La Danimarca chiede scusa e risarcisce gli Inuit strappati alle famiglie nel 1951
Inseriti in un progetto d'integrazione forzata promosso dal governo di Copenaghen, 22 bambini groenlandesi furono allontanati dalle famiglie e mandati in Danimarca nel 1951. Dopo 70 anni, le scuse e il risarcimento di 300 mila euro.
Perdere la famiglia e l’identità per un esperimento sociale finito male. È quello che è successo a 22 bambini della popolazione Inuit che, nel 1951, furono spediti in Danimarca dalla Groenlandia per imparare la lingua. L’iniziativa era parte di un progetto che aveva come obiettivo quello di allevare groenlandesi modello, in grado di fare da ponte tra la cultura danese e quella indigena. Un traguardo che, tuttavia, non è mai stato raggiunto e ha avuto gravi ripercussioni nella vita dei candidati, con l’allontanamento dai genitori e la perdita della lingua madre. Oggi, a distanza di 70 anni, sei di loro (quelli rimasti in vita) hanno finalmente l’occasione di ottenere giustizia, con un risarcimento di 250 mila corone (più di 300 mila euro) stanziato dal governo e delle scuse pubbliche da parte del primo ministro.
Kristine, una delle bimbe Inuit dell’esperimento sociale in Danimarca
Tra i minori costretti a partire, c’era anche Kristine Heinesen, oggi 76enne. Aveva solo 5 anni e ricorda bene il dolore di essere separata dai propri cari. «Mio fratello mi ha accompagnato vicino alla nave, la MS Disko», ha raccontato alla Bbc, «all’inizio, ero contenta, pensavo fosse una gita in barca. Poi, mi sono accorta che ci allontanavamo sempre di più e ho capito che non saremmo ritornati presto». I ragazzini selezionati, tutti d’età compresa tra 4 e 9 anni, sono stati inizialmente ospitati in una casa famiglia e, successivamente, accolti dai genitori affidatari. Un anno e mezzo dopo, 16 di loro sono ritornati in Groenlandia, mentre sei sono rimasti in Danimarca perché adottati. Il rientro non è stato affatto facile: sbarcati a Nuuk, la Capitale, non hanno rivisto i parenti, sono stati mandati in un orfanotrofio e hanno frequentato una scuola danese. «Non potevamo giocare con i coetanei groenlandesi e ci proibivano di parlare la nostra lingua madre», ha sottolineato Heinesen, «venivamo visti come un’élite e dovevamo mantenere quest’immagine, anche a costo di essere ghettizzati nella nostra terra d’origine. Mi mancava tutto: i miei familiari, la cultura, la mia infanzia è stata svuotata di tutti i punti di riferimento possibili».

L’esperienza traumatica di Gabriel, giovane Inuit nell’esperimento in Danimarca
Anche il 77enne Gabriel Schmidt ha vissuto più o meno la stessa esperienza. Partito a 6 anni, è riuscito a ritrovare il padre quando era già un adolescente. «Ricordo tutto perfettamente. La direttrice dell’orfanotrofio mi comunicò che lo avrei visto ma io non lo ricordavo più», ha spiegato. «Quando ci siamo incontrati, abbiamo passeggiato insieme vicino al porto ma non riuscivamo a capirci. Lui parlava in un modo, io in un altro, è stato davvero doloroso». Il trauma di essere strappati dal proprio mondo ha lasciato nei protagonisti strascichi importanti. In un report pubblicato nel 2020 si legge che metà dei bambini, qualche anno dopo, ha sofferto di disturbi mentali e dipendenza da alcol. Tanti si sono ritrovati senza un tetto e hanno sperimentato profondi disagi. Altri, invece, sono morti giovani o si sono suicidati.

Gli obiettivi mancati dell’esperimento con i bambini Inuit in Danimarca
Oggi la Groenlandia è un territorio che si autogoverna pur facendo parte del regno di Danimarca, ma un tempo era una colonia. E, negli Anni 50, il Paese ha iniziato a lavorare a una serie di strategie per modernizzarla e, soprattutto, occidentalizzarla. «Lo scopo era amalgamare i due stili di vita ma le tradizioni locali non sono state affatto trattate con rispetto», ha specificato il professor Ebbe Volquardsen, docente di storia culturale. «La lingua e la cultura danese venivano viste come strumenti d’integrazione ma non è stato così». Sin dall’inizio, infatti, l’esperimento presentava parecchie zone d’ombra e i bambini venivano trattati come pedine al pari dei genitori che, a giudicare da quanto ritrovato nei documenti dell’epoca, non avevano compreso al 100 per cento tutte le implicazioni dell’adesione. Ancora oggi, questa vicenda rimane una macchia nella storia della Groenlandia. «Anche solo ricordarla, evoca sofferenze e ferite indicibili», ha aggiunto lo studioso Einar Lund Jensen.
Six #indigenous #Inuit taken in 1951 as children from their families in #KalaallitNunaat (#Greenland) for a failed experiment in #Denmark to make them “Danish” are demanding compensation
They never saw their families again#Genocidehttps://t.co/lKtkRcWhEvhttps://t.co/BdTBpdCzgz pic.twitter.com/DQnFwZYYIR— Duroyan Fertl (@dfertl) November 23, 2021
Le scuse del governo danese agli Inuit coinvolti nell’esperimento
Anche il governo danese attuale ha dovuto fare i conti con questa situazione. «È un vulnus che continua a influenzare le relazioni tra i due paesi», ha precisato Aaja Chemnitz Larsen, parlamentare del partito Ataqatigiit e tra i politici che hanno reclamato le scuse pubbliche per le vittime, «è ancora molto diffuso il pensiero che non sei una persona degna se sei troppo groenlandese. Un’idea assurda che dobbiamo combattere difendendo la nostra lingua e la nostra tradizione». Per molto tempo, le richieste di scuse ufficiali sono state rispedite al mittente. Fino a quando, nel 2020, la premier danese Mette Frederiksen ha deciso di scrivere una lettera ai sei superstiti, prendendosi la responsabilità del misfatto, additato come una violazione dei diritti umani in piena regola. E, non senza difficoltà, è stato approvato anche l’indennizzo.

«Gli individui coinvolti si sono ritrovati in un limbo, non erano più originari della Groenlandia e non provenivano neppure dalla Danimarca. In sostanza, non appartenevano più ad alcun posto e si sentivano smarriti», ha ribadito l’avvocato Mads Pramming. Per Kristina e Gabriel questa vittoria è arrivata tardi ma ha comunque un sapore speciale, anche in memoria di chi non è riuscito ad assistervi. Oggi, in Danimarca si terrà la cerimonia ufficiale delle scuse. La prossima settimana, la premier danese si recherà in Groenlandia.