musk sta valutando un revival anche di Vine: acquisita da Twitter nel 2012, era una popolare app di brevi video, che ha lanciato diverse star e influencer di internet prima che venisse chiusa. Aveva inventato la moda dei “clip” poi cavalcata da TikTok e copiata dai Reels di Instagram. Molti dipendenti sarebbero pronti a proporsi come volontari internamente per lavorare al nuovo Vine, sperando così di mantenere il posto di lavoro. Ridare vita al progetto non sarebbe però una passeggiata: chiuso nel 2016, è basato su un vecchio codice che non comunicherebbe più con gli attuali sistemi di Twitter e dovrebbe probabilmente essere riscritto da capo. Porterebbe anche ad altre sfide, come la possibilità di avviare partnership per i diritti musicali.
Verifica degli account: le polemiche sulla spunta blu a 8 euro
C’è pure la “pietra dello scandalo” della spunta blu, che ha mandato in fibrillazione gli utenti. Musk vuole infatti far pagare la verifica degli account, con tanto di minaccia di eliminazione dei loro profili in caso di mancato versamento della quota, come ha riferito The Verge. Si è parlato inizialmente di 20 dollari, ma a guidare la levata di scudi è stato lo scrittore Stephen King: «Si fottano, dovrebbero pagarmi loro», ha scritto su Twitter. Dove gli ha replicato direttamente Musk: «Dobbiamo pagare le bollette in qualche modo. Twitter non può fare affidamento esclusivamente sulla pubblicità. E se facessimo 8 dollari?”». Diversi utenti hanno preso male l’eventuale novità, promettendosi di non pagare mai per qualcosa che ricevevano gratuitamente, mentre molti critici hanno sottolineato come probabilmente il social finirà così per avere un minor numero di utenti verificati, creando terreno fertile per fake news e disinformazione. Tra l’altro, diventando a pagamento, la spunta blu non sarebbe più una vera “qualifica” com’è oggi per personaggi pubblici e brand, e perderebbe quindi l’influenza sociale che si è guadagnata. Per quanto riguarda invece il rinnovo del suo servizio in abbonamento, chiamato “Twitter Blue”, l’azienda ha intenzione di rimuovere la funzionalità che offriva articoli senza pubblicità da centinaia di editori.
We need to pay the bills somehow! Twitter cannot rely entirely on advertisers. How about $8?
— Elon Musk (@elonmusk) November 1, 2022
Moderazione dei contenuti: la pericolosità di un eccesso di “libertà di parola”
Infine lo scivoloso argomento della moderazione dei contenuti: si sa che la proposta più nota e tranchant di Musk per il futuro di Twitter era quella di renderlo un paradiso per la “libertà di parola”. Ma non è ancora chiaro come abbia intenzione di farlo. Internamente, dicono i dipendenti, il nuovo proprietario ha sollevato domande su una serie di politiche e si è concentrato su alcune regole specifiche che vuole che il team riveda. La prima riguarda in generale la disinformazione su Twitter, che penalizza i post che includono bufale su argomenti come i risultati elettorali e il Covid-19. Musk vuole che le regole in questo caso siano più specifiche. Avrebbe chiesto al team anche di rivedere la norma che prevede che gli utenti possono essere penalizzati per attacchi sulle differenze di genere o anche per aver chiamato una persona transgender usando il nome e il genere che le apparteneva prima del cambio di identità sessuale. Oltre ad alcune funzionalità automatiche, il meccanismo che blocca gli account che infrangono le regole su informazioni fuorvianti, post offensivi e incitamento all’odio in alcuni casi è gestito manualmente. Il timore è che certi strumenti vengano congelati proprio ora, alla vigilia di importanti elezioni negli Stati Uniti, come quelle di midterm. E che in generale possano dare il via a un inquietante “liberi tutti”.