Un femore, parte del bacino e la mascella inferiore. È quanto rimane di uno scheletro rinvenuto a Egedal, a nord-ovest di Copenaghen, durante gli esami per un lavoro edile. Accanto gli archeologi hanno identificato ossa di animali e un’ascia di selce. Secondo le prime analisi, i resti risalirebbero a circa 5 mila anni fa e riguarderebbero una vittima di sacrificio umano. È solo l’ultimo esempio di mummia o «corpo di palude» che racconta una tradizione rituale diffusa in Danimarca dal Neolitico all’Età del Ferro. «Non capita molto spesso di trovarne uno», hanno detto gli esperti ad Artnet News. «Sarà interessante approfondire lo studio».
I dettagli del ritrovamento di un «corpo di palude» in Danimarca
La scoperta è opera del Romu, organizzazione di 10 musei della Danimarca, sotto la guida del professor Emil Winther Struve. Il team di archeologi stava lavorando all’analisi di un terreno destinato alla fabbricazione di un complesso edilizio quando si è imbattuto in alcune ossa. Si tratta di un femore, di una parte del bacino e della mascella inferiore di un individuo vissuto circa 5 mila anni fa. Impossibile stabilire il sesso o l’età del soggetto, che risulta importante per un’altra ragione. Data la presenza di un’ascia di selce e di ossa animali, gli esperti ritengono si tratti di un «corpo di palude». Dal Neolitico all’Età del Ferro, gli abitanti dell’area così come quelli di Germania e Irlanda solevano sacrificare e seppellire alcuni giovani negli acquitrini. «Si tratta di una comprovata tradizione rituale», ha dichiarato Struve. «Il nuovo ritrovamento si inserisce con ottime probabilità all’interno del fenomeno».

Sebbene le ragioni di tale pratica rimangano ancora misteriose, le paludi rappresentarono un importante crocevia per le popolazioni dell’epoca. Fonte di vita essenziale, fornivano aree di caccia, muschio per la tessitura e ferro per le spade e gli utensili domestici. Per gli esperti è probabile rappresentassero un luogo sacro in cui avvicinarsi agli dei, spiegando così il sacrificio umano e l’inumazione dei cadaveri. L’acidità e i bassi livelli di ossigeno delle paludi hanno poi contribuito alla perfetta conservazione degli scheletri. Gli esperti hanno ora bonificato l’area e sperano di approfondire la ricerca grazie all’analisi genetica. «Non è una scoperta che capita spesso», ha concluso il professore di Copenaghen, cui ha fatto eco il vicesindaco di Egedal, che si è detto emozionato dalla notizia. Simili scoperte si susseguono già dagli Anni ’30, con vari ritrovamenti in tutta la Danimarca. Spicca l’uomo di Tollund rinvenuto nello Jutland attorno al 1950.