Ispirandosi al libro uscito nel 1985 La prevalenza del cretino, di Fruttero & Lucentini, Tag43 tenta di aggiornare l’insuperabile raccolta con una carrellata di ritratti sull’ottusità contemporanea.
Già pubblicati:
- Breve guida per riconoscere il cretino in politica
- Il giornalismo e l’inganno del parlar chiaro
- Fenomenologia del cretino in azienda, vera piaga del business
- Grillo, Casaleggio e la frottola della tecnocrazia
Gli Azzeccagarbugli specializzati nel tirar fuori dai guai le persone potenti resistono ancora oggi dai tempi del Manzoni, quando la figura del legale erudito e specioso mutuava dal Machiavelli, che ne aveva già a suo tempo fissate le peculiarità, le caratteristiche di questi tipi umani forti con i deboli e ossequiosi verso il potere. Il cretino di diritto – lo si potrebbe chiamare così, con un gioco di parole – è quello di cui aveva già dato l’identikit Robert Musil: assolutorio sempre con i suoi amici, o con quelli della sua parte politica, colpevolista accanito con tutti gli altri. Appena il giornale di Marco Travaglio dà notizia di un avviso di garanzia recapitato a qualcuno, ecco subito la vignetta di Mannelli sulla canaglia da incarcerare buttando via la chiave. La cretinaggine fa sempre pensare a un’ottusità irredimibile: nel caso della magistratura e dei principi del Foro è aggravata dal legalese, il linguaggio che vorrebbe mantenersi asettico ma si rivela micidiale.

«Il fatto non sussiste» per uno strepitoso cavillo
C’è un racconto di Ermanno Cavazzoni, che citiamo a memoria, nel quale un contadino strangola la madre con il filo di un apparecchio per misurare la pressione: quando i giudici lo condannano, non mancano di comminargli anche «l’interdizione perpetua alla professione medica». L’assoluzione perché «il fatto non sussiste» nel recente processo Ruby ter contro Silvio Berlusconi, accusato di corruzione in atti giudiziari, deriva da uno strepitoso cavillo procedurale: si scopre che le testimoni, che erano già state per ben due volte giudicate mentitrici per falsa testimonianza, dovevano essere interrogate in quanto indagate e non in quanto testimoni.

Le giovani ospiti delle serate nella villa di Arcore non potevano legittimamente rivestire l’ufficio pubblico di testimone perché «andavano indagate già all’epoca e ascoltate perciò in quanto indagate, assistite dai loro avvocati». Non essendoci quindi più le false testimonianze di testimoni che non potevano essere considerate tali in quanto avrebbero dovuto essere considerate indagate, cade anche la connessa accusa di corruzione in atti giudiziari: se il testimone non c’è più non c’è più nemmeno il corruttore che gli suggeriva di dichiarare il falso.
«L’innocente è un colpevole non ancora scoperto»: caposaldo dei cretini
I video registrati nei bagni e nelle camere da letto, le ore di televisione con le interviste alle Olgettine e all’amministratore che le pagava, i commenti della stampa internazionale però ci sono ancora, ma tutto è dissolto come neve al sole: i cretini esultano, perché non mancano mai di riaffermare la loro fiducia nell’operato della magistratura che, evidentemente, un modo per non deluderli lo trova sempre. «L’innocente è un colpevole non ancora scoperto», è un altro caposaldo dei cretini di diritto, in contrasto lampante con la presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione, secondo la quale non è l’imputato a doverla dimostrare, ma è compito degli accusatori rendere manifesta, provandola, la colpa.

La responsabilità non è mai del magistrato, figuriamoci
Se un innocente viene condannato, secondo questi campioni del giustizialismo, la responsabilità non è mai del magistrato. Lui non c’era quando il presunto reato veniva commesso, sa le cose che gli raccontano i testimoni (quando possono essere considerati tali). Se si scopre dopo che qualcuno ha mentito, portando alla condanna un innocente, il giudice non lo può sapere, è stato cioè ingannato. La vera vittima dell’errore giudiziario non è quindi il povero cretino che viene condannato senza colpa, è l’Azzeccargabugli, fuorviato, depistato, raggirato, infinocchiato, indotto a prendere una solenne cantonata.

Anche Giorgia Meloni tira un sospiro di sollievo
I fatti spesso non sussistono, ormai dovrebbero saperlo i magistrati: Ruby Rubacuori è la nipote di Mubarak, come testimoniò in parlamento, con molti altri, anche il nostro attuale presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che oggi tira un sospiro di sollievo. Chiudiamo rendendo omaggio a Fruttero & Lucentini e al loro “Il processo slitta” contenuto ne La prevalenza del cretino (1985), giusto per riaffermare la validità della teoria vichiana sui corsi e ricorsi, quando i cavilli la fanno da padrone: «Il processo è rinviato perché manca un segretario. L’imputato deve tornarsene in carcere ad attendere il suo nuovo turno per mesi e mesi (…). Manca il segretario, la carta copiativa, il registratore, la biro. Un disguido minimo. Una cosa da niente. Nessuno ti vuol male, il pachiderma nemmeno ti vede, per lui non esisti, sei una formica sotto la sua zampa lentissima, anonima, indifferente. Questa blanda, ottusa iniquità, più schiacciante di qualsiasi ingiustizia deliberata, non è del resto praticata solo dalla Giustizia. Dovunque, in qualsiasi organismo burocratico, tutto può incepparsi per cause che non hanno nulla di diabolico».