Il contrabbando online di avorio non si ferma e, nonostante il divieto che Ebay si è autoimposta, numerosi sono ancora i rivenditori che fatturano, svendendolo sotto pseudonimi. A confermarlo un’inchiesta avviata da un gruppo di giornalisti della BBC nel 2019 che, insospettiti da una serie di oggetti presentati sul sito come «ossa bovine», hanno provato ad acquistarne tre (un piccolo busto africano intagliato, un braccialetto e un gruppo di figurine) e, successivamente, li hanno affidati alle valutazioni dei ricercatori della Scuola di Archeologia dell’Università di Oxford. Il verdetto degli esami ha confermato i loro dubbi: il materiale usato per realizzarli era stato ricavato direttamente dalle zanne degli elefanti.
La difesa di Ebay
Una volta messe insieme le informazioni raccolte dalle fonti, ne hanno chiesto conto all’azienda, che ha provato a dare delle spiegazioni. «Da un decennio ormai, impieghiamo tutte le nostre energie per fermare questo mercato illegale e di recente abbiamo bloccato e rimosso oltre 265 mila lotti», ha spiegato un portavoce dell’azienda a BBC News, «nonostante l’attenzione che dedichiamo alle operazioni, tuttavia, i trafficanti riescono spesso ad avere la meglio. Soprattutto da quando utilizzano uno stratagemma che consiste nel sostituire il nome dell’oggetto con un alias. Se, da un lato, questa tecnica consente loro di proporli al miglior offerente e metterli in vetrina superando il ban, dall’altro, data la difficoltà di reperirli sotto falso nome, finiscono per venderne molti meno di quanto sperano». Eppure, i numeri sembrano dipingere un quadro diverso: dalle indagini effettuate su un trimestre, nel 2018 eBay UK ha venduto 500 manufatti in avorio e le parole in codice sono state ritrovate diverse volte nel motore di ricerca, segno di un’informazione ben più capillare di quel che si crede.

I numeri del contrabbando e le tecniche adoperate per inchiodarlo
Secondo gli studi della dottoressa Caroline Cox che, assieme a un team di studiosi dell’Università di Portsmouth, si occupa di monitorare questa fetta di mercato illegale, sono stati migliaia gli articoli in avorio venduti sulla piattaforma da quando, 10 anni fa, ha annunciato il veto globale sullo smercio per «proteggere compratori e commercianti, ma soprattutto animali a rischio di estinzione». Una misura che, nel Regno Unito, è stata ulteriormente rafforzata da un divieto locale, entrato in vigore a partire dal 6 giugno e con punizioni durissime per i trasgressori, che rischiano multe da 250 mila sterline o una pena detentiva fino a 5 anni di carcere.

Una terapia d’urto mirata a correggere una realtà che, dal 2018, anno in cui Cox e i colleghi hanno iniziato a occuparsene, a oggi, è cambiata molto poco: inserendo nella stringa di ricerca i termini ‘osso bovino’, infatti, sono ancora troppi i risultati che appaiono in home page. Facilmente riconoscibili, almeno a un occhio allenato come quello di uno scienziato o di un investigatore, a partire da un repertorio di tecniche ad hoc. «L’avorio ha un colore ben definito, tendente al crema», ha spiegato, «e in genere, nei dettagli dell’articolo in vendita, si menziona sempre il peso, altro elemento che ci aiuta a riconoscerne la fattura, visto che serve a determinare il valore del materiale». Infine, a levare ogni dubbio, arriva la prova del nove: «rintracciare le cosiddette linee di Schreger, simili agli anelli per gli alberi ma presenti solo su denti e zanne».

Più regole sui social
Ebay, ovviamente, non è l’unico spazio ‘contaminato’ dagli affari sporchi di mercanti senza scrupoli. Tanto su Instagram quanto su Facebook, infatti, le forze dell’ordine si sono spesso imbattute nei profili e negli annunci di commercianti di animali selvatici o esotici, che vendevano esemplari come scimmie, pangolini e leoni o erano alla disperata ricerca di corni di rinoceronte e pelli di ghepardo. «Se i social non vengono controllati con attenzione, possono diventare un veicolo pericoloso a disposizione dei criminali e dei loro scambi internazionali perché hanno un impatto e un potere di diffusione non indifferente», ha aggiunto John Scanlon, amministratore delegato dell’associazione Elephant Protection Initiative Foundation, «quindi, è necessario stabilire delle policy e rispettarle. Anche a costo di perdere utenti ed engagement. I progressi fatti dalla comunità internazionale hanno portato alla chiusura di diversi mercati di avorio ma questi passi in avanti rischiano di essere cancellati dall’anarchia del web».