Sgarbi a Vittorio

Marco Zini
02/12/2021

Complice l'Opa (annunciata) di Kkr su Tim, il governo ha preso in mano la partita della Rete unica. Sconfessando il ministro della Transizione digitale Colao da sempre contrario al progetto.

Sgarbi a Vittorio

Entro venerdì 3 dicembre, dopo la riunione del Comitato dei consiglieri indipendenti, si saprà se Tim avrà deciso di nominare gli advisor per valutare la proposta che verrà fatta dal fondo americano Kkr. E si capiranno altre due cose: con quale velocità si procederà all’apertura della data room di Tim, e poi se saranno sufficienti quattro settimane a Kkr per preparare e inviare al cda della società l’offerta vincolante per acquistarne almeno il 51 per cento.

Sconfessato il ministro Colao da sempre contrario alla Rete unica

Di sicuro ad oggi si è capito che al governo, in primis a Mario Draghi e al super consulente e super presente su ogni dossier Francesco Giavazzi, non dispiace affatto che Kkr si sia fatta avanti perché, se tutto si svolgerà secondo quanto presentato dal fondo americano a Palazzo Chigi ai primi di novembre, l’operazione permetterà di raggiungere l’obiettivo che si era dato anche il precedente governo: una rete unica per velocizzare la digitalizzazione del Paese e superare il suo atavico digital divide. Con buona pace del ministro della Transizione digitale Vittorio Colao, da sempre critico verso l’ipotesi della rete unica, e delle sue gare tra più gestori per cablare le cosiddette “zone grigie”. E per la gioia del Movimento 5 stelle, da sempre sostenitore della rete unica sotto il controllo dello Stato. Per raggiungere questo assetto prima però si dovrà scorporare la rete di Tim dalle attività commerciali delle tlc e dei contenuti video, costituendo così due società: una NetCo e una ServiceCo. A quel punto Netco si dovrebbe riunire al concorrente Open Fiber, la società start up posseduta da Cdp al 60 per cento e dal fondo australiano Macquarie, che da tre anni sta posando fibra in Italia, e che proprio in queste ore ha ufficializzato l’arrivo di Roberto Sambuco, sin qui partner della Vitale&Co, da sempre molto vicino ai dossier sulle tlc (nel 2019 fu il regista della scalata del fondo Elliott proprio a Tim). Senza questo secondo passaggio, il progetto presentato da Kkr sarebbe una sconfitta per l’esecutivo perché vorrebbe dire lasciare al fondo la maggioranza della NetCo, ossia della strategica rete italiana di telecomunicazioni. E a quel punto ci sarebbe da chiedersi perché sia meglio avere la maggioranza della rete in mano a un fondo speculativo americano piuttosto che l’attuale assetto che vede il 23,5 per cento di Tim detenuto dai francesi di Vivendi. Oltretutto i francesi sono un gruppo europeo e di una nazione con cui l’Italia ha appena firmato in pompa magna il patto del Quirinale.

colao e lo scorporo di Tim
Il ministro per la Transizione digitale Vittorio Colao (Getty Images).

Palazzo Chigi chiama Poste per rafforzare l’italianità

La newco, NetCo2, aggregherà le reti NetCo e Open Fiber e potrà essere una società quotata, derivante dalla vecchia Tim scissa, con soci rilevanti come Kkr, Cdp, Vivendi e Macquarie, oltre agli altri azionisti minori già presenti oggi in Tim, e con Poste Italiane, neo azionista. Il gruppo guidato da Matteo Del Fante cercherà ritagliarsi un ruolo importante non tanto per la quota posseduta ma perché, con Cdp, rafforzerebbe la presenza italiana. Al momento garantita soprattutto dalla Golden Power che il governo può esercitare in quanto l’asset tlc è di rilevanza strategica per l’interesse nazionale. L’altra società, ServiceCO, procederà ad altri accordi per valorizzare asset e competenze. Terminato tutto il processo finanziario, il valore totale degli attuali asset di Tim sarà fortemente rivalutato permettendo maggiori soddisfazioni economiche a vecchi e nuovi azionisti della società. E soprattutto partendo da questa base potrebbe essere pronta in 4/5 anni una rete digitale italiana ultraveloce e capillare che permetterà a cittadini e imprese di accedere a servizi essenziali.