In Daghestan, repubblica del Caucaso settentrionale confinante con la Cecenia, molti ragazzi non vedono l’ora di arruolarsi nell’esercito russo. Non solo per convinzione o per orgoglio ma soprattutto perché imbracciare un fucile è uno dei pochi modi, insieme con lo sport, per portare a casa uno stipendio decente. Diventare soldato viene considerato un investimento, tanto che pur di arruolarsi i giovani pagano mazzette ai funzionari locali in modo da rientrare nelle quote federali dei reclutamenti stabilite per ogni repubblica russa. Per dare un’idea, delle 60 mila reclute del 2020, 3 mila provenivano dal Daghestan.
Al 15 marzo i caduti del Daghestan in Ucraina sono stati oltre 130
Le cose sono cambiate con l’invasione dell’Ucraina. A marzo 2022 è partita la campagna per prestare servizio nella cosiddetta ‘operazione militare speciale’ con stipendi che vanno dai 177 mila rubli al mese (poco più di 1.900 euro) per un soldato semplice a 215 mila rubli (2.300 euro) per un ufficiale. Cifre astronomiche se si pensa che nel 2021 lo stipendio medio del Daghestan era poco più di 32 mila rubli, 350 euro, e il tasso di disoccupazione della regione superava il 15 per cento contro la media russa del 4. Molti uomini sono così partiti per l’Ucraina. Difficile sapere quanti. Le voci, anche quelle ufficiali, sono discordanti. Secondo alcuni l’arruolamento per l’operazione speciale si sarebbe concluso il 10 marzo. Altri parlano di almeno 300 contratti stipulati nella settimana prima del 18 marzo. L’unica cosa certa è che in molti casi questi giovani sono tornati a casa in una bara. Secondo stime dell’ufficio di arruolamento del Daghestan, al 15 marzo i caduti erano oltre 130.
LEGGI ANCHE: La generazione P
Il Daghestan è la repubblica che ha pagato il prezzo più alto in termini di caduti
I funerali si sono tenuti fin dai primi giorni di guerra. Le pagine di necrologi del quotidiano Chernovik solo nei giorni dell’11 e del 18 marzo, riportavano 35 nomi. Gli elenchi non ufficiali compilati con notizie raccolte dai social parlano di 100 soldati morti in Ucraina. Se i numeri fossero confermati, il Daghestan ha perso più soldati in guerra di qualsiasi altra repubblica russa. Le cronache locali riportano di genitori che non riescono a mettersi in contatto con i propri figli al fronte. Gli ospedali russi sono sovraffollati e le comunicazioni sono difficili. «Un mio parente è stato ferito gravemente, un altro è morto», si è sfogato con Meduza un abitante di Makhachkala, la capitale. «Sono i risultati di questo stupido massacro in terra straniera».

