Quel che è accaduto a Mario Monti e poi a Giuseppe Conte pare stia per accadere anche a SuperMario Draghi: innamorarsi di Palazzo Chigi. La presidenza del Consiglio, si sa, è così: affascina, ammalia, seduce. Tanto da far escogitare i modi per restarci. Lo ha vissuto il tecnocrate che veniva da Bruxelles come l’avvocato del popolo da Volturara Appula.
Draghi la spunterebbe su Conte e Letta
La voce rimbalza da fonti parlamentari a quella di ambienti ministeriali, che conoscono bene certe dinamiche di potere: “Draghi ha una tentazione sinistra”. Nel senso che non gli dispiacerebbe mettersi alla guida di una coalizione con centrosinistra, Movimento 5 Stelle più un’area moderata, da Matteo Renzi a Carlo Calenda, che riuscirebbe ad attrarre senza troppi problemi. “Tra quei due, Conte e Letta, chi farebbe il leader? In questo spazio si può insinuare il terzo incomodo, il Papa straniero, l’uomo a cui non si può dire di no”, spiega a Tag43.it un parlamentare con buoni uffici nella burocrazia ministeriale.

Si raffreddano le ambizioni quirinalizie
Una tentazione che, inevitabilmente, allontana le ambizioni quirinalizie. Quella voce che, insistentemente, indica Draghi come principale favorito per una serie di ragioni. Su tutte: dal Colle potrebbe vigilare sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il famoso Pnrr. Ma anche, più prosaicamente, il trasloco del professore al Quirinale è sponsorizzato da Matteo Salvini. Il segretario della Lega ha un chiodo fisso: nel 2022 vuole coronare il sogno di tornare alle elezioni. Ammesso che nel suo partito siano d’accordo. È significativo che un suo fedelissimo, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, abbia auspicato di volersi posizionare il prima possibile su fronti opposti rispetto a 5 stelle e Pd. Va detto però che la strada che porta Draghi al Colle potrebbe complicarsi come la scalata di un ostico Gran premio della montagna. “Anche perché la situazione sociale rischia di esplodere e Draghi dovrà affrontare le proteste e il disagio. Improbabile che poi trovi rifugio al Quirinale”, è un altro ragionamento che circola tra i corridoi del parlamento.

Il Pd tifa per una coalizione Ursula
Del resto, si fa notare, “il discorso di Draghi in parlamento sul Pnrr non è stato quello di chi lascia l’incarico a Palazzo Chigi da qui a un anno. Lo sguardo, anzi, sembra gettarsi oltre la scadenza naturale della legislatura del 2023”, si sussurra in ambienti grillini. Del resto non è più tanto un mistero che la maggioranza del Partito democratico faccia il tifo per la fuoriuscita della Lega dalla maggioranza, così da arrivare a quella “coalizione Ursula”, che sembra cucita addosso a Draghi: centrosinistra con 5 Stelle e forze moderate, Forza Italia compresa. Il segretario dem, Enrico Letta, dopo l’astensione della Lega in Cdm sulla questione coprifuoco, è stato perentorio: “Salvini decida cosa fare”. Più in generale, non è passata inosservata nemmeno la solida difesa di Draghi nei confronti di Roberto Speranza. Il presidente del Consiglio avrebbe potuto sacrificarlo, anche perché il ministro della Salute rappresenta una piccola forza politica. Tuttavia, LeU è un pezzo fondamentale della nascitura alleanza immaginata da Letta fin da quando ha assunto la guida del Pd.

Avanti finché la maggioranza regge
Certo, la tentazione di Draghi riguarda il futuro, è un qualcosa in divenire. Quindi la linea ufficiale dell’ex presidente della Bce non si sposta di una virgola: “È concentrato sulle emergenze del Paese”. Ed è anche vero: c’è da affrontare la questione-riaperture e arginare la crisi economica e sociale portando avanti, finché regge, la maggioranza “senza formule politiche”, così come chiesto dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Quindi Draghi, uomo che sa comunicare anche con i silenzi, non si concederà fughe in avanti rispetto al proprio futuro politico. Attenderà, come sempre, il momento propizio.