Armi nucleari, per la prima volta in decenni l’arsenale globale potrebbe crescere

Camilla Curcio
13/06/2022

Il Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute, mette in guardia circa l'aumento del rischio atomico. Mai così alto dalla Guerra Fredda. Arsenali in crescita.

Armi nucleari, per la prima volta in decenni l’arsenale globale potrebbe crescere

Nei prossimi anni, e per la prima volta dalla Guerra fredda, l’arsenale nucleare globale potrebbe ampliarsi e il rischio che gli Stati dotati di armi atomiche decidano di usarle si fa sempre più elevato. A confermarlo una serie di ricerche curate e pubblicate dall’International Peace Research Institute (SIPRI) di Stoccolma.

Quali sono gli stati decisi a espandere il loro arsenale atomico

Tra i Paesi che stanno ampliando il proprio arsenale nucleare c’è il Regno Unito a oggi provvisto di 195 testate, di cui 120 operative. Una decisione che pone fine a decenni di graduale disarmo e, soprattutto, in totale controtendenza rispetto alla posizione condivisa con gli altri membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Lo scorso anno, infatti, assieme a Stati Uniti, Russia, Cina e Francia, il governo britannico aveva ribadito come «la guerra nucleare non dovesse mai essere combattuta né vinta». Eppure, tutti e cinque hanno continuato (e stanno continuando) ad arricchire le loro scorte d’armi.

Sulla stessa linea anche la Francia – che all’inizio dello scorso anno ha lanciato un programma per lo sviluppo di un sottomarino lanciamissili balistici a propulsione nucleare di terza generazione – l’India, il Pakistan e Israele che per quanto non abbia mai riconosciuto pubblicamente il possesso di un arsenale atomico, pare sia da tempo impegnato a modernizzarlo. «Ci sono chiari segni che indicano come la riduzione atomica avviata subito dopo la fine della Guerra fredda sia ormai storia vecchia», ha spiegato al Guardian Hans M Kristensen, direttore del Nuclear Information Project.

Perché gli studi del SIPRI parlano di rischio nucleare in crescita

Secondo i ricercatori dell’istituto, ad alimentare le tensioni tra le nove nazioni provviste di munizioni nucleari (un elenco che comprende Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord) sono state l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo e il supporto che l’Occidente ha mostrato a Kyiv. Le stime del Sipri suggeriscono che il numero totale di armi nucleari è leggermente diminuito (di 375 testate) a gennaio 2022 rispetto all’anno precedente, calo principalmente attribuibile alla Russia e agli Stati Uniti che stanno smantellando le testate più vecchie. «Tutte le nazioni che hanno aderito al protocollo nucleare stanno incrementando o potenziando i loro arsenali e diverse sono quelle che, nell’ultimo periodo, sembrano ricorrere a una retorica ricca di riferimenti al ruolo di quest’equipaggiamento nelle loro strategie belliche», ha spiegato Wilfred Wan, direttore del programma di studio del SIPRI sulle armi di distruzione di massa.

Perché l'arsenale nucleare mondiale è destinato a crescere
Il missile russo RS-28 Sarmat (Twitter)

«Si tratta, ai nostri occhi, di un trend preoccupante e da non sottovalutare», ha aggiunto Kristensen. Soprattutto alla luce dello scenario attuale: tre giorni dopo l’inizio di quella che il Cremlino ha definito «operazione militare speciale», il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato l’allerta del sistema di deterrenza nucleare della Federazione, un modo per intimidire gli avversari con la minaccia del nucleare per scoraggiarli dall’intervenire nel conflitto. Ma non solo: ha anche avvertito le nazioni che lo avrebbero ostacolato sulle conseguenze che sarebbero derivate dalle loro azioni, parlando di qualcosa di «mai visto prima nella storia dell’umanità».

Perché l'arsenale nucleare mondiale è destinato a crescere
Bombardieri nucleari americani (Getty Images)

Russia e Stati Uniti in cima ai ranking, Cina verso l’espansione

Oggi la Russia vanta l’armamentario nucleare più grande al mondo, con un totale di 5977 unità, ben 550 in più rispetto agli Stati Uniti. I due Paesi, insieme, possiedono oltre il 90 per cento delle armi atomiche mondiali: dalle ultime stime, sono state circa 3732 le testate messe in campo tramite missili e bombardieri e più o meno 2000 (e quasi tutte di matrice russa o americana) quelle predisposte per essere usate in caso di necessità. Una realtà nella quale, tuttavia, pare si stia facendo gradualmente spazio anche la Cina, provvista di un programma di espansione mirato e un repertorio di 300 nuovi silos missilistici.

«Le relazioni tra le grandi potenze mondiali si sono ulteriormente deteriorate», ha sottolineato Stefan Lovfen, ex primo ministro svedese e tra i membri del board del SIPRI, «e lo hanno fatto in un momento complicato. Un frangente in cui l’umanità e il pianeta si trovano a fare i conti con sfide e problemi risolvibili solo attraverso la cooperazione nazionale. Ecco perché sarebbe opportuno che i singoli attori non si pieghino al nucleare, evitandone in ogni modo l’utilizzo e l’incremento su scala mondiale». Nonostante le speranze emerse nel dopoguerra, infatti, sono stati diversi gli accordi di limitazione che hanno finito per sortire l’effetto contrario e ben poche le nazioni che hanno accettato di rinunciare all’opzione atomica. Tra queste, il Sudafrica nel 1993, l’Iraq che, subito dopo la prima guerra del Golfo, ha abbandonato il programma di ricerca, e l’Ucraina.