Questa volta non riuscirà a tornare “Great Again”, come prometteva di farlo con l’America. Donald Trump ci vuole riprovare, l’ha annunciato ufficialmente, ma difficilmente la sua terza candidatura presidenziale consecutiva potrà andare a buon fine nel 2024, in quello che è un tentativo estremamente raro da parte di un ex leader di riconquistare la Casa Bianca dopo aver perso le elezioni. Nel suo discorso di (ri)discesa in campo, il tycoon ha ovviamente pestato forte sui suoi cavalli di battaglia, immigrazione e criminalità, attaccando questi due anni – secondo lui disastrosi – di amministrazione Biden. Trump può contare su una base di fedeli sostenitori ed è capace di motivare gli americani che solitamente non vanno a votare. La sua rete politica è ancora solida, visto che molti dei suoi più accaniti sostenitori oggi ricoprono posizioni di autorità all’interno del Partito repubblicano. E allora cosa può andare storto?

Qualche avvisaglia c’è già stata alle elezioni di Midterm 2022, e ora la Bbc stronca ogni sua residua possibilità di tornare al potere. Perché i punti deboli sono ben visibili: The Donald nel suo discorso ha sorvolato sulle difficoltà e sui passi falsi emersi durante la pandemia di Covid e ha totalmente ignorato i suoi mesi di negazionismo rispetto al risultato elettorale che l’ha visto sconfitto, culminati nell’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio da parte di una folla di suoi invasati supporter. Ha tentato di difendere la tiepida prestazione dei repubblicani al voto di metà mandato, ma molti dei candidati che ha appoggiato sono andati male. Ha affermato che il suo compito non è quello di un “candidato convenzionale”, ma di un portavoce di un movimento di milioni di persone: la sua gente e la sua campagna. Se ce la fece sei anni fa, c’è più di un motivo per credere che gli ostacoli stavolta saranno insormontabili. Ecco perché.
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1. I flop precedenti: non ha più una verginità politica
Nel 2016 Trump era una “tabula rasa” dal punto di vista politico. Zero precedenti a livello amministrativo, gli elettori potevano proiettare su di lui le loro speranze e i loro desideri. E lui ha avuto gioco facile nello sparare le promesse più esose senza che i critici potessero replicare sottolineando carenze e fallimenti del passato. Adesso non è più così. Sebbene Trump abbia ottenuto alcuni notevoli risultati durante i suoi quattro anni in carica, tra cui il taglio delle tasse e la riforma della giustizia penale, ha fatto anche flop. Gli elettori repubblicani ricorderanno la sua incapacità di abrogare le riforme sanitarie democratiche e le sue ripetute promesse di investimenti infrastrutturali che non si sono mai concretizzate. E poi c’è la controversa gestione della pandemia di coronavirus, che gli ha portato una valanga di critiche, sia da sinistra – che lo accusa di non essere stato abbastanza aggressivo nella contrasto e contenimento del contagio – sia da destra – che invece gli contesta di aver ceduto fin troppo alle restrizioni.

2. L’ombra del 6 gennaio: gli elettori non dimenticano quell’aggressione
Trump, se ci riesce, dovrà anche provare a difendere il modo in cui ha gestito la fine della sua presidenza e il suo ruolo nell’aggressione armata al Congresso. Le immagini di quel giorno, con i sostenitori che sventolavano striscioni pro Trump in mezzo ai gas lacrimogeni mentre saccheggiavano il Campidoglio e interrompevano temporaneamente il passaggio pacifico di consegne tra un’amministrazione e l’altra non saranno dimenticate facilmente. Le elezioni di medio termine hanno già dimostrato che ciò che è accaduto quel giorno – e le parole e le azioni di Trump nelle settimane precedenti – potrebbero ancora influenzare il comportamento degli elettori. Molti candidati repubblicani che hanno sostenuto il rifiuto di Trump di accettare i risultati delle elezioni del 2020, alle Midterm hanno perso. Molti altri che erano stati ambigui nel condannare quell’episodio hanno ottenuto meno consenso di quello che si aspettassero. Il conto per The Donald potrebbe non essere finito.

