La fotografia di gruppo è quella di un centrodestra che quasi non esiste più in Europa. Almeno per le sigle storiche. Dalla Germania all’Italia, arrivando alla Francia i principali rappresentanti del Partito popolare europeo sono sempre più ridimensionati. In alcuni casi a rischio scomparsa dalla geografia politica nazionale e inevitabilmente europea. Il motivo? La compressione tra le spinte sovraniste e la nascita di soggetti liberaldemoratici sul modello di En Marche di Emmanuel Macron o stile Azione di Carlo Calenda.

Tramontano i partiti di destra, non i valori
L’ultima batosta è arrivata proprio in Francia, al primo turno delle Presidenziali: Valérie Pécresse, candidata de Les Republicains, partito erede della tradizione gollista, non ha raggiunto nemmeno il 5 per cento. Si è esattamente fermata al 4,8, facendo rimpiangere il 20 per cento di François Fillon nel 2017, quando il terzo posto fu accolto come un fallimento, nonostante l’esiguo distacco (circa 1,3 da Marine Le Pen). Sono insomma lontani i tempi in cui Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e Mariano Rajoy spadroneggiavano sulla scena, assurgendo a simboli incontrastati del centrodestra moderato in Europa. E, nonostante le peculiarità personali, Silvio Berlusconi completava il quadro dei conservatori al potere. «Bisogna comunque distinguere i partiti, le strutture burocratiche, dalle istanze ideologiche. C’è ancora una richiesta di valori culturali liberali» dice a Tag43 Filippo Rossi, scrittore e intellettuale, che ha pubblicato Dalla parte di Jekyll. Manifesto per una Buona Destra. E, secondo la sua analisi, un segnale arriva dalla Francia: «Non vedo tutta questa differenza tra un Macron e il Partito popolare europeo, a meno che non si voglia fare una sottile disamina ideologica». Cambiano dunque i riferimenti politici, le etichette. E gli elettori cercano i valori in altri movimenti, nuovi progetti.

In Germania l’addio di Merkel ha coinciso con il tramonto della Cdu
Così parlando delle difficoltà dei partiti tradizionali, la débâcle francese diventa simbolica. I gollisti sono stati una colonna portante della Quinta Repubblica. Basti pensare, prima di Sarkozy, a Jacques Chirac, che ha interpretato il gollismo con un suo stile, ma pur sempre in prosecuzione con la visione del generale di De Gaulle. Ma per i componenti della famiglia popolare europea si tratta solo dell’ennesimo duro colpo: pochi mesi fa la Cdu in Germania aveva fatto scattare l’allarme. Armin Laschet, nelle elezioni del settembre 2021, non è riuscito a raccogliere l’eredità di Angela Merkel. Così alla guida del governo tedesco è approdato il socialdemocratico Olaf Scholz. E che la sostituzione dell’ex cancelliera fosse molto complicata, era chiaro già dal naufragio dell’erede designata Annegret Kramp-Karrenbauer. Non è stata nemmeno candidata. La concorrenza dell’Afd, l’estrema destra anti-Ue, pesa, ma ci sono altri fattori. «In Germania», annota Rossi, «l’esito del voto è principalmente legato al passo indietro di Merkel. Ed è differente dal caso italiano in cui c’è la presenza di un partito proprietario, Forza Italia, che è alleato con i sovranisti. Un’anomalia».

Forza Italia cannibalizzata da destra e dai liberaldemocratici di centrosinistra
L’istantanea ritrae infatti una Forza Italia ormai marginale nella vita politica, sicuramente messa peggio rispetto ai cristianodemocratici tedeschi. Berlusconi ha riprovato a prendersi la scena, per qualche ora, con il suo intervento pubblico di domenica scorsa. Ma l’ex presidente del Consiglio avverte il peso dell’età e il suo partito non è in grado di rinnovarsi per la sua stessa struttura. Gli azzurri subiscono così la stessa dinamica dei partner europei: da un lato la destra sovranista, incarnata dalla Lega di Matteo Salvini e da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che mira a fagocitarli (gli ultimi sondaggi fotografano bene la situazione: Meloni veleggia verso il 21,6 per cento superando di misura il Pd, la Lega è al 15,9 per cento e Forza Italia all’8) e dall’altro i progetti liberaldemocratici, come Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi, che puntano a smembrare i forzisti.

La Spagna tra la fine della leadership di Casado e la spinta di Vox
E non va molto meglio, infine, in Spagna, dove i popolari hanno appena eletto un nuovo leader, Alberto Núñez Feijóo, governatore della Galizia, che ha archiviato la controversa leadership del giovane Pablo Casado, giudicato troppo ondivago nella sua linea politica. Tra l’affermazione del fenomeno centrista Ciudadanos, poi sgonfiatosi, e la poderosa spinta dell’estrema destra di Vox, i popolari hanno perso gradualmente peso nello scenario politico. Con l’incubo dei sovranisti che toglie il sonno ai partiti della tradizione popolare europea.