Sullo sfondo brillavano le paillettes delle consultazioni per le riforme istituzionali, con Giorgia Meloni intenzionata a realizzare il grande progetto di riscrivere la Costituzione. Per questo ha convocato le opposizioni alla Camera, che ora dopo ora si sono confrontate con la presidente del Consiglio, affiancata al tavolo da vari ministri. Nelle stesse ore, in commissione Finanze alla Camera, il centrodestra ha però toccato con mano le distanze quando si tratta di trovare una quadra sui contenuti. In un tutto contro tutti, che riguarda anche esponenti dello stesso partito. L’oggetto della contesa è stato il decreto bollette, esaminato in fretta e furia per archiviare la pratica nella maniera più indolore possibile, preparando il testo definitivo per l’Aula, con la scusa della chiusura per la campagna elettorale.

Tensione strisciante tra Piantedosi e Schillaci
Il presidente della commissione, Marco Osnato di Fratelli d’Italia, si è impegnato a “liberare” i deputati prima possibile. Eppure i malumori sul tavolo sono rimasti, eccome. Lo scontro principale è andato in scena tra il ministero della Salute, guidato da Orazio Schillaci, e quello dell’Interno, oggi nelle mani di Matteo Piantedosi. La contrapposizione si è creata su un emendamento relativo alla presenza delle forze dell’ordine nei pronto soccorso per evitare le aggressioni a medici e infermieri. La proposta era stata presentata dalla deputata di Fdi, Imma Vietri, sottoscritta dal leghista Massimiliano Panizzut. Si tratta di un vecchio pallino di Piantedosi, che si prefigge lo scopo di aumentare il livello di sicurezza per il personale sanitario. Insomma, il via libera sembrava scontato. Invece, al momento decisivo, è arrivato il parere negativo del ministro dell’Interno che ha cozzato contro l’ok giunto da Schillaci. Una tensione strisciante, risolta con una soluzione salomonica: i posti fissi di polizia saranno collocati «in considerazione del bacino di utenza e del livello di rischio della struttura». Si vedrà caso per caso, insomma.

Tecnopolo mediterraneo, dopo il no di Fitto rimedia il Mef
Agli atti restano le divergenze interne all’esecutivo, che si sono manifestate intorno a un altro emendamento, molto discusso, prima di tutto per materia trattata: un finanziamento del Tecnopolo mediterraneo per lo sviluppo sostenibile di Taranto. Il provvedimento in esame riguardava le bollette e l’estraneità dal contenuto del decreto era palese. Il governo ha forzato la mano e lo ha fatto votare. Ma non è mancato il colpo di scena. Il ministro del Sud, Raffaele Fitto, ha negato la possibilità di attingere dalle risorse, indicate in 3 milioni di euro, dai fondi europei. Un niet sorprendente per lui che in Puglia ha la sua terra d’elezione. Alla fine ci ha pensato il ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti, con l’intercessione del sottosegretario Federico Freni, a mettere a disposizione i fondi.

Anche sul payback sanitario nulla di fatto
Un altro braccio di ferro sul decreto bollette si è consumato sul payback sanitario. Un emendamento della maggioranza mirava alla sua cancellazione, dando seguito a un obiettivo dichiarato del centrodestra. Freni ha imposto l’altolà, spedendo la palla in tribuna. «Il governo si propone di intervenire ulteriormente, anche raccogliendo le indicazioni che perverranno dal parlamento, con un successivo provvedimento che si occuperà di risolvere definitivamente la questione del payback», ha sottolineato il numero due di Giorgetti al Mef. Tra uno stop e l’altro, alla fine Osnato ha dato il triplice fischio finale a tarda sera, impedendo di fatto la discussione e la votazione di altri emendamenti. Il motivo? La mancanza della relazione e quindi l’impossibilità del governo a esprimere un parere. La mossa del presidente della commissione Finanze a Montecitorio non è piaciuta al collega di partito, Luciano Ciocchetti, che avrebbe preferito un esame approfondito.

E le opposizioni che fanno? Non ne approfittano
E del resto il confronto è stato caratterizzato da tante situazioni singolari: erano stati approvati due emendamenti che, per ammissione di Freni, non avevano copertura finanziaria. Osnato ha chiesto subito l’annullamento delle due votazioni e il conseguente ritiro degli emendamenti. Le opposizioni non hanno detto nulla, nonostante avrebbero potuto bloccare l’operazione e costringere a mandare il testo in Aula con le misure senza le risorse necessarie. Per regolamento il voto si cancella all’unanimità. Sarebbe stata l’occasione di rallentare quantomeno l’approvazione del provvedimento, perché avrebbe necessitato di una correzione last minute. Dall’Aula sarebbe stato rimandato in commissione. Ma le minoranze pensavano ad altro.