3. Grattacapi legali: una marea di inchieste e il rischio del carcere
Uno dei motivi per cui Trump sembra così smanioso di lanciarsi in un’altra candidatura è perché gli consentirebbe di etichettare in modo ancora più efficace le indagini penali e civili contro di lui come parte di una vendetta politica. Una sindrome da accerchiamento e di giustizia a orologeria che anche in Italia conosciamo bene, grazie a Silvio Berlusconi. L’ex presidente si sta attualmente difendendo da un’inchiesta penale per manomissione elettorale in Georgia, un caso di frode civile che vede coinvolto il suo impero commerciale a New York, una causa per diffamazione che comprende un’accusa di violenza sessuale e indagini federali sul suo ruolo nell’attacco al Campidoglio e sulla sua gestione dopo aver lasciato la Casa Bianca di documenti classificati. Ognuna di queste inchieste potrebbe portare a processi in piena regola che dominerebbero i titoli dei giornali e almeno temporaneamente farebbero deragliare i piani della campagna elettorale di Trump. Nel migliore dei casi per lui sarebbe solo una costosa distrazione, da sfruttare in chiave vittimistica per fini elettorali. Ma lo scenario peggiore è che possa incappare in pesanti sanzioni finanziarie o addirittura nel carcere.

4. Stavolta c’è un avversario più duro: Ron DeSantis
Quando iniziò la sua scalata del partito nel 2015, Trump dovette affrontare il governatore della Florida considerato il favorito. Ma Jeb Bush si dimostrò in realtà un rivale di pasta frolla. Non era allineato con la base repubblicana sulla politica dell’immigrazione e dell’istruzione. E il cognome Bush non aveva dietro di sé il potere di una volta. Se Donald vuole la nomina nel 2024, potrebbe dover passare ancora una volta sopra un governatore della Florida. A differenza di Bush, però, Ron DeSantis ha appena ottenuto una schiacciante vittoria che gli ha garantito la rielezione. Anche se deve ancora essere messo alla prova sulla ribalta nazionale, la sua stella politica è di certo in ascesa, e se dovesse ufficialmente candidarsi sarebbero guai per Trump.

5. Problemi di popolarità: nei sondaggi arranca e la sua credibilità è in picchiata
I sondaggi poi non sono clementi. Trump è dato dietro proprio a Ron DeSantis, secondo le intenzioni di voto raccolte tra gli elettori repubblicani di Iowa e New Hampshire. DeSantis è anche in testa di 26 punti in Florida e di 20 in Georgia, che ha un ballottaggio al Senato a dicembre. In tutti questi Stati, i numeri di Trump sono ben al di sotto dei sondaggi passati. Secondo gli exit poll delle elezioni di medio termine appena concluse, il tycoon non è molto popolare nemmeno negli Stati chiave che avrebbe bisogno di vincere per assicurarsi la presidenza. Nel New Hampshire solo il 30 per cento degli elettori ha dichiarato di volere che Trump si candidi nuovamente alla presidenza. In Florida quel numero è salito solo fino al 33 per cento. C’è da dire che nel 2015 Trump riuscì comunque a superare le opinioni nettamente negative sulla sua candidatura. Ma dopo quasi otto anni è molto meno probabile che riesca a rifarsi una verginità.

6. Lo scorrere inesorabile del tempo: che lucidità potrà avere a 78 anni?
Se vincesse, Trump avrebbe 78 anni quando sarà chiamato a prestare giuramento. E sebbene è la stessa età di Joe Biden quando si è trasferito alla Casa Bianca, lo renderebbe il secondo presidente più anziano nella storia degli Stati Uniti. Il tempo rappresenta un fardello diverso a seconda delle persone, ma i suoi segni sul corpo e sulla mente sono inevitabili. Non c’è alcuna garanzia che Trump possa resistere alla rigorosa campagna elettorale richiesta per vincere la nomination repubblicana, in particolare quella in cui probabilmente dovrà confrontarsi con candidati molto più giovani. Anche anagraficamente, e non solo dal punto di vista politico, ha fatto il suo tempo.