Criptovalute, cosa sono, come dichiararle e quanto sono tassate

Virginia Cataldi
08/06/2022

Cosa sono le criptovalute? Bisogna dichiararle e quanto sono tassate? Ogni Stato - ma non tutti - ha le sue regole: ecco cosa fare in Italia.

Criptovalute, cosa sono, come dichiararle e quanto sono tassate

Cosa sono le criptovalute? Bisogna dichiararle e sono tassate? Queste sono alcune delle domande che chi è interessato al mondo in espansione delle valute digitali si pone. Ecco dunque le informazioni di base necessarie per muoversi nell’intricato settore della decentralizzazione.

Cosa sono le criptovalute? 

Le criptovalute sono una risorsa virtuale, alternativa alla moneta “fiat”, vale a dire al denaro fisico che finora siamo stati abituati ad utilizzare. La criptovaluta infatti non esiste in forma fisica, ma si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. Le transazioni di criptovalute avvengono, per lo più, in modalità “peer-to-peer“, perché non è necessario avere intermediari (come una banca) perché lo scambio venga eseguito.

Cosa sono le criptovalute? Bisogna dichiararle e quanto sono tassate? Ogni Stato - ma non tutti - ha le sue regole: ecco cosa fare in Italia.
Andamento del mercato delle criptovalute (Pexels)

Il controllo decentralizzato di ciascuna criptovaluta funziona attraverso una tecnologia di contabilità generalizzata (DLT) in genere una blockchain, che funge da database di transazioni finanziarie pubbliche. La transazione, una volta eseguita, viene “registrata” nella blockchain. Quest’ultima è una sorta di registro che memorizza gli scambi “fissandoli” in una “catena di blocchi” in modo sicuro, verificabile e permanente. Nella sostanza è una lista in continua crescita di record, chiamati block, che sono collegati tra loro e resi sicuri mediante l’uso della crittografia. I dati in un blocco sono per loro natura immutabili.

Quante criptovalute ci sono nel mondo e come funzionano?

Alcuni concetti tradizionalmente utilizzati per le monete a corso legale, come ad esempio quello di ‘portafoglio’, sono stati adattati anche al contesto delle monete virtuali, dove si parla di ‘portafoglio digitale/elettronico’ (o wallet digitale/elettronico o semplicemente e-wallet).

Al mondo esistono oltre 17.500 criptovalute diverse, il cui funzionamento è regolato da “protocolli”. Il protocollo da cui derivano molte monete virtuali è quello di Bitcoin, sicuramente la valuta digitale più conosciuta. Tutte le altre sono infatti ribattezzate “AltCoin”: monete alternative a quella “originale”.

Un’altra classificazione in uso prevede la suddivisione tra moneta virtuale ‘chiusa’, ‘unidirezionale’ e ‘bidirezionale’. La differenza tra le tre fattispecie risiede nella possibilità o meno di poter scambiare la criptovaluta con moneta a corso legale (o valuta ‘ufficiale’ o ‘moneta fiat’, secondo altre comuni denominazioni) e nella tipologia di beni/servizi acquistabili. Il bitcoin, ad esempio, è una moneta virtuale biridezionale in quanto può essere facilmente convertita con le principali valute ufficiali e viceversa.

La regolazione delle criptovalute da parte degli Stati

La tecnologia di blockchain non è ancora stata chiarita del tutto dal punto di vista legale e legislativo, ma i governi stanno cercando di andare nella direzione di un progressivo aggiornamento. Per esempio, nel 2017 lo Stato del Nevada (USA) ha approvato una legge per la completa liberalizzazione della blockchain. Altri Stati hanno invece applicato regole molto dure. È il caso dello Stato di New York, che ha imposto leggi ferree per chi faccia uso di questa tecnologia per scambi monetari, con una condanna anche di espulsione dallo stesso Stato. Altri Stati ancora, tra cui il Giappone, hanno riconosciuto al Bitcoin corso legale, e dunque in questi Stati può essere usato legalmente al posto della valuta locale.

Cosa sono le criptovalute? Bisogna dichiararle e quanto sono tassate? Ogni Stato - ma non tutti - ha le sue regole: ecco cosa fare in Italia.
Andamento del mercato delle criptovalute (Pexels)

Devo dichiarare le criptovalute?

In Italia la legge stabilisce che le criptovalute vanno dichiarate. A regolare la norma è l’articolo 4 del decreto legislativo 167/90.  “L’Italia è stato uno dei primi paesi a legiferare in ambito di monete virtuali per quanto riguarda la disciplina antiriciclaggio – ha affermato Carlo Alberto Micheli, Avvocato e Dottore Commercialista intervistato da MilanoFinanza. “La situazione è delineata ed esiste una prassi amministrativa che si sta stratificando nel nostro tessuto giuridico. Le monete virtuali vanno dichiarate in quanto attività di natura estera, e l’articolo 4 del decreto legislativo 167/ 90 obbliga i possessori di tali attività ad indicarle nel quadro RW della dichiarazione dei redditi che ogni anno dobbiamo presentare”.

Il monitoraggio fiscale non comporta il pagamento di alcuna imposta: dichiarare di possedere criptovalute non obbliga necessariamente il pagamento di tasse. Al contrario, se all’interno dei nostri wallet la giacenza è superiore a 51.645,69 euro per 7 giorni consecutivi, allora va pagata un’imposta sostitutiva del 26%.

“Tanti investitori purtroppo stanno sottovalutando il fenomeno dichiarativo, credendo che non esistano leggi in materia – ha spiegato Micheli – invece ci sono precisi obblighi stratificati nella prassi amministrativa. Chi non dichiara le proprie monete virtuali incorre in pene di tipo amministrativo o penale, a seconda della gravità dell’illecito. A causa del mancato monitoraggio fiscale, si rischia di pagare una sanzione che va dal 3 al 15% dell’importo non dichiarato del valore finale. Oppure, dal 6 al 30%, se siamo in situazioni di blacklist oppure paradisi fiscali. Mentre, se la moneta virtuale non dichiarata genera un reddito annuo superiore a 50.000,00 euro, si rischia la reclusione, perché ho evaso più di 50.000,00 euro all’anno”.