I fedelissimi del Dalai Lama nel mirino della Nso

Redazione
22/07/2021

Le utenze di alcuni funzionari del governo tibetano in esilio a Dharamsala sarebbero state infettate dallo spyware israeliano. E i sospetti ricadono sull'India.

I fedelissimi del Dalai Lama nel mirino della Nso

Pegasus non avrebbe lasciato scampo nemmeno all’entourage del Dalai Lama. Secondo gli analisti, infatti, lo spyware israeliano della Nso potrebbe avere infestato alcune utenze di leader buddisti e funzionari del governo tibetano in esilio a Dharamsala, città ai piedi dell’Himalaya indiano che li ospita dal 1959, quando fuggirono dalla repressione cinese.

Lo spionaggio, come riporta il Guardian, sarebbe cominciato alla fine del 2017, quando l’ex presidente Usa Barack Obama incontrò privatamente il Dalai Lama durante un tour all’estero che comprendeva anche tappe in Cina. Tra le utenze attenzionate quella di Tempa Tsering, l’inviato storico del leader spirituale a Delhi, degli assistenti Tenzin Taklha e Chhimey Rigzen, e di Samdhong Rinpoche, il supervisore della selezione del successore del leader buddista.

I sospetti ricadono sul governo indiano

Ma chi avrebbe interesse a spiare se non il Dalai Lama che non usa telefoni personali, i suoi uomini di fiducia? I sospetti ricadono sul governo indiano, cliente della Nso. Il probabile spionaggio confermerebbe la crescente consapevolezza di Delhi circa l’importanza strategica del Tibet, alla luce anche dell’inasprimento dei rapporti con la Cina negli ultimi anni. Non solo. Il Dalai Lama ha 86 anni ed è una figura mediaticamente potentissima a livello mondiale. La sua morte potrebbe provocare una crisi di successione. E infatti il processo di selezione del nuovo leader, che può durare anche alcuni anni, è seguito da vicino dalla Cina. Mentre gli Usa lo scorso anno hanno minacciato sanzioni a qualsiasi governo tenti di influenzarlo. Pechino dal canto suo teme di perdere con un nuovo Dalai Lama la sua presa sul Tibet. Per questo ha rivendicato il diritto esclusivo di controllare il processo di selezione. Un’interferenza che non è sfuggita agli 007 indiani i quali potrebbero aver voluto seguire più da vicino le mosse del Dragone.

L’India vuole evitare un rientro del Dalai Lama in Tibet

I motivi del possibile spionaggio però potrebbero anche essere diversi. «L’India vuole assicurarsi che i tibetani non raggiungano un accordo con i cinesi che implichi il ritorno del Dalai Lama in Tibet», ha detto al Guardian un ex membro dello staff del governo in esilio che ha chiesto l’anonimato. Delhi potrebbe anche voler monitorare i continui contatti informali tra funzionari cinesi e leader tibetani. Lo stesso Dalai Lama ha rivelato due anni fa che l’India aveva posto il veto ai suoi piani per cercare di incontrare Xi Jinping quando il presidente cinese ha visitato l’India nel 2014 (tra l’altro proprio il 23 luglio il leader cinese ha compiuto la sua prima visita a Lhasa, in Tibet, quando è a capo della Repubblica popolare, riaffermando il controllo di Pechino sulla regione). «Il Dalai Lama ha affermato più volte di mantenere legami con la leadership cinese attraverso “vecchi amici”», ha aggiunto la fonte. «L’India è consapevole di questo e vuole assicurarsi che non vengano stretti accordi a sua insaputa». Insomma nonostante l’India sostenga ufficialmente i negoziati sullo status del Tibet, in realtà sta osteggiando la cosiddetta via di mezzo del Dalai Lama che consiste in una soluzione che prevede la sovranità cinese sul Tibet e il riconoscimento da parte di Pechino di una significativa autonomia alla provincia. Oppure, più banalmente, l’India sa che il Dalai Lama riceve regolarmente capi di Stato e di governo da tutto il mondo. Delhi potrebbe aver voluto avere accesso alle conversazioni. A sostenerlo è Robert Barnett, ex direttore del programma di studi sul Tibet presso la Columbia University che aggiunge: «Forse, il Dalai Lama sta chiedendo loro asilo? Un motivo di preoccupazione non da poco per Delhi».