La variante impazzita

Gianna Milano
09/05/2021

La campagna per l'immunizzazione prosegue, ma diverse incognite tengono con il fiato sospeso. Basterà il vaccino? E davvero si va verso un richiamo annuale come per l'influenza? Tutte le risposte

La variante impazzita

Inglese, sudafricana, brasiliana, indiana. Sono soltanto alcune delle varianti finora conosciute del coronavirus, il Sars-Cov-2, responsabile di Covid-19. È la malattia che da oltre un anno ha modificato il nostro modo di vivere, tra smarrimento, sofferenza e dolore. Che cosa sappiamo sulle numerose varianti che ormai circolano e dalle quali dipende l’evoluzione della pandemia e l’efficacia dei vaccini? “Quando un virus si riproduce creando molte copie di se stesso, il suo materiale genetico va incontro a errori o mutazioni che danno luogo a varianti. Più un virus si trasmette, più sono le mutazioni che si producono”, spiega Maria Rita Gismondo, che dirige il Laboratorio di microbiologia e virologia clinica all’ospedale Luigi Sacco di Milano. “Un fenomeno tutt’altro che inatteso, specie per questa famiglia di virus a Rna con un’alta capacità di mutare”, prosegue, “Alcune mutazioni modificano il ‘comportamento’