Le ennesime elezioni in Israele: Netanyahu sfida Lapid, contro l’instabilità

Matteo Innocenti
01/11/2022

Tanto per cambiare, gli israeliani tornano al voto: è la quinta volta in tre anni e mezzo. Mai lo scenario politico era stato così frammentato. Lapid contende la guida del Paese a Netanyahu, che secondo i sondaggi è a un soffio dalla maggioranza assoluta. Il voto dei cittadini arabi potrebbe risultare decisivo. La guida.

Le ennesime elezioni in Israele: Netanyahu sfida Lapid, contro l’instabilità

Per la quinta volta in tre anni e mezzo, gli israeliani tornano alle urne il primo novembre per eleggere i 120 membri della Knesset, ossia il parlamento monocamerale dello Stato mediorientale, da sempre caratterizzato da grande instabilità politica. Il “governo del cambiamento” nato nel 2021 in seguito a un accordo fra Yair Lapid (leader di Yesh Atid) e Naftali Bennett (leader di Nuova Destra), prevedeva una rotazione dei primi ministri e sarebbe dovuto durare fino al 27 agosto 2023. Tuttavia, a causa di una crisi di governo che si è verificata a maggio a seguito delle dimissioni di un singolo parlamentare della coalizione, che ha portato alla perdita della maggioranza (il governo aveva ottenuto la fiducia con 60 voti a favore, 59 contro e un astenuto), si sono rese necessarie nuove elezioni. Il favorito, ma sarebbe eccessivo scrivere “grande” viste le numerose dinamiche in ballo, è il leader del Likud Benjamin Netanyahu, che con 15 anni e 92 giorni da premier è a oggi il primo ministro più longevo del Paese.

Elezioni in Israele, le quinte negli ultimi tre anni e mezzo: l'ex premier Netanyahu sfida il capo del governo uscente Lapid.
Il voto è già iniziato nelle basi militari israeliane (Getty Images)

Mai, nella storia di Israele, un singolo partito ha ottenuto la maggioranza assoluta nella Knesset. Al tempo stesso, non si era nemmeno mai verificato un periodo di tale instabilità politica. Con margini estremamente ristretti, le varie forze politiche formano e spezzano alleanze con estrema disinvoltura: a Netanyahu, che con il suo Likud rappresenta la destra, si oppone una coalizione diversificata di partiti di destra, centro e sinistra a cui fa capo l’attuale premier Lapid, il quale conta molto sui voti dei cittadini arabi di Israele. D’altra parte, il governo uscente è stato il primo a cui ha preso parte un partito arabo indipendente, Ra’am.

Elezioni in Israele, le quinte negli ultimi tre anni e mezzo: l'ex premier Netanyahu sfida il capo del governo uscente Lapid.
Benjamin Netanyahu: è il premier israeliano più longevo (Getty Images)

Netanyahu e l’alleanza con Ben Gvir, pronta la svolta a estrema destra

Secondo i sondaggi, al Likud e ai partiti alleati mancherebbe appena un seggio per raggiungere la maggioranza assoluta. Il suo partito supererà tutti gli altri per numero di voti, ma non è detto poi che Netanyahu governi. Estromesso dal traballante (fin dall’inizio) esecutivo uscente, “Bibi” rimane uno dei principali elementi di polarizzazione del Paese. Da una parte i suoi sostenitori, dall’altra gli oppositori: Netanyahu ha condotto la campagna con la spada di Damocle di un procedimento per corruzione e frode, mentre i rivali si sono preoccupati più di mettere in risalto i contro di un suo ritorno al potere, più che i benefici della loro permanenza. Bibi può contare sull’appoggio di Itamar Ben Gvir, leader del partito di estrema destra sionista Otzma Yehudit: in prima linea nella difesa degli insediamenti coloniali illegali nella West Bank, è favorevole alla cacciata degli arabi e ha più volte esaltato le gesta di Baruch Goldstein, lo stragista che nel 1994 a Hebron uccise 29 musulmani in preghiera nella grotta di Macpelà. Se l’Otzma Yehudit dovesse ottenere buoni risultati, rafforzando la maggioranza di Netanyahu, Ben Givir potrebbe ottenere il ministero della Pubblica sicurezza.

