Nel Pd aria di congresso: Letta rischia la resa dei conti, Bonaccini in pressing

Stefano Iannaccone
08/08/2022

Letta voleva fare il federatore del centrosinistra, ma è stato troppo remissivo con Calenda. Dopo il voto la sua leadership potrebbe arrivare al capolinea, con il presidente dell'Emilia-Romagna pronto a lanciare la sfida. L'unico modo di salvarsi: superare il 25 per cento alle urne.

Nel Pd aria di congresso: Letta rischia la resa dei conti, Bonaccini in pressing

Il «disastro politico», sottolineato con spietatezza dall’ex alleato Giuseppe Conte, è sotto gli occhi di tutti. Il «campo largo», obiettivo dichiarato di Enrico Letta, è diventato sempre più ristretto, fino a sparire. Mettendo in discussione la leadership del segretario dem a causa della gestione della vicenda. Prima c’è stata la rottura con il Movimento 5 stelle, poi altri pezzi si sono persi per strada, come Italia viva di Matteo Renzi. E ora anche Azione di Carlo Calenda, al termine di una soap opera stile sudamericano. Al Partito democratico resta una compagnia ridotta: l’Impegno civico della premiata ditta Bruno TabacciLuigi Di Maio, +Europa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, e l’alleanza rossoverde di Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, pomo della discordia con Calenda, insieme ai soci fondatori della lista democratica e progressista, capeggiati da Articolo Uno di Roberto Speranza.

Stefano Bonaccini è pronto a lanciare la sfida

Il centrosinistra è così molto più sinistra rispetto alle previsioni, con il Pd chiamato a rinverdire, almeno in parte, la vocazione simil maggioritaria. Inevitabilmente bisogna contrastare la concorrenza al centro liberale, incarnato da Azione e Italia viva, ma anche sul fronte progressista, che il M5S vuole presidiare nel nuovo corso di Conte. Così più che gli occhi della tigre, a Enrico Letta serve una campagna elettorale a tamburo battente, che possa proiettare la lista del Partito democratico sopra la soglia del 25 per cento. Per salvare la sua leadership e presentarsi al prossimo congresso da una posizione di forza. Altrimenti, le elezioni rischiano di segnare una battuta d’arresto per la sua segreteria, con il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, pronto a raccogliere e lanciare la sfida.

Nel Pd aria di congresso: Letta rischia la resa dei conti, Bonaccini in pressing
Stefano Bonaccini. (Getty)

Enrico Letta indebolito, ma ora ci sono le liste da comporre…

Le trattative per la coalizione consegnano un Letta «indebolito», come sussurra qualcuno dall’interno. Ma, ora come ora, nessuno è disposto a fare un fiato contro Largo del Nazareno: ci sono le liste da comporre, che saranno decise proprio dal segretario, insieme al suo fedelissimo Marco Meloni. Poi c’è «una campagna elettorale da affrontare evitando divisioni e spaccature al nostro interno», è il mantra. Adesso è necessaria l’unità. E cosa accadrà dopo il 25 settembre? «Dopo… si vedrà», è la posizione consegnata a Tag43 da più di un parlamentare dem.

Nel Pd aria di congresso: Letta rischia la resa dei conti, Bonaccini in pressing
Enrico Letta. (Getty)

Focus esagerato sulle alleanze: la proposta politica dove è finita?

La sfida elettorale, insomma, impegna tutti a cercare un risultato ottimale, perché il rischio è quello di ritrovarsi le macerie del Pd, non solo la fine dell’era lettiana. Il fair play interno non cancella una considerazione che rimbalza su varie chat: il passaggio sulla formazione delle alleanze non è stato privo di conseguenze sulla solidità della guida di Letta. Già nelle scorse settimane, nel Pd c’era chi avrebbe preferito rafforzare la proposta politica del partito senza soffermarsi troppo sul quadro delle alleanze. «Se dobbiamo perdere, meglio farlo bene provando a essere la prima lista», ragionava più di qualche deputato. Da qui l’idea: nessuna trattativa a oltranza con altri soggetti, ma la linea di demarcazione della coalizione. E chi ci stava, sarebbe rientrato nell’alleanza senza tavoli laboriosi. Il leader del Pd ha invece optato per la strategia del federatore a tutti i costi.

Approccio troppo remissivo con Carlo Calenda, che si è preso la scena

Malumori che serpeggiano, dunque. E che al momento saranno ricacciati indietro, come detto, dall’urgenza della battaglia contro le destre, incrociando la concorrenza degli ex potenziali alleati, da Conte a Calenda, senza dimenticarsi di Renzi. Pure nelle ultime ore, prima che il fondatore di Azione comunicasse la decisione, c’era chi aveva suggerito a Letta un approccio più determinato nei confronti dell’eurodeputato. L’idea era quella di non subire la scelta di Calenda per non facilitargli la centralità della scena con l’intervista a In mezz’ora in più, come invece è accaduto. Le antenne della politica sono tutte rivolte sul programma di Lucia Annunziata per ascoltare «l’oracolo Calenda», secondo una definizione raccolta da Tag43.

Nel Pd aria di congresso: Letta rischia la resa dei conti, Bonaccini in pressing
Carlo Calenda. (Getty)

Unica via d’uscita: andare oltre il 25 per cento e superare Giorgia Meloni

Messa alle spalle la traumatica formazione della coalizione, dunque, a Letta resta un’unica carta da giocare per non uscire a pezzi: andare oltre il 25 per cento, magari sopravanzando Fratelli d’Italia nei voti di lista. Una necessità per non spianare la strada al cappotto delle destre, ma anche per rivendicare un ruolo fondamentale nello scacchiere politico. E dimostrare, ai Conte e ai Calenda, che chi vuole un’alternativa all’Italia di Giorgia Meloni deve, per forza di cose, rivolgersi al Pd. In caso contrario, per restare in tema di metafore di felini care a Letta, la leadership dem rischia di essere duratura come un gatto in tangenziale.