L’assegno di divorzio resta attivo anche in caso di nuova convivenza. A deciderlo sono state le sezioni unite della Cassazione con la sentenza numero 32198 pubblicata oggi, a risoluzione di un contrasto. Una decisione che è destinata a fare la storia e che quindi porta al mantenimento della misura in favore del coniuge economicamente più debole, anche se quest’ultimo dovesse avviare un nuovo partner. L’ex coniuge non può più pretendere però la componente assistenziale dell’assegno. Ciò che resta, invece, è il diritto alla liquidazione di un compenso che sarà quantificato in base ad alcuni parametri, come la durata del matrimonio, l’apporto dato sul patrimonio familiare e la perdita eventuale di chance professionali.
Assegno di divorzio: i parametri di quantificazione e le modalità di erogazione
«Le Sezioni Unite affermano che l’ex coniuge, in virtù del suo nuovo progetto di vita e del principio di autoresponsabilità, non può continuare a pretendere la corresponsione della componente assistenziale dell’assegno». Questo è quanto si legge in una nota diffusa dalla Cassazione, in cui si spiega la decisione. Tuttavia, continua il documento, «non perde il diritto alla liquidazione della componente compensativa dell’assegno, che verrà quantificata tenendo anche in conto la durata del matrimonio, purché provi il suo apporto alla realizzazione del patrimonio familiare, o del patrimonio personale dell’ex coniuge, nonché le eventuali rinunce concordate ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio». La Corte inoltre si è espressa sulle modalità di erogazione. La modalità più idonea sarebbe «l’erogazione di esso per un periodo circoscritto di tempo» ma prevede anche l’eventuale capitalizzazione, purché ci sia accordo tra le parti. Per questo le Sezioni Unite sottolineano «l’importanza dell’attività propositiva e collaborativa del giudice, degli avvocati e dei mediatori familiari per raggiungere la soluzione più rispondente agli interessi delle persone».