Diga Foranea di Genova, i dubbi su un’opera troppo costosa

Sara Tagliente
16/07/2022

La Diga Foranea di Genova è uno dei progetti strategici del Pnrr, l'infrastruttura marittima più cara mai finanziata in Italia. Forse troppo. E infatti la gara di luglio è andata deserta. Nessuno si fida della spesa prevista: 950 milioni di euro, termine lavori dicembre 2026. Si stimano almeno 15-20 anni di tempo e altri 380 milioni da aggiungere. Il punto.

Diga Foranea di Genova, i dubbi su un’opera troppo costosa

Sarà una “cintura” imponente, cambierà lo sguardo sulla città, se è vero, come diceva Ivano Fossati, che «chi guarda Genova, sappia che Genova, si guarda solo dal mare». Non si sa se una grande opera sia capace di ispirare canzoni o poesie ma quel che è certo è che l’apertura delle buste il primo luglio 2022 per la gara d’aggiudicazione per la costruzione della nuova Diga Foranea di Genova, l’opera marittima più costosa mai finanziata in Italia, una delle 10 definite strategiche del Pnrr, il Piano nazionale ripresa resilienza, è andata deserta.

Diga Foranea di Genova, i dubbi su un'opera troppo costosa
Il progetto della diga.

I nuovi “giganti” del mare hanno bisogno di spazio e margine di manovra

Perché al porto di Genova occorre una nuova diga? Perché i nuovi “giganti” del mare hanno bisogno di spazio e margine di manovra per poter movimentare sul capoluogo ligure; al momento il porto soffre del cosiddetto “nanismo” portuale, una combinazione di più fattori: spazi minimi ricavati dal mare, monti alle spalle con difficoltà di attraversamento sia stradale che ferroviario e nessun reale spazio logistico limitrofo. Ma c’è chi aveva individuato i “gap” del progetto. Piero Silva, ingegnere marittimo e portuale di lungo corso, ex direttore tecnico del progetto nel team del Rina (Registro italiano navale), si era dimesso dall’incarico a marzo presentando un documento di 32 pagine nelle quali spiegava perché l’opera non poteva avere costi e i tempi prefissati (950 milioni di euro, termine lavori dicembre 2026). In quei mesi era l’unico ad aver sollevato dubbi e criticità definendo il progetto «un’opera faraonica fuori da ogni standard». Alle sue critiche si sono aggiunti altri due esperti, William Allsop, professore di opere marittime all’Università di Edimburgo, e Luigi Albert, presidente di Soip esperto geotecnico, con due relazioni che bocciano l’opera definendo indispensabile una revisione.

Diga Foranea di Genova, i dubbi su un'opera troppo costosa
Pietro Silva.

Il fondale così argilloso non è adatto a quell’opera

Ma quali sono le criticità del progetto della Diga Foranea così come presentato? Dice proprio Silva a Tag43: «La prima è che il layout dell’opera è squilibrato, perché l’orientamento tra diga e canale non è parallelo e quindi le navi saranno costrette a manovre macchinose, e soprattutto viene negato l’obbiettivo su cui si basa l’opera, cioè eliminare il vincolo delle dimensioni attuali insufficienti all’accesso delle grandi navi. Da qui alla seconda ragione che rende quest’opera azzoppata: servirebbe solo Calata Bettolo a discapito dei terminal crociere e di Calata Sanità, dove arrivano comunque navi di grandi dimensioni». Infine, l’aspetto del suolo è il punto peggiore: «Non tutti sanno che in quelle zone il fondale è composto da uno strato argilloso di uno spessore di più dieci metri; detto in parole semplici, è un fondale molle su cui non c’è possibilità di consolidamento. C’è il rischio che alla prima mareggiata, la diga collassi. Tanto per capirci, su questo modello non esiste al mondo una diga come quella di Genova, costruita a 50 metri di profondità, così come nel progetto: il massimo su quel fondale molle è a meno 27 in Grecia. Senza paura di sbagliarmi, posso dire che un’opera faraonica di questo genere richiede da 15 a 20 anni di lavori, altro che 2026. Gli aumenti dei costi sono evidenti, saranno almeno il doppio di quelli annunciati».

Diga Foranea di Genova, i dubbi su un'opera troppo costosa
Il progetto della diga. (da fivedabliu.it)

Gli extra costi dovuti alle materie prime hanno spaventato le aziende?

Dopo la gara pubblica del primo luglio, Paolo Emilio Signorini, presidente autorità di sistema Mar Ligure occidentale e Commissario straordinario per l’opera, ha dichiarato alla stampa che l’intenzione è quella di stralciare il primo lotto dell’opera e procedere a negoziazione. In questi giorni proseguono intensamente i contatti con i gruppi che avevano manifestato interesse alla gara, ma che poi non hanno inviato offerta. Secondo il commissario, sarebbero gli extra costi dovuti agli aumenti delle materie prime a “spaventare” le imprese, cosa che peraltro avevano detto anche pubblicamente i costruttori di Ance. Per risolvere la questione rincari, la soluzione è stata ipotizzata nell’individuare una percentuale di provvista su eventuali rincari già in fase di aggiudicazione, in modo da rassicurare le imprese e procedere.

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Roberto Traversi del M5s.

Secondo il M5s servono almeno altri 380 milioni

Un punto ripreso da Roberto Traversi, deputato ligure del M5s che sugli extra costi attacca: «I rincari delle materie prime c’entrano fino a un certo punto. Una modesta revisione dei prezzi o una negoziazione contrattuale non riuscirà a risolvere la situazione, perché si tratta di una sottostima degli importi così evidente che si può risolvere solo stanziando ulteriori 380 milioni. Il porto è un bene pubblico, quindi prevede investimenti pubblici, ma questo intervento alla fine provocherà una miglioria evidente per le banchine, sulle quali fatturano importanti somme pochi operatori. Alla luce di questo sarebbe auspicabile che gli stessi operatori partecipassero a parte di questi costi. Vista anche la finalità dell’intervento, che non viene eseguito solo per la sicurezza, ma per permettere l’arrivo di navi sempre più grandi, sarebbe auspicabile ragionare diversamente, perché in diversi porti sta avvenendo la stessa identica cosa».

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Il progetto del Bruco.

L’idea del Bruco: un tunnel merci elettrificato

Ma non è solo la diga a essere decisiva per il porto di Genova. Il tema si inquadra entro la più ampia complessità delle economie di scala del trasporto marittimo, di cui il gigantismo navale è un aspetto. C’è sempre più bisogno di spazi logistici vicino ai porti per minimizzare il trasporto tra i porto e la prima lavorazione. E mentre porti del Nord Europa sono ricavati in pianura con spazi illimitati e superiori ciascuno a 10 mila ettari, in Italia la Pianura Padana è priva di un porto di riferimento (Genova copre meno del 30% del mercato). In questa direzione proprio a Genova era nata l’idea del “Bruco”, una infrastruttura che mette in comunicazione il Mediterraneo a Novi Ligure attraverso un tunnel merci elettrificato; a essere sfruttata non è la Diga di Sampierdarena ma quella di Genova Prà (attualmente inutilizzata), allargandola e consentendo la canalizzazione delle merci che andrebbero a “far banchina” a Novi Ligure, che così diventerebbe un “porto secco”, senza implicare un ulteriore passaggio nella  catena logistica. Un progetto nato da un’idea di Bruno Musso, presidente del gruppo di logistica genovese Grendi diversi anni fa, che veniva salutato come “visionario” ma oggi assume concretezza agli occhi di politica e operatori economici. Non necessariamente un’alternativa alla diga foranea, ma una soluzione alle difficoltà logistiche che rendono il porto di Genova poco competitivo.

Un progetto che va a intaccare alcune rendite di posizione…

Fabiola Mascardi, business developer per il “Bruco”, spiega a Tag43: «È un progetto ad altissima tecnologia che abbiamo presentato in giro per il mondo e ha suscitato interesse. Tuttavia, in questo percorso, soprattutto in Italia, ci siamo accorti che trovava un’opposizione latente perché la sua efficienza intaccherebbe alcune rendite di posizione degli attuali operatori logistici; va detto, tuttavia, che alcune imprese interessate si sono già dette interessate e disponibili a iniziarne la costruzione e l’equipaggiamento  e che, in quadro Pnrr, nel 2026 potremmo aver pronto un serio progetto esecutivo da realizzare successivamente in Project Financing. Sarà un tunnel che non accumulerà smarino perché ciò che verrà scavato dalla montagna sarà incanalato per il riempimento della diga. Con la sua tecnologia il Bruco può muovere 7 milioni di teu (container da 20×12×8 piedi usato come unità di misura nei trasporti navali, ndr) all’anno, con un risparmio sull’attuale catena logistica di 3 miliardi l’anno».

La nota di Rina

RINA precisa che l’ing. Piero Silva ha, per breve tempo, svolto un’attività di consulenza tecnica per RINA Consulting nell’ambito del team incaricato del servizio di Project Management sul progetto della Nuova Diga Foranea del porto di Genova. L’ing. Silva non ha attualmente in corso contratti di consulenza, né è dipendente, né riveste o ha mai rivestito nella società RINA Consulting alcuna carica, tanto meno quelle di Direttore Tecnico o di “supervisore della Nuova Diga di Genova”. Nell’articolo pubblicato sono riportate opinioni che l’ing. Silva ha espresso in via esclusivamente personale, non avendo mai avuto, né avendo ora, alcun titolo per esprimere la posizione della Società in merito alla Nuova Diga Foranea o ad altre opere. RINA Consulting valuterà l’adozione di ogni iniziativa a propria tutela.