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Un whistleblower è per sempre

Insieme con i Pentagon Papers, Daniel Ellsberg fotocopiò documenti relativi a una possibile guerra atomica tra Cina e Usa. A 50 anni di distanza il dossier è stato pubblicato dal New York Times. E il 90enne potrebbe essere nuovamente accusato.

7 Giugno 2021 16:2921 Giugno 2021 10:05 Camilla Curcio
whistleblower Ellsberg: nuova battaglia

Prima di Julian Assange, Edward Snowden, c’è stato Daniel Ellsberg. Ma per il whistleblower dei Pentagon Paper la battaglia per la verità non è finita: a 90 anni potrebbe essere nuovamente accusato per aver passato documenti del 1958 relativi alla crisi taiwanese al New York Times, documenti resi pubblici solo un mese fa.

La storia di Daniel Ellsberg e i Pentagon Papers

Laureato con lode a Harvard, Ellsberg a metà degli Anni 60 venne reclutato come analista militare dal segretario della Difesa Robert McNamara. Nel 1969, proprio lavorando alla creazione di un archivio commissionato dal segretario di Stato, cominciò a fotocopiare i documenti segreti che riguardavano le strategie Usa nella guerra in Vietnam. Inizialmente pro-conflitto, Ellsberg cambiò idea sentendosi anzi responsabile con il suo silenzio dei danni causati alla popolazione civile del Paese. Le migliaia di pagine fotocopiate e sottratte vennero consegnate da Ellsberg al New York Times che le pubblicò nel 1971 con il nome di Pentagon Papers. La  storia è stata raccontata dal film The Post girato da Steven Spielberg nel 2017 con protagonisti Meryl Streep e Tom Hanks. A interpretare Ellsberg Mattew Rhys.

Non solo Pentagon Papers ma anche crisi a Taiwan

Un gesto coraggioso che, ovviamente, portò Ellsberg ad avere problemi con la giustizia: accusato di spionaggio, fu dichiarato innocente soltanto molti anni dopo. Ma la sua attività di whistleblower non si limitò soltanto a quell’episodio. Negli stessi giorni, infatti, scoprì e ricopiò un altro dossier che mostrava quanto seriamente il governo americano nel 1958 avesse considerato l’opzione di una guerra nucleare durante la crisi di Taiwan e l’offensiva di Mao Zedong per riconquistare l’isola “ribelle”. Gli Usa, che si erano schierati con l’alleato nazionalista Chiang Kai-shek rifugiato sull’Isola dopo la sconfitta nella guerra civile, erano pronti a usare armi atomiche per fermare Pechino che dal canto suo non possedeva un arsenale non convenzionale ma godeva dell’appoggio dell’allora Unione sovietica. In quegli anni dunque si fu a un passo dalla guerra nucleare. Escalation che venne fermata dal presidente Usa Dwight Eisenhower. Le carte che lo dimostrano sono rimaste segrete per più di 50 anni. Fino allo scorso maggio, quando il New York Times ha deciso di renderle pubbliche. Scelta che, pur mettendo Ellsberg nuovamente di fronte alle accuse di un tempo, sembra non intimidire l’ormai 90enne. «Avevo bisogno di dare il mio contributo per evitare una guerra nucleare», ha spiegato in un’intervista alla Bbc.

la nuova battaglia di Ellsberg
Daniel Ellsberg fu il whistleblower grazie a cui vennero pubblicati nel 1971 i Pentagon Papers (Getty Images).

La battaglia di Ellsberg per la verità non è finita

Rivelando particolari così delicati, Ellsberg ha rischiato di essere citato in giudizio in base all’Espionage Act una legge del 1917 pensata per punire i traditori che passano informazioni al nemico. E che ha colpito anche Assange e Snowden. I due, però, a differenza di Ellsberg, non sono stati assolti per cattiva condotta del governo. «Per i funzionari governativi che rivelano informazioni segrete, oggi, la situazione è molto più complicata di un tempo», ha spiegato Trevor Timm, direttore esecutivo della Freedom Press Foundation. «Non importa se la soffiata dimostra un comportamento illegale del governo. Tutto questo viene reputato irrilevante in tribunale». Un sistema che Ellsberg, nonostante l’età avanzata, vuole contribuire a cambiare. Ecco perché, se mai dovesse andare a processo una seconda volta, punterebbe a una vera e propria battaglia legale. «Sono pronto ad assumermi le mie responsabilità. Oggi, come nel 1971, ho agito in nome di qualcosa per cui valeva la pena farlo: prevenire una guerra e mettere un freno agli abusi di potere».

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