Il ritorno di De Gregori-Venditti e gli ultimi grandi senza eredi
Se un irriconoscibile Phil Collins si è congedato dal pubblico, i suoi coetanei De Gregori e Venditti tornano con un tour. Viene da chiedersi per quanto ancora avremo modo di ascoltare dal vivo i grandi che non hanno ancora trovato legittimi eredi.
Abbiamo visto tutti le immagini strazianti, sì, strazianti, di Phil Collins che, irriconoscibile, saluta mestamente il pubblico di quello che è ufficialmente diventato il suo ultimo concerto con i Genesis, nonché ultimo concerto nella vita. Un ritiro, il suo, dovuto ad annosi problemi di salute, l’essere irriconoscibile è effetto di un invecchiamento progressivo dovuto anche ai tanti problemi alla schiena, partiti da una postura sbagliata alla batteria e nel tempo diventati veri e propri handicap, vertebre schiacciate, impossibilità a stare correttamente in piedi, figuriamoci a suonare e poi a cantare. A vederlo, Phil Collins, coi suoi 72 anni, il viso scavato, la testa calva, il fisico che nel tempo si è come accartocciato su se stesso, sembra quasi di stare al cospetto di un centenario, e sapere che non ci sarà più modo di sentirlo dal vivo, lui che coi Genesis, prima come batterista e poi anche come cantante, e negli anni anche come solista, ha firmato alcune delle pagine più importanti della musica leggera britannica e non.

De Gregori e Venditti tornano insieme a 50 anni da Theorius campus
Phil Collins è del 1951. Classe di ferro, anche dalle nostre parti. In quell’anno sono nati alcuni dei nomi centrali della storia del nostro cantautorato, Francesco De Gregori, Claudio Baglioni, Ivano Fossati, e negli anni limitrofi tanti altri, Antonello Venditti nel 1949, Renato Zero nel 1950, Vasco Rossi nel 1952, tanto per fare qualche nome. Due di questi nomi, due dei pezzi da novanta della nostra storia musicale, stanno per salire per la prima volta su un medesimo palco. O meglio, stanno per condividere per la prima volta un tour che non sia circoscritto alle presentazioni di un album d’esordio, così è in effetti stato tanti e tanti anni fa quando, nel 1972, esattamente 50 anni fa, venne dato alle stampe un album-split dal titolo Theorius campus, album che vedeva riportati in copertina, una riproduzione parziale dell’Ofelia di John Everett Millais, i nomi dei due artisti che ne erano titolari, Antonello Venditti e Francesco De Gregori.
Un tour che richiama alla mente lo storico Banana Republic
Sarà De Gregori e Venditti, stavolta, l’ordine di apparizione, scientificamente affidato al lancio di una monetina, e i due sul palco di stadi e grandi arene eseguiranno i loro grandi successi, a volte duettando e altre volte anche scambiandosi il repertorio. Qualcosa di importante, che solo il Covid ha potuto tenere in stand-by. Un tour che richiama alla mente, non potrebbe essere altrimenti, il Banana Repulic portato in giro per l’Italia dallo stesso Principe in compagnia di Lucio Dalla, degli Stadio e di Ron, come il successivo Work in progress, ma che deve fare i conti con l’incedere del tempo, l’idea di non lasciar correre le idee e le suggestioni che evidentemente si fa anno dopo anno sempre più ferma.
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Dai Rolling Stones a Paul McCartney: gli highlander
Discorso che del resto è applicabile anche ai singoli tour di tanti artisti che in questi due anni di pandemia son dovuti stare fermi al palo, ma che nel mentre hanno visto altre candeline spegnersi, altri capelli farsi bianchi, lo stesso pubblico invecchiare a casa. Certo, sapere che da qualche parte ci sono i Rolling Stones, da noi anche a San Siro, o Paul McCartney, 80 anni a cucuzza, pronti a far fuochi e fiamme incoraggia, anche se è indubbio che leggere notizie come quelle di Phil Collins non deve aver fatto piacere a nessuno degli artisti su citati, non solo per una mera faccenda di stima verso l’artista, ma anche di anagrafe.

Una generazione di grandi senza eredi
Pur nella convinzione che l’arte sia immortale e che la faccenda della data scritta sulla carta di identità nulla dovrebbe aver a che fare con quello che l’artista ha e sa ancora dire, viene da chiedersi per quanto ancora avremo modo di ascoltare dal vivo quelli che sono a ben vedere nomi che nel nostro panorama non hanno ancora trovato legittimi eredi, artisti i cui repertori vengono ancora imparati a memoria dalle nuove generazioni, cantati in coro nei falò estivi come dentro gli stadi, parte fondante della nostra cultura popolare.
Il buen retiro di Ivano Fossati
Invecchiare e invecchiare bene è qualcosa cui tutti dovremmo ambire. Chi non invecchia, in genere, non c’è già più, ben lo ha capito Ivano Fossati che a suo tempo ha mollato la carriera per andare a passeggiare al mare, e godersi la vita senza dover star sempre pensare a come riportare tutto dentro le canzoni. Beato lui, noi siamo invece rimasti “orfani” di uno dei più grandi artisti che la nostra musica poteva vantare.