Arte marziale originaria dell’isola di Okinawa, il karate debutta ai Giochi proprio in Giappone, Paese in cui è nato. Nel programma olimpico, però, durerà lo spazio risicato di un’edizione, non essendo stato confermato per Parigi 2024. Ora o mai più, insomma, per gli atleti che al Nippon Budokan si sfideranno nel kumitè, il combattimento con l’avversario, e nel kata, esercizio individuale che consiste in una serie di movimenti offensivi e difensivi codificati. Gli sportivi, per sbaragliare la concorrenza, avranno a disposizione in totale 102 mosse, tante sono quelle riconosciute dalla Wkf, la fondazione mondiale della disciplina. Tra i karateka più attesi sul tatami, in questa particolare specialità, c’è lo spagnolo Damián Quintero, che per diventare professionista ha detto addio a un impiego sicuro come ingegnere aeronautico.
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Damián Quintero, dall’Argentina alla Spagna
Nato in Argentina nel 1984, Damián Hugo Quintero Capdevila a cinque anni si è trasferito insieme alla famiglia a Torremolinos, popolare località turistica della Costa del Sol, in Spagna. Qui, nel 1991, ha iniziato a praticare karate nel Club Goju-Ryu. L’amore è sbocciato quasi per caso: «i miei Fans – come chiama i genitori – mi portarono in palestra per evitare finissi a praticare calcio o basket. Non ne sarei uscito più». Talento precoce, è stato campione spagnolo già nella categoria infantil nel 1997. Un’ascesa fulminea che lo ha portato, a soli 20 anni, a laurearsi campione nazionale assoluto ed europeo nella categoria giovanile. Combattente vero, ma combattuto tra l’amore per il kata e la dura realtà di uno sport che non paga i suoi appassionati più devoti, Quintero negli anni seguenti ha mollato un po’ il tatami, anche per una serie di dissapori con il suo allenatore dell’epoca, e si è concentrato sugli studi, ottenendo contemporaneamente la laurea in ingegneria aeronautica. Un percorso parallelo e alternativo, alimentato da altrettanti successi: tra questi il conseguimento del master di specializzazione in Materiales Compuestos en la Aeronáutica.
Il Karate, uno sport che non paga
«A meno che tu non sia un allenatore o abbia un dojo (la palestra dove si svolgono gli allenamenti), i club non sono professionistici e non pagano gli atleti per gareggiare. Al contrario. Siamo noi che paghiamo la retta mensile per allenarci», ha spiegato sconsolato in un’intervista. Gli studi, tuttavia, non lo hanno distratto troppo e nel 2011 è tornato sul trono di Spagna, trampolino decisivo per il titolo europeo centrato a Budapest 2013. Successivamente ha collezionato altri cinque ori a livello continentale e due argenti ai Mondiali – Linz 2016 e Madrid 2018 – imponendosi come numero uno del ranking della World Karate Federation, traguardo raggiunto per la prima volta nel 2016.
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Sono le conseguenze migliori della decisione di dedicarsi completamente al karate, maturata nel 2015, quando ha chiesto l’aspettativa all’azienda dove lavorava come ingegnere aeronautico ormai da più di tre anni. «Mi trattavano benissimo. Mi concedevano qualsiasi permesso, per poter partecipare alle gare. Tuttavia non bastava più. Per competere ai massimi livelli, avrei dovuto solo pensare al karate». In più c’era il sogno olimpico: «Si discuteva della possibilità di inserire questo sport nel programma e non volevo perdere la chance di lottare per una medaglia».
Quintero, a Dubai per coltivare un sogno
Detto fatto. Diversi titoli dopo, oggi Quintero è un tesserato del club Al Ahli di Dubai, parte di una grande polisportiva che, oltre a garantirgli uno stipendio da professionista, gli paga tutte le spese necessarie per competere in giro per il pianeta. Per adesso (almeno a livello individuale) gli è sempre sfuggito il titolo mondiale. Quanto all’oro olimpico, come detto non ha mai avuto nemmeno la possibilità di ottenerlo. Almeno fino ad oggi. E lui, a 37 anni compiuti, perfettamente consapevole che non ci saranno prove d’appello, ha una gran voglia di rispondere presente. Un fuoco alimentato dalla passione e da qualche scaramanzia: «Non mi riscaldo mai sul tatami e se capita mi sento nervoso». E poco male se ha dovuto accantonare anche l’amore per lo snowboard. Ci sono Giochi che valgono di più.