Gadzhimagomedov, morto a 25 anni il primo giorno di guerra
A Kani, villaggio di montagna nel distretto di Kulinsky, un centro fatto di quattro strade dove vivono attualmente 30 famiglie – nemmeno 300 persone – 20 uomini sono partiti per l’Ucraina. Il primo aprile, l’ultimo giorno prima del Ramadan, si è tenuto il funerale del paracadutista Nurmagomed Gadzhimagomedov, un comandante di compagnia nel 247esimo reggimento d’assalto aereo che in passato aveva prestato due volte servizio in Siria. Gadzhimagomedov è morto il primo giorno di guerra, il 24 febbraio. Aveva 25 anni. Secondo la versione ufficiale del governo, circondato dai soldati ucraini, si era fatto esplodere con una granata insieme ai nemici. «Il veicolo sul quale viaggiava è stato colpito», recita la ricostruzione ufficiale, «Nurmagomed dopo essere stato ferito ha continuato a combattere distraendo gli avversari. Una volta circondato dal nemico, dando prova di grande coraggio, ha fatto esplodere se stesso e i soldati ucraini con l’ultima granata a disposizione». «Ha compiuto quel passo perché sapeva con chi aveva a che fare: neonazisti che torturano i prigionieri e li uccidono brutalmente», ha detto Vladimir Putin dopo la sua morte. Il 3 marzo il presidente russo ha insignito Gadzhimagomedov con il titolo di Eroe della Russia. Da allora i ritratti militari di Gadzhimagomedov costeggiano le strade del Daghestan.
La propaganda russa sulla denazificazione arriva fino nei villaggi
Come racconta il reportage di Meduza, le donne della famiglia piangono accanto alla tomba che hanno ricoperto di dolci e riso. Gli uomini stanno un passo indietro, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto. «Ha trascorso la sua infanzia in questa casa. Era un vero uomo di montagna, che Allah lo benedica», dice Malik, zio del 25enne. «Era un giovane allegro, educato, calmo. Amava davvero la montagna. Veniva qui in vacanza, ogni volta conquistava una nuova vetta». Gadzhimagomedov si era sposato da poco. Il 20 febbraio era diventato padre, quattro giorni dopo è morto. «Non è nemmeno riuscito a tenere in braccio suo figlio». «Stalin non ha distrutto questi nazisti nel 1945», commenta un altro parente, ex militare. «Hanno alzato di nuovo la testa. Se le nostre truppe non fossero andate lì, avrebbero invaso il nostro Paese. Quindi Putin ha fatto la cosa giusta».

La retorica della Grande Guerra Patriottica
Non lontano da Kani, a Kulla, gli abitanti piangono ancora il 21enne Mahmud Channanov, morto il 28 febbraio e insignito dell’Ordine del Coraggio. La sua famiglia ha una piccola fattoria. Il padre di Channanov ha abbandonato la famiglia molto tempo fa, e così Makhmud era stato allevato dalle donne di casa: mamma Shamsiyat, nonna Lisa e zia Khadizhat, ora vestite a lutto. «Voleva arruolarsi nell’esercito. Lo abbiamo accompagnato. Tutta la famiglia era d’accordo», ricorda la zia. «All’inizio si lamentava. Ma alla fine, prima di morire, ha detto a sua madre e sua nonna che stava iniziando a piacergli. Era maturato. Ed era diventato così bello. È stato allora che Dio Onnipotente lo ha preso». Makhmud non aveva detto alla sua famiglia che sarebbe andato a combattere in Ucraina, a casa lo hanno appreso dalla televisione. L’ultima volta che ha chiamato sua nonna è stata la mattina del 23 febbraio per dirle che stavano ritirando i telefoni e che non sarebbe più riuscito a chiamare casa. Oltre al dolore per la perdita del figlio, a sconvolgere la famiglia sono i commenti sui social ucraini che dipingono Channanov come un mostro, un assassino di bambini. «Non farebbe mai del male a nessuno», ripete Shamsiyat. «Ha servito la sua patria, ha prestato giuramento. Era il suo dovere, era un lavoro». Del resto a Kulla, come in buona parte della Federazione, non arrivano le notizie dei bombardamenti russi in Ucraina, tantomeno i bollettini delle vittime. L’ultimo, ieri, parlava di 197 piccoli morti dall’inizio dell’invasione, 351 i feriti.

Il 4 aprile, la famiglia di Makhmud Channanov, insieme con altri parenti delle vittime, è stata invitata a un incontro con Sergei Melikov, capo della repubblica del Daghestan. Ha ringraziato le madri e i padri per aver cresciuto guerrieri annunciando lo stanziamento di 50 milioni di rubli in aiuti destinati alle famiglie dei caduti, di «questi figli del Daghestan, che non erano disposti ad accettare il tentativo di distruggere i nostri valori tradizionali e la memoria storica delle imprese compiute dalla generazione senza paura della Grande Guerra Patriottica», ha detto Malikov durante l’incontro. «Oggi i nostri soldati e ufficiali, con piena fiducia nella propria rettitudine, stanno combattendo per la pace che i loro nonni e bisnonni hanno difeso e salvato».
LEGGI ANCHE: Le pressioni di Mosca per arruolare soldati dell’Asia centrale