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La rivoluzione dei Garofoli

Draghi aspetterà i ballottaggi delle amministrative, poi procederà a una profonda riorganizzazione dell’esecutivo. Tra coloro che rischiano, il sottosegretario suggerito da Letta. Ma occhio all’amico Giavazzi e ai ministri Giovannini, Colao e Cingolani.

24 Settembre 2021 16:4824 Settembre 2021 17:00 Redazione
Il presidente del Consiglio Draghi aspetta le elezioni, poi rivedrà la squadra di Governo: a rischio Giovannini, Colao e Cingolani

Da Dagospia

Li ha lasciati strepitare e azzuffarsi come bimbi nell’atrio della scuola. Ma dopo il 18 ottobre, giorno dei ballottaggi delle elezioni amministrative, termina il teatrino della politica politicante e si cambia musica. Draghi metterà in riga partiti, leader, ministri e squadra di Palazzo Chigi: un check-up generale al Sistema, per ripartire con una più decisa azione di governo. Fino a quel giorno, SuperMario farà le sue riflessioni e, tirate le somme, stilerà le sue pagelle. Ci sono dicasteri decisivi che viaggiano a mezzo servizio, la struttura di Palazzo Chigi che si è ingolfata, i leader della maggioranza troppo ambigui nelle loro posizioni sui temi chiave.

I primi interventi saranno dentro casa, nelle stanze ovattate di Palazzo Chigi. Draghi aveva già chiesto ai suoi collaboratori di evitare l’esposizione sui media: parlare poco, fare tanto. La linea era chiara: prima si fa, poi si comunica. Ma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli (scelto su input di Enrico Letta), sembra soffrire di una forma acuta di autonomismo, direttamente proporzionale alla sua ego-latria: fa sempre come gli pare. Ultimo esempio, la pagina di dialogo con Claudio Cerasa apparsa sul Foglio, che Draghi non ha gradito (eufemismo).

Draghi, i dubbi sull’operato di Funiciello e Giavazzi

Anche le performance del capo staff Antonio Funiciello (scelto su input di Gentiloni) e quello dell’amico e consigliere Francesco Giavazzi non convincono pienamente. Sono diventati due operatori di call center: filtrano le telefonate dei questuanti in cerca di carriera. Una promozione qua, un posticino di là, autocandidature proprie o per conto terzi: un grande ingorgo di lavoro che porta via tempo e non produce nulla. Quello che è certo è che il professor Giavazzi è più efficace da editorialista del Corriere che come deus ex machina del potere. Nel governo la situazione è più delicata. Per quanto discutibili, i ministri politici non si possono toccare: ne verrebbero intaccati i già traballanti equilibri di maggioranza. Ma a Mariopio frega poco: sotto scrutinio sono finiti i ministri tecnici, perché hanno in dote dicasteri pesanti che dovranno gestire i fondi miliardari del PNRR.

Primo della lista, il ministro ridens Enrico Giovannini. La performance delle Infrastrutture è giudicata disastrosa. Vedi il caso Anas (sotto il controllo di Giovannini ci sono anche le Ferrovie). Nel giudizio su di lui pesa infatti la difficoltà a trovare un nome decente per il posto di amministratore delegato di Anas: dalla scadenza dei vecchi vertici, ad aprile 2021, sono passati quasi 5 mesi. Senza contare il papocchio della candidatura (poi affossata) di Ugo De Carolis, uomo di fiducia dei Benetton, avanzata da Giovannini e dal Tesoro.

Il presidente del Consiglio Draghi aspetta le elezioni, poi rivedrà la squadra di Governo: a rischio Giovannini, Colao e Cingolani
Enrico Giovannini (Getty)

Vittorio Colao, troppi annunci e pochi fatti sul cloud nazionale

Secondo della lista, il malmostoso Vittorio Colao. Avete capito qualcosa sul cloud nazionale? Nemmeno Draghi. Solo roboanti annunci («E’ una casa moderna per i dati degli italiani. Si tratta di un risultato bilanciato, orientato a garantire al tempo stesso sicurezza e nuove tecnologie»), ma il bando deve essere ancora pubblicato. L’aggiudicazione della gara e la realizzazione del Psn è prevista, salvo imprevisti, entro il 2022 mentre il completamento della migrazione è previsto entro il 2025. Campa cavallo. Si tratta di progetti lunghi, ovviamente. I cui effetti si vedranno nel tempo. Ma allora perché non evitare proclami fuori misura?

Terzo della lista, il ciaccolante Roberto Cingolani. La transizione ecologica, questa sconosciuta. Nessuno sa in cosa consista né quando dovrà realizzarsi. Eppure il fisico fatto ministro per opera e virtù di Beppe Grillo non manca di pontificare, un giorno sì e l’altro pure, dalle pagine dei giornali. Spiega, obietta, predica, attacca gli ambientalisti radical chic e ammonisce: «C’è una transizione sociale che deve andare di pari passo con quella ecologica». Alla faccia dell’ecologia, ha addirittura aperto alla possibilità di considerare la tecnologia nucleare. Emissioni verbali in grande quantità, ma quando si quaglia?

Il presidente del Consiglio Draghi aspetta le elezioni, poi rivedrà la squadra di Governo: a rischio Giovannini, Colao e Cingolani
Roberto Cingolani (Getty)

Per Draghi i ministeri devono funzionare come un orologio svizzero

Draghi ha un’idea precisa per l’azione di governo che verrà: i ministri devono funzionare come un orologio svizzero. I partiti, che hanno potuto strepitare finora per dopare la loro campagna elettorale, dovranno adeguarsi. La ripartenza del Paese è solo agli inizi, il Piano nazionale di ripresa e resilienza va ancora messo a terra e l’Europa ci guarda, ansiosa di capire come spenderemo i 209 miliardi che arriveranno da Bruxelles.

E’ necessario galoppare anche per fare in modo che i soldi arrivino davvero: è stato centrato soltanto il 30 per cento delle riforme e il 21 per cento degli investimenti programmati. Entro il prossimo 31 dicembre l’Italia dovrà raggiungere 51 obiettivi tra riforme e investimenti altrimenti la prossima tranche di fondi è a rischio. Avviso ai navigati: dopo il ballottaggio, inizia il ballo…

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