Schlein e i possibili scontri con la minoranza Pd

Paola Alagia
05/04/2023

Dal commissariamento del Pd campano e le frizioni con De Luca al dialogo col M5s. Dalla questione ambientale compreso l'inceneritore di Roma alla gravidanza per altri che preoccupa l'area cattolica. Fino al nodo migranti. Così il decisionismo di Schlein, che qualcuno paragona a quello renziano, agita le minoranze dem.

Schlein e i possibili scontri con la minoranza Pd

«Stavolta non ci hanno visto arrivare, ma perché non siamo arrivati affatto». A dirlo, dopo il risultato del voto in Friuli Venezia Giulia, è un esponente della minoranza dem, chiarendo però che si tratta solo di una battuta. Sarà senza dubbio così, anche perché, oggettivamente, è vero che l’atteso effetto Schlein non c’è stato, ma è altrettanto vero che la segretaria è appena arrivata e non le si possono addossare responsabilità e scelte che la precedono. Tuttavia, queste parole risuonano come un alert. Sono il segnale, che in casa dem conoscono benissimo, di come gli innamoramenti democratici sono spesso e volentieri destinati a svanire e le lune di miele a finire.

Nella minoranza dem c’è chi paragona il metodo Schlein a quello di Renzi

Di certo, il piglio decisionista con cui Elly Schlein ha iniziato a muoversi al Nazareno «può rivelarsi un acceleratore in tal senso», spiega a Tag43 un esponente Pd di lungo corso. «Del resto lo abbiamo già visto con la scelta dei capigruppo». In effetti, il metodo ha disseminato più di qualche dissapore. Al punto da far evocare persino lo spettro del «partito personale» a un esponente moderato come Graziano Delrio. Mentre dietro garanzia di anonimato c’è pure chi azzarda il paragone con Matteo Renzi: «Elly ha deciso di andare avanti come un treno su temi e battaglie della sua mozione e questo è nelle cose. Ma non può trascurare di essere alla guida di un partito collegiale. Altrimenti rischia di fare come Renzi, che non si è mai preoccupato di confrontarsi sulla linea che intendeva seguire. Alla lunga, però, il suo non voltarsi mai indietro lo ha pagato».

Elly Schlein commissaria De Luca. Susanna Camusso e Antonio Misiani commissari del Pd a Caserta e in Campania.
Elly Schlein (Getty Images)

Il commissariamento del partito in Campania e le preoccupazioni per un avvicinamento con il M5s

E in effetti sono tanti i fronti che la leader ha già aperto, senza neanche aspettare che la sua segreteria – e quindi l’organo esecutivo del Pd – sia ufficializzata. Mirando persino agli Enti locali che dovrebbero incarnare l’anima del partito, a cominciare dalle Regioni, visto che scarseggiano quelle a guida dem. E così Schlein ha subito puntato un grosso bersaglio o, per traslare il suo stesso linguaggio, un «cacicco» come il governatore della Campania Vincenzo De Luca. È pronta, infatti, a dare battaglia per impedirgli di ricandidarsi la terza volta alla guida della Regione. E il guanto di sfida l’ha già lanciato con il commissariamento del partito all’ombra del Vesuvio che ha affidato all’ex sottosegretario all’Economia Antonio Misiani. C’è chi legge in questa vicenda pure un preciso posizionamento della ex leader di OccupyPd a favore di una futura candidatura del M5s Roberto Fico per Palazzo Santa Lucia. Ma anche questo, secondo diversi dem, «alla lunga, e soprattutto se il Movimento dovesse continuare a calare nei consensi, potrebbe trasformarsi in un terreno di scontro con quella parte del Pd, Base riformista in primis, da sempre scettica sull’asse con i pentastellati».

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Vincenzo De Luca (Getty Images).

Il nodo dell’inceneritore di Roma sponsorizzato da Gualtieri

Schlein poi non si è fatta nessuno scrupolo neppure nel contraddire il sindaco di una città importante come Firenze, Dario Nardella, che con scatto felino si è scagliato contro gli attivisti di Ultima generazione proprio mentre stavano imbrattando con le vernici lavabili Palazzo Vecchio: «Al di là del metodo scelto che posso non condividere, non dobbiamo fare l’errore di guardare troppo il dito e non la luna. Stanno solo chiedendo di ascoltare la scienza», ha detto la segretaria. Un copione che si è ripetuto anche dopo il blitz dei giovani attivisti a Piazza di Spagna a Roma e che ha ricevuto invece la ferma condanna del sindaco Roberto Gualtieri. Proprio con il primo cittadino della Capitale, tra l’altro, c’è da scommettere che i rapporti diventeranno più tesi. Se come pare, infatti, nell’esecutivo dem dovesse entrare a far parte l’ex presidente dei Legambiente ed ex deputata eletta tra le fila di Leu, Rossella Muroni, la guerra all’inceneritore sponsorizzato dal Campidoglio sarebbe assicurata.

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Il sindaco Roberto Gualtieri (Getty Images).

L’area cattolica è sul chi vive per temi come la gravidanza per altri

Sindaci e governatori a parte, ci sono poi gli eletti del Pd. È vero che la leader dem con i capigruppo di Camera e Senato, Braga e Boccia, ha due sentinelle di area per tentare di controllare gli eletti, ma è altrettanto vero che non potranno arginarne il dissenso, soprattutto se, come detto, i parlamentari avranno la percezione che la linea sarà calata dall’alto e non condivisa. I temi eticamente sensibili ne sono una prova. Su questo terreno, deputati e senatori, soprattutto di area cattolica, non si sono messi in riva al fiume in attesa del primo errore per puntare il dito contro Schlein. Hanno infatti già messo le mani avanti contro eventuali aperture alla maternità surrogata. Un fronte largo che va da Debora Serracchiani ad Alfredo Bazoli fino a Enrico Borghi.

Le scuse di Debora Serracchiani per il tweet sul disastro del Vajont: cosa aveva scritto la vicepresidente del Partito Democratico.
Debora Serracchiani (Getty Images).

I migranti e la rottamazione della linea Minniti

E che dire infine del tema migranti? L’inquilina del Nazareno, osservano fonti parlamentari della minoranza dem, «pure su questo si è mossa con la delicatezza di un elefante in cristalleria». D’altronde, lo ha detto chiaro nel salotto di Lilly Gruber il mese scorso: «Voglio un Pd che non finanzi più la guardia costiera libica», che tradotto significa una totale abiura della linea Minniti. Con buona pace non solo dell’ex ministro dell’Interno, ma dell’intera impostazione sul tema di quel governo, a guida Paolo Gentiloni. Insomma, la vittoria di Schlein ha rappresentato uno strappo nella tela dem. La sua impronta è chiara, non c’è dubbio. Ma ora nel partito l’attendono al varco per capire se saprà anche iniziare a ricucire.