Elezioni in Israele, le quinte negli ultimi tre anni e mezzo: l'ex premier Netanyahu sfida il capo del governo uscente Lapid.
Itamar Ben-Gvir, leader di Oztma Yehudit (Getty Images)

Lapid punta sul voto degli arabi israeliani: ma andranno alle urne?

Lapid non necessita di vincere le elezioni con il suo Yesh Atid. Praticamente impossibile ottenere da solo la maggioranza, difficile sopravanzare Likud. Gli basterebbe la conferma di secondo partito più votato, in modo da impedire a Netanyahu di arrivare alla maggioranza, per poi dare vita a un nuovo governo con gli alleati. Come detto, Lapid fa molto affidamento sul voto degli arabi israeliani (o cittadini palestinesi di Israele), che rappresentano il 20 per cento della popolazione, quella più svantaggiata. Tuttavia, secondo le stime, la loro affluenza alle urne sarà la più bassa da molti anni a questa parte, attorno al 40 per cento. Un governo guidato da Netanyahu potrebbe essere più aggressivo nei loro confronti e non c’è dubbio che Bibi stia tifando per l’astensione, tuttavia c’è da dire che quando si tratta di Cisgiordania e Striscia di Gaza le alleanze rivali si trovano in relativo accordo. Inoltre, Israele ha continuato a espandere gli insediamenti ebraici all’interno del territorio palestinese anche sotto l’esecutivo uscente. Nel 2020 i partiti arabo-israeliani avevano ottenuto un record di 15 seggi, alleandosi sotto un’unica bandiera. Stavolta corrono sotto tre liste separate: Ra’am (islamista moderata), Hadash-Taal (laica) e Balad (nazionalista).

Elezioni in Israele, le quinte negli ultimi tre anni e mezzo: l'ex premier Netanyahu sfida il capo del governo uscente Lapid.
Il principale rivale di Netanyahu è il premier uscente Yair Lapid (Getty Images)

Il terzo polo della Terra Santa: l’alleanza guidata da Benny Gantz

Un vecchio alleato di Lapid è il ministro della difesa Benny Gantz, fondatore di Resilienza per Israele: i due, in vista delle elezioni dell’aprile 2019, avevano dato vita all’alleanza centrista Blu e Bianco. Uscito Lapid, Gantz ha coinvolto l’ex Likud Gideon Sa’ar e il suo partito Nuova Speranza, formando la coalizione di centrodestra Partito di Unità Nazionale. Nel 2020, tra l’altro, Gantz aveva dato vita a un governo di coalizione con Netanyahu. Oggi la sua alleanza rappresenta il terzo blocco politico di Israele: un po’ ago della bilancia, un po’ destabilizzatore.

Elezioni in Israele, le quinte negli ultimi tre anni e mezzo: l'ex premier Netanyahu sfida il capo del governo uscente Lapid.
Manifesti elettorali in Israele (Getty Images)

Tante liste non supereranno la soglia di sbarramento

Lo scenario politico israeliano è estremamente frammentato e, al pari di Blu e Bianco, altri fra i 13 partiti della 24esima Knesset risultano configurati rispetto a un anno fa. L’alleanza Yamina, che guidata dalla Nuova Destra di Bennett aveva ottenuto sette seggi nel 2021, ha cessato ad esempio di esistere. Una cosa non è cambiata: gran parte di queste liste è destinata a non superare la soglia minima di ingresso, pari al 3,5 per cento. Tra esse figura il partito di sinistra Meretz, di cui fa parte Ghaida Rinawie Zoabi, ovvero il parlamentare che dimettendosi ha fatto cadere l’ultimo governo. In questa tornata elettorale andranno alle urne per la prima volta 209 mila cittadini israeliani, di cui 165 mila ebrei. Se i palestinesi dovrebbero votare per liste arabe o comunque per Lapid, i giovani secondo i sondaggi sono propensi ad accordare le proprie preferenze al blocco di Netanyahu. Oggi l’ennesima resa dei conti. Dopo lo spoglio, i partiti avranno tre mesi di tempo per mettersi d’accordo. Se non riusciranno, gli israeliano torneranno al voto all’inizio del 2023, per la sesta volta in quattro anni.