Anziché prendere esempio da Willy Brandt, il Cancelliere più carismatico che la Germania abbia forse mai avuto, Olaf Scholz ha preferito merkelizzarsi. Una scelta intelligente, sua e dei suoi spin doctor, per questa campagna elettorale in dirittura d’arrivo, basata ovviamente sulle qualità della persona, meno animale politico e più tecnico competente. Se Mutti Merkel, la mamma della Nazione che seminava sicurezza con il suo Wir schaffen das (ce la facciamo) ha governato per 16 anni e ora se ne va lasciando in eredità un partito lacerato, i tedeschi, timorosi di terremoti, sembrano aver voglia adesso di Vati Scholz, un papà che non sconvolga la quotidianità e rimanga nel solco tracciato da chi lo ha preceduto. I sondaggi delle ultime settimane sono impietosi nei confronti dell’Unione (CDU-CSU) di Armin Laschet e anche dei Verdi di Annalena Baerbock: i loro errori hanno rilanciato la SPD e Olaf Scholz che solo un paio di mesi fa non si sarebbe certo sognato di arrivare in pole position per il cancellierato a pochi giorni dall’appuntamento elettorale.

Scholz ha aspettato che gli avversari Laschet e Baerbock inciampassero
La tattica adottata è stata quella di Merkel: fare e dire il meno possibile, aspettando sulla riva del fiume il passaggio dei rivali. Laschet è annegato prima nella faida interna con il governatore della Baviera Markus Söder e poi tra i fanghi dell’alluvione di luglio, inanellando una gaffe dietro l’altra; Baerbock è inciampata in bugie piccole e grandi, tra libri copiati e qualche migliaio di euro non dichiarato. Gli elettori tedeschi, stando ai numeri degli istituti di ricerca, hanno perdonato loro poco o nulla. Olaf Scholz, con la sua faccia sempre serafica e la stessa espressione di fronte a gioie e tragedie, ha capito che la vittoria sarebbe stata a portata di mano immedesimandosi sempre più in Frau Angela, a cui negli ultimi quattro anni di Große Koalition è stato molto vicino, come vice-cancelliere e ministro delle Finanze. E domenica sera si saprà davvero se il piano ha funzionato.
Scholz alla ricerca di alleati tra i Verdi e i liberali di Lindner
Se riuscisse ad entrare al Kanzleramt, al di là della coalizione che potrebbe guidare, sarebbe il quarto socialdemocratico dopo Willy Brandt, Helmut Schmidt e Gerhard Schröder. Quest’ultimo è stato al vertice di un’alleanza tra SPD e Grünen dal 1998 al 2005. Scholz avrebbe bisogno stavolta non solo dei Verdi, ma anche di un altro partito, i liberali o la Linke, l’estrema sinistra. Il candidato socialdemocratico non si è sbottonato più di tanto, ma, come Merkel, è sempre molto attento agli umori dei Paese: con la FDP in ascesa e la Linke a combattere nelle regioni dell’Est con la destra radicale della AfD, il realismo vuole che siano i Freie Demokraten di Christian Lindner a spuntarla come terzo partner, numeri permettendo.

Dall’anonimato nella SPD all’improvvisa rinascita: la rimonta di Scholz
E pensare che Olaf Scholz solo due anni fa non era nemmeno riuscito a conquistare la leadership del partito e presentatosi in coppia con Klara Geywitz aveva dovuto cedere il passo al duo composto da Saskia Esken e Norbert Walter Borjan. Nel 2020 il partito lo aveva comunque nominato come candidato alla cancelleria, una scelta che fino a questa estate non sembrava essere stata proprio felice, se è vero che la SPD era scesa in picchiata dietro Unione e Verdi. Poi l’improvvisa rinascita, complice l’harakiri di conservatori e Verdi, che prima dei disastri commessi dai loro candidati avevano fatto di tutto per puntare sui nomi sbagliati. Con Markus Söder e Robert Habeck sarebbe stata probabilmente tutta un’altra storia.

Competenza ed esperienza sono le carte vincenti di Herr Olaf
Herr Scholz comunque qualche buona qualità ce l’ha e la stoffa per il cancellierato anche. L’esperienza non gli manca, la sua carriera l’ha visto partire dal ginnasio nei Giovani socialisti, poi segretario del partito ad Amburgo e segretario generale con Gerhard Schröder. Dal 2011 al 2018 è stato sindaco della città anseatica, prima di entrare nella coalizione a Berlino con Angela Merkel. Gli elettori apprezzano in lui la competenza economica e poco contano ora le ombre dello scandalo della Warburg Bank per una questione di 47 milioni di euro dovuti e non restituiti alla città di Amburgo e su cui Scholz avrebbe chiuso allora un occhio. Al fatto che non sia carismatico nessuno fa davvero caso, d’altra parte più di tre lustri di Merkel hanno fatto capire ai tedeschi che la politica non deve essere per forza anche spettacolo.