Non un partito di Mario Draghi, ma i partiti per Draghi. Dalla sinistra del Pd fino a buona parte della Lega, con Giancarlo Giorgetti capofila, il disegno è quello di lasciare le cose come sono. Anche nel 2023. Con la sola esclusione del Movimento 5 stelle, della sinistra più radicale e di Fratelli d’Italia. Lo scopo è quello di far restare l’ex capo della Bce sulla tolda di comando di Palazzo Chigi anche per la prossima legislatura. Certo, l’intreccio è complicato, visto che in ballo c’è l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E qualcuno vede proprio l’attuale presidente del Consiglio come possibile erede di Sergio Mattarella al Quirinale. Ma tra leader e parlamentari, i ragionamenti stanno prendendo un’altra forma: consentire la fine ordinata della legislatura, senza scossoni, e fare in modo che Draghi resti a Palazzo Chigi a lungo. Varie fonti, interpellate da Tag43, confermano: «Il confronto c’è. Lontano dai riflettori, la prospettiva è oggetto di discussione».
Draghi a Palazzo Chigi mette d’accordo Pd e Italia viva
Nel Pd l’ipotesi è valutata in maniera indolore dalle principali correnti, dalla sinistra che fa riferimento a Matteo Orfini per arrivare agli ex renziani, la corrente Base riformista, guidata dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, e da Luca Lotti. «Meglio Draghi che fare campagna elettorale per Conte», è il senso del ragionamento che mette insieme le diverse anime e che sta facendo breccia anche tra gli uomini più vicini al segretario, Enrico Letta, e al ministro della Cultura, Dario Franceschini. L’effetto stabilizzatore di Draghi potrebbe puntellare anche la leadership tra i dem. Quasi superfluo dire, poi, che Italia viva è pronta a fare festa per una eventuale permanenza dell’attuale premier a Palazzo Chigi. «Draghi ha un profilo tale da poter fare quello che vuole. Ma attenzione: la sua eventuale candidatura al Quirinale potrebbe essere la buccia di banana di una carriera specchiata», spiegano i renziani. Una conferma che lo preferiscono alla presidenza del Consiglio, possibilmente ancora per molti anni, invece che al Colle. E, se proprio non si trovasse l’incastro nel 2023, c’è la presidenza della Commissione europea a disposizione dal 2024.
Super Mario nei panni del federatore
Il punto è però questo: quale formula può essere utile per consentire a Super Mario di non traslocare dalla presidenza del Consiglio? Fonti dem e di Forza Italia propongono una soluzione comune: modificare della legge elettorale, in senso ampiamente proporzionale, in modo da rendere necessario il ricorso a una figura di federatore. E chi meglio di Draghi che ha già sperimentato il ruolo? Una strategia “tecnica” per un risultato politico. Al momento, comunque, non bisogna dare per scontate le cose. La prospettiva ingolosisce, eccome, Confindustria, che si spinge oltre: in un articolo su The Italian Times, firmato da Alfonso dell’Erario (profondo conoscitore dei movimenti in seno al sindacato degli imprenditori), viene teorizzata la nascita di un movimento a sostegno di Draghi, senza che Draghi scenda direttamente in campo. Un segnale forte e chiaro, magari per provare a unire un po’ di partiti moderati e liberali. Il sogno? Creare un polo attrattivo da mettere sul tavolo delle elezioni. E “imporre” Draghi a suon di voti.

L’incognita Salvini e la moral suasion di Giorgetti
Sono voci credibili, ipotesi che mettono in moto energia. Intanto, in Forza Italia l’obiettivo è quello di portare avanti il progetto di governo, andando oltre le spaccature interne che vedono i ministri Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, su posizioni più tendenti alla creazione di un Grande centro, insieme a renziani e Azione di Carlo Calenda. I berlusconiani doc, invece, stringono ancora la bandiera degli azzurri. Ma tutte le anime forziste giurano fedeltà all’attuale premier: chi perché è nella squadra di governo e chi per l’apprezzamento della visione politica. «Draghi è l’espressione politica perfetta per il nostro elettorato, molto più dei nostri “vicini di centrodestra”», spiegano fonti qualificate a Tag43. E c’è una rivendicazione di parte: «Berlusconi lo ha sempre stimato e spinto per la Banca centrale europea». Parlando di centrodestra, la grande incognita resta il profilo di Matteo Salvini. Nella Lega si muove la convinzione, sotto la spinta di Giorgetti, che Draghi sia lo sbocco per rendere l’Italia sempre più punto di riferimento in Europa. Salvini ha difficoltà di posizionamento nella coalizione che regge il governo. Ma, come osservano più esponenti del centrodestra, il leader leghista «ha una buona intesa con Draghi, nonostante le differenza caratteriali e anche politiche». Certamente la moral suasion di Giorgetti produce i suoi effetti in questa direzione.

Chi spinge per Draghi al Quirinale
Tutti insieme appassionatamente, dunque? Non proprio. Fratelli d’Italia valuterebbe l’ipotesi di votare Draghi per il Quirinale, paradossalmente, per liberarsene. L’inner circle di Giorgia Meloni, in ogni caso, esclude di aggregarsi con gli altri partiti intorno alla figura dell’ex banchiere in una maggioranza simile a quella attuale. Sull’altra sponda c’è il Movimento 5 stelle, che sotto la guida di Giuseppe Conte è sempre più lontano dal premier in carica. «Draghi è funzionale a questa fase per portarci fuori dalla pandemia e a fine legislatura», è la posizione alquanto condivisa. Dopo? «Si torna alla normalità». Un ragionamento che non convince molto i fedelissimi di Luigi Di Maio, affascinati dalla leadership di Draghi. Per una volta, però, il ministro degli Esteri si trova in minoranza nel suo partito. Così come minoranza è quella della sinistra rappresentata da Articolo Uno. Tra i bersaniani e il premier non è mai scoccata la scintilla. Difficile pensare che srotoleranno tappeti rossi per confermare il presidente del Consiglio. Ma, come sempre, dipende dai voti. Anche da quelli che saranno portati in dote a Draghi per farlo restare a Palazzo Chigi.