Altro che ere glaciali, a dare impulso all’evoluzione potrebbe essere stato il caldo. Alcuni scienziati affermano, infatti, che il progresso della specie umana, finora collegato soltanto ai periodi freddi, sarebbe stato influenzato anche dalla situazione opposta e, in particolare, da fenomeni quali El Niño e La Niña, responsabili del surriscaldamento nelle fasce intorno all’Equatore.
Cosa sono El Niño e La Niña
El Niño e La Niña sono fenomeni atmosferici periodici, che provocano il mutamento della temperatura nelle acque dell’Oceano Pacifico, rispettivamente riscaldandole e raffreddandole per un periodo compreso tra i 2 e i 7 anni. Sono causati, secondo gli esperti, dalle rotazioni della Terra attorno al Sole e al suo asse. Gli effetti si estendono poi anche al continente africano e, successivamente, all’Atlantico.
A tal proposito, un articolo, pubblicato sulla rivista scientifica statunitense Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) e ripreso anche dall’Independent, dimostra una correlazione tra un grande cambiamento del clima tropicale – avvenuto circa 300.000 anni fa – e l’emergere Homo sapiens.
Cambiamenti climatici e sviluppi evolutivi, la dimostrazione del collegamento
Per dimostrare il collegamento tra i principali sviluppi evolutivi umani e i cambiamenti climatici tropicali, ricercatori provenienti da Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Stati Uniti ed Etiopia hanno condotto un’analisi inedita, sviluppando dati ottenuti da sedimenti lacustri o estratti da fondali marini in Africa, culla della vita sulla Terra. Per prime sono state studiate alcune zone in Kenya, Malawi, Etiopia e Ghana, poi è stato il turno delle ricerche al largo delle coste di Tanzania, Namibia, Congo, Mauritania, Libia ed Egitto.
L’analisi, guidata dalla paleoclimatologa Stefanie Kaboth-Bahr dell’Università di Potsdam, ha così permesso agli scienziati di dimostrare una correlazione tra l’evoluzione umana e i cambiamenti climatici tropicali. Le mutazioni più importanti nel clima africano, quasi certamente, hanno avuto luogo circa 2,4 milioni, 2 milioni e 800.000 anni fa e ciascuno di questi mutamenti è correlato a capitoli chiave della storia dell’uomo.
Le conseguenze del cambiamento climatico sull’evoluzione umana
Le alterazioni climatiche tropicali a ritmi cadenzati, infatti, avrebbero impattato sulla condizione metereologica dell’intera Africa, rendendo più o meno abitabili alcune zone del continente. Se per esempio, in alcuni periodi, l’area occidentale era arida e secca, la metà orientale era fiorente e in salute, posto ideale per vivere. Viceversa, quando a Est il clima era ostile, l’ovest ne beneficiava.
È probabile che tali cambiamenti improvvisi e radicali si siano verificati fino a otto volte negli ultimi 3,5 milioni di anni. Di conseguenza, gli esseri umani si sono dovuti adattare a nuove condizioni o sono stati costretti a migrare, in cerca di un clima più favorevole. Gli scienziati confermano, inoltre, una correlazione fra la necessità di adattarsi e il miglioramento delle capacità cognitive dell’uomo, portando così alla comparsa di nuove specie più intelligenti.
La comparsa dell’Homo abilis, dell’Homo erectus e dell’Homo Sapiens
Potrebbero essere collegate a questo schema le tappe più famose dell’evoluzione umana, dalla comparsa dell’Homo Abilis risalente a 2,4 milioni di anni fa, a quella dell’Homo erectus. Spuntato 400.000 anni dopo, aveva una capacità cognitiva superiore al suo antenato dell’80 per cento. Allo stesso fenomeno sarebbe da far risalire pure l’arrivo dell’Homo sapiens, nostro diretto predecessore, comparso “solo” 300.000 anni orsono.
«Stiamo proponendo un quadro climatico completamente nuovo che può essere utilizzato per studiare le correlazioni tra il clima tropicale e il materiale archeologico per lunghi periodi di tempo», ha affermato la dottoressa Kaboth-Bahr. «I dati finora in possesso suggeriscono che è necessario comprendere i cambiamenti climatici tropicali per scandagliare a fondo l’evoluzione umana». Le fa eco il professor Mark Maslin dell’University College di Londra, il quale afferma che la ricerca consente di «cambiare radicalmente la percezione del mondo» in cui viviamo.