Se la storia di Steve Jobs e di Apple è ormai leggenda conosciuta ovunque, quella di Arkadiy Dobkin e di Epam è ancora in gran parte da raccontare, soprattutto per il basso profilo mediatico che l’ingegnere bielorusso oggi 62enne ha sempre tenuto. Poche luci della ribalta e molta concretezza per uno dei pionieri del software partito da una cantina di un palazzone di Minsk e arrivato ai piani alti dell’industria informatica mondiale. Dobkin è il numero uno di Epam Systems, leader globale nello sviluppo di prodotti, di piattaforme e nel design digitali, che opera in oltre 50 Paesi in sei continenti, con oltre 60 mila dipendenti e un fatturato più di 3,7 miliardi di dollari nel 2021. Soprattutto è il guru dell’IT per tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa dell’Est ed è stato determinante nella formazione dei talenti del software che dalle vecchie repubbliche dell’Urss e dai suoi stati satelliti si sono poi progressivamente riversati sul mercato internazionale.
Con l’invasione di Putin, Epam ha chiuso i rapporti con Mosca
Non è un caso che il nome Dobkin sia divenuto più popolare negli scorsi mesi, proprio a causa dei suoi stretti rapporti con l’area ex sovietica, dalla Bielorussia alla Russia passando ovviamente per l’Ucraina. L’invasione ordinata da Vladimir Putin ormai quasi un anno fa non è stata indolore per Epam, che ha comunque chiuso tutti i rapporti con Mosca e dovuto rivedere quelli con Kyiv, anche solo per questioni di sicurezza e manodopera, per così dire, visto che l’azienda con sede a Newtown in Pennsylvania aveva prima dell’inizio del conflitto circa 14 mila persone impiegate proprio in Ucraina. Fino al 2020 anche la Bielorussia era uno dei centri principali di reclutamento per Dobkin, poi la repressione di Alexander Lukashenko contro le proteste dopo le elezioni truccate lo ha costretto a cambiare strategia. Tanto più che i geni dell’informatica sono partiti prima da Minsk come poi da Mosca per raggiungere lidi più tranquilli, dalla Georgia al Kazakistan.

Un’avventura cominciata nei primi Anni 90
Prima di fondare Epam nel 1993, Dobkin ha ricoperto posizioni di rilievo anche per Sap, la società tedesca fondata da Hasso Platter, e altri colossi internazionali come Prudential Insurance e Colgate-Palmolive. In precedenza aveva lavorato come ingegnere del software per una grande azienda del settore pubblico e poi ha fondato la sua prima società di software privata a Minsk. Da qui è partito negli Anni 90 in direzione degli States, senza sapere che poche parole d’inglese, ma con in valigia grandi e chiare idee. La sua vicenda privata l’ha raccontata recentemente al settimanale tedesco Der Spiegel, a partire proprio dall’arrivo nel 1991 negli Usa accompagnato da sua figlia che allora aveva sette anni e dal primo lavoro per una pizzeria. Poi è arrivato tutto il resto, sull’onda di un piano rivolto dall’inizio a sfruttare i serbatoi di cervelli nell’ex Urss.

Il fondo da 100 milioni di dollari per sostenere i dipendenti ucraini
«Sono un cittadino americano, ma sono cresciuto in Bielorussia, è la mia patria e la amo», ha detto a Der Spiegel. Una dichiarazione d’amore che non ha nulla a che vedere con Lukashenko: Arkadiy Dobkin entra ed esce dai palazzi della politica da Washington ad Astana, ma non è il tipo che lascia commenti eclatanti sui chi regge le sorti dei rispettivi Paesi. Sa fare il suo lavoro. Nonostante la guerra Epam è in espansione e ha istituito un fondo di oltre 100 milioni di dollari per aiutare i lavoratori e loro famiglie in Ucraina. La società è diventata una sorta di modello, nominata da Newsweek Most Loved Workplace nel 2021, citata tra le prime 15 aziende nei servizi di tecnologia dell’informazione su Fortune e classificata come la migliore azienda di servizi IT nell’elenco delle 100 aziende in più rapida crescita. Dobkin si è sempre tenuto lontano dai riflettori e non ha mai seguito la strada di altri self made men postsovietici che sono rimasti troppo invischiati un po’ ovunque nei meandri della politica. A Minsk sarebbe un oligarca, a Newtown è solo il Ceo di Epam.
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