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Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell’Opera di Roma

Il Costanzi apre la stagione con i Dialogues des Carmélites di Poulenc. Una scelta coraggiosa, resa attuale dal clima di revanscismo culturale che si respira in questi tempi. E riuscita grazie al cast di primo livello e alla visione laica e ideologicamente depurata di Emma Dante. La recensione.

28 Novembre 2022 18:12 Cesare Galla
Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell'Opera di Roma

Teatro musicale conservativo, culturalmente e storicamente reazionario, esempio lampante del fatto che il suo autore, Francis Poulenc (1899-1963), «fin da giovane dei problemi della musica contemporanea se ne infischiava» (Massimo Mila). Anzi no: «Uno dei capolavori assoluti del Novecento» (Francesco Maria Colombo). La discussione intorno ai Dialogues des Carmélites (Teatro alla Scala, 26 gennaio 1957) raramente ha contemplato mezze misure. Quest’opera complessa e problematica è stata oggetto di riserve spesso sdegnose al suo debutto, in un’epoca in cui il “mainstream” della musica cosiddetta colta andava in direzioni molto diverse (e molto più radicali, quanto ai linguaggi) da quelle tranquillamente seguite dal compositore francese. E ha conosciuto esaltazioni polemiche, a loro volta ideologicamente connotate, una quarantina di anni più tardi, quando il lavoro ha conosciuto una rinnovata attenzione rappresentativa dopo una certa eclissi.

Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell'Opera di Roma
Caterina Antonacci nel ruolo di Madame de Corissy (Fabrizio Sansoni/Opera di Roma).

I Dialogues e l’attuale clima di revanscismo culturale

Sapidamente ricostruite da Daniele Spini per il programma di sala dei Dialogues che hanno inaugurato domenica la stagione del Teatro dell’Opera di Roma, queste vicende dovrebbero apparire datate, se non fosse che un certo clima di “revanscismo” culturale appare anche oggi evidente sulla scena nazionale e le fa quindi apparire di attualità. Da simili questioni, peraltro, il Costanzi appare esente, in questo caso: è chiaro che la scelta programmatica risale a prima delle elezioni che hanno portato al governo una destra decisa a rovesciare anche il presunto monopolio delle sinistre in questo campo. Rimane quindi la coraggiosa idea di aprire la prima stagione “regolare” dopo il Covid con un’opera degli Anni 50, discussa – oltre le questioni musicali in senso stretto – anche per la sua visione della religione e per la scelta di raccontare, dalla parte delle vittime, uno degli episodi più efferati della Rivoluzione francese, la morte per ghigliottina decretata nell’estate del 1794, al culmine del Terrore, nei confronti di 16 suore carmelitane del convento di Compiègne, poco lontano da Parigi.

I filtri letterari dell’opera: dal romanzo alla pièce teatrale

In realtà, la vicenda storica era stata filtrata – prima di arrivare a Poulenc – attraverso passaggi letterari multipli: un romanzo degli Anni 30 a firma della scrittrice tedesca Gertrud von Le Fort (che aveva creato la figura della protagonista in pura fiction e semmai secondo un certo autobiografismo psicologico) e soprattutto il “trattamento” a uso cinematografico scritto dopo la guerra da Georges Bernanos. Il film non era stato poi realizzato, ma i Dialogues erano diventati una pièce teatrale di enorme successo. L’opera in musica era quindi giunta alla fine di un percorso tipico della più grande tradizione melodrammatica. E a essa si era riferito Poulenc nella celebre dedica posta in testa alla partitura, che peraltro un po’ alla rinfusa affianca Monteverdi a Verdi e a Musorgskij, non senza rendere un omaggio un po’ di bandiera a Debussy.

Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell'Opera di Roma
Corinne Winters (Blanche) ed Ekaterina Gubanova (Marie) (Fabrizio Sansoni/Opera di Roma).

I limiti dello stile di Poulenc 

Cercare “tracce” o influssi musicali è stato fatto dagli specialisti e qui sarebbe esercizio inutile. Di fatto, lo stile musicale di Poulenc è basato su un eclettismo onnivoro e indubbiamente elegante, talvolta molto efficace, altre volte incapace di andare al cuore drammatico della vicenda. Non ha torto Mila: «La paura, che è il vero argomento in questa storia di monache militanti, nella musica non c’è». Il principale connotato di questo linguaggio consiste nella pervasiva adozione di un declamato che lungi dall’aderire alla poetica monteverdiana (la musica “serva” della parola) assomiglia semmai a una rivisitazione di quella di Musorgskij, anche se la tagliente efficace durezza dell’autore russo è il più delle volte una sorta di sinopia ed emerge invece la nostalgia del canto di conversazione tardo-ottocentesco. Che trova i suoi accenti più squisitamente francesi, alla Massenet, nella scena al centro del secondo atto in cui la protagonista, Soeur Blanche e il di lei fratello danno vita a quello che assomiglia moltissimo a un duetto di forte carattere lirico, anche se il suo tema è la riflessione se fuggire o meno dalla Rivoluzione.

Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell'Opera di Roma
Corinne Winters e Bodgan Volkov (Fabrizio Sansoni/Opera di Roma).

I Dialogues non sono né un capolavoro del Novecento ma nemmeno un reperto nato vecchio

E insomma, l’ascolto dell’opera ha chiarito – se è lecito dirlo – che Dialogues des Carmélites non è un capolavoro assoluto del Novecento (e per restare ai linguaggi extra-avanguardia basti pensare a Stravinskij e Britten, e a cosa andavano producendo per il teatro in quegli stessi Anni 50, oltre naturalmente al resto di una storia ben altrimenti gloriosa), ma nemmeno un reperto nato vecchio e sorpassato. E basterebbero a dimostrarlo le notevoli pagine orchestrali che trapuntano le scene dell’opera con una ricchezza strumentale e una forza espressiva di grande impatto. Come pure le preghiere latine (dall’Ave Maria all’Ave Verum Corpus e al Requiem) che scandiscono i passaggi verso il martirio delle suore, sedotte da una vocazione fanatica rispetto alla quale Soeur Blanche definisce la crisi che nasce dal dubbio, pur in una mente incapace di vivere il mondo e nel mondo, sopraffatta dalla paura. Il culmine – e la tragica conclusione – è nel Salve Regina intervallato dai realistici schianti della ghigliottina, fino alla realizzazione del cupio dissolvi della protagonista, che solo all’ultimo sceglie di unirsi alle consorelle. Preghiera introdotta e accompagnata da una pagina orchestrale in ostinato che è forse la più teatrale per straziante profondità psicologica.

La rivisitazione laica e ideologicamente depurata di Emma Dante

Al cospetto di una partitura e di una drammaturgia così multiformi, Emma Dante ha scelto la strada di una rivisitazione a suo modo laica, ideologicamente depurata, impaginando uno spettacolo severo ed essenziale, intenso e rarefatto, popolato di richiami all’immaginario della religiosità popolare (la cappella delle Carmelitane che diventa una cripta-ossario, oggetti conventuali di notevole eleganza). La drammaticità di queste religiose deriva – più che dalle loro scelte ideologiche e di fede – dal fatto che provengono da una vita normale e hanno quindi sempre vicini a sé i propri “doppi” nel secolo (sofisticato l’utilizzo di alcuni ritratti femminili nello stile di Jean-Louis David, inseriti in cornici semoventi), ma spesso indossano le armature di combattenti per la fede. Spettacolo di connotazione nobilmente emotiva, senza scialo di mezzi rappresentativi (scene di Carmine Maringola, costumi di Vanessa Sannino, luci di Cristian Zucaro). Non c’è multimedia, e non saremo noi a lagnarcene. C’è invece un utilizzo misurato e denso di significati, di mimi che danno vita ai movimenti coreografici di Sandro Campagna. Notevole la forza del finale: le 16 suore “occupano” le cornici che fino a quel momento le hanno accompagnate: ogni colpo di ghigliottina corrisponde al calare di una tela bianca.

Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell'Opera di Roma
Corinne Winters (Fabrizio Sansoni/Opera di Roma).

Un cast di alto livello, da Corinne Winters ad Anna Caterina Antonacci 

Alla prima inaugurazione nel ruolo di direttore musicale del Costanzi, Michele Mariotti ha realizzato un’esecuzione di apprezzabile efficacia stilistica e tensione emotiva, facendo del vasto organico richiesto da Poulenc (ottima l’orchestra dell’Opera di Roma) un vero e proprio personaggio di primo piano, con il quale i protagonisti vocali sono stati chiamati a misurarsi in stringente dialettica musicale. Cast del resto di alto livello. Corinne Winters è stata una Blanche sopraffatta dalla vita prima ancora che dalle sue scelte, di vocalità netta e duttile, sempre benissimo controllata; magistrale Anna Caterina Antonacci nel ruolo della superiora De Croissy, sopraffatta dal terrore della morte; efficacissime nella linea di canto e nel colore, e come tutti anche sul piano scenico e per una recitazione fatta non solo di gesti ma soprattutto di sguardi, le varie Emöke Barath (Soeur Constance), Ekaterina Gubanova (Mère Marie), Ewa Vesin (la nuova superiora), Irene Savignano e Sara Rocchi. Sul versante maschile, note positive per il basso Jean-François Laponte (il padre di Blanche), per il tenore Bogdan Volkov, amorevole fratello della protagonista. Completavano il cast Krystian Adam, cappellano nel convento, e gli Ufficiali della Rivoluzione Roberto Accurso, William Morgan, Alessio Verna. Impeccabile il coro del Costanzi, istruito da Ciro Visco.

Dialogues des Carmélites, coraggiosa e riuscita inaugurazione dell'Opera di Roma
Corinne Winters (Fabrizio Sansoni/Opera di Roma).

Una prima in differita su Rai5 per lasciare spazio a un inamovibile Muti prova Macbeth

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