Provo a immedesimarmi in una persona che ha dato il suo voto alla coalizione di centrodestra alle ultime elezioni, contribuendo a portare Giorgia Meloni al governo. Torno a consultare il programma di Fratelli d’Italia, per vedere cosa mi aveva convinto – me, ipotetico elettore conservatore – a darle il mio voto. Leggo: «La presenza dello Stato è sempre più invasiva e meno rispettosa delle libertà fondamentali di cittadini e imprese». E, ancora: «È tempo di cambiare. Fratelli d’Italia ha dimostrato di essere l’unica reale alternativa credibile all’attuale sistema di potere della sinistra. Per noi chi fa impresa e crea ricchezza è una risorsa da valorizzare, non un nemico da combattere con burocrazia e pressione fiscale. Per noi il lavoro esprime la dignità del cittadino ed è un valore da proteggere, non una concessione dello Stato. Per noi la libertà e i diritti delle persone prevalgono su ogni visione ideologica». Un vero e proprio proclama liberista, la dottrina che teorizza il disimpegno dello Stato soprattutto dall’economia e che guarda alla libertà così come la intendeva Margaret Thatcher, cui Meloni vorrebbe somigliare, e all’economia di mercato.

Un’accozzaglia di conservatorismo e liberismo
Ma come si concilia questa dichiarazione di intenti con gli attacchi alla “grande finanza internazionale“? Giorgia Meloni lo ha gridato più volte, anche in spagnolo: «No alla grande finanza internazionale!». Dove sarebbe il punto d’incontro tra l‘idea liberista e il rifiuto della globalizzazione dei mercati finanziari (e anche reali), nei cambi e negli scambi in aree valutarie diverse da quella domestica? Se «Meno Stato!» non è solo uno slogan ci si aspettano azioni conseguenti, non dichiarazioni contrarie. E la cosiddetta “sovranità alimentare” non confligge, anche lei, contro l’idea liberista? Meloni deve aver studiato il cosiddetto “fusionismo” americano, quello che mette insieme in un’unica ideologia conservatorismo e liberismo, i valori della famiglia pro-life, l’anti-femminismo e, dall’altro lato, il liberismo economico, contrario al welfare e ai dazi. Diciamo un’accozzaglia di ciò che fa più comodo, con tanti saluti alla coerenza, che pure Meloni non perde occasione di rivendicare.
Addio Stato sociale
Ma io ho votato questa destra – le fa sapere l’elettore di Fratelli d’Italia – perché mi parlava di Stato sociale, non di Stato liberista, e mi aspettavo di essere aiutato da chi si è sempre proclamato dalla parte dei più poveri, rivendicando le sue origini nella periferia di Roma: invece per prima cosa mi toglie il reddito di cittadinanza, poi fa lo sconto sulle plusvalenze (capital gain) a chi paga subito i proventi derivanti dalla cessione di attività finanziarie e percepiti da persone fisiche al di fuori dell’attività imprenditoriale, favorendo i ricchi; toglie il bonus cultura ai giovani, con la scusa di «ridisegnarlo» per concederlo solo ai meno abbienti (meno burocrazia, diceva nel programma, qui però bisognerà produrre certificati Isee: non vedo folle di ragazzi a riempire moduli per andare a teatro o a comprarsi un libro); si lancia in una difesa oscura dell’uso del contante, gongolando di soddisfazione perché la Ue avrebbe alzato a 10 mila euro il limite (contro i 5 mila previsti dal governo italiano nella Finanziaria) ma dimenticando di avvertire il suo elettore di destra che cinque o 10 sempre un tetto è: un conto sono poi i Paesi evoluti dove nessuno paga più nemmeno il caffè in contanti, un conto è la strizzata d’occhio ai soliti italiani che inseriscono le monetine nella fessura del maialino. I pagamenti elettronici sono lo specchio di un Paese moderno, si tirano fuori paccate di contanti per pagare al ristorante soltanto in Turchia. Venderà Alitalia (Ita) che quel romantico di Gasparri chiama ancora «la compagnia di bandiera» a Lufthansa, anzi vorrebbe che i tedeschi mettessero i soldi ma che fosse sempre il Tesoro a comandare: intanto l’italianità, io elettore di destra, dove me la metto?

La distrazione della morale
Per tappare tutti questi buchi di logica diventa urgente mandare avanti la morale, per distrarre l’elettore meloniano sempre più deluso: ecco allora l’ineffabile La Russa cercare di convincermi, nel suo incerto italiano, che qualche mese di servizio militare non farebbe altro che bene e, mentre lo dice, avendo io fatto il servizio militare un anno intero, non so perché mi vengono i brividi. Poi c’è la storia dei rave party, che non sapevo nemmeno che esistessero e che ho già dimenticato, ma spero che il provvedimento contro le “adunate sediziose” rimanga, se no questa destra che l’ho votata a fare? Da ultimo la storia della difesa dei confini. Uno stato liberista, moderno, come quello a cui pensano Meloni e Salvini – mica lo Stato autarchico a cui pensava Mussolini – deve difendere i propri confini, perbacco. I Paesi evoluti si espandono, esportano, importano, globalizzano, universalizzano lingue e etnie, ma qui in Italia bisogna chiudere il porto di Lampedusa. Anzi, come dice il Programma di Fratelli d’Italia, «promuovere un modello Italia di investimenti e cooperazioni allo sviluppo, secondo la formula ‘Mattei per l’Africa‘»: via a un nuovo colonialismo di fascia alta. Intanto Casellati, con la sua pelliccia di visone, mi avverte su Twitter che ha iniziato le consultazioni con i partiti per confrontarsi «sui vari modelli di riforma costituzionale come il presidenzialismo, il semipresidenzialismo e il premierato». Il solito stronzo commenta sotto: «E il portierato?». Nella confusione liberista, liberale, coloniale o sociale alla vaccinara che alberga nella destra ci mancava Casellati. La prossima volta, l’elettore di destra vota Pd.
La prossima settimana inizierò le consultazioni con tutti i partiti per confrontarmi sui vari modelli di riforma costituzionale come il presidenzialismo, il semipresidenzialismo e il premierato. (1/2) pic.twitter.com/ZOJOmJ9KiI
— Maria Elisabetta Alberti Casellati (@Min_Casellati) December 9, 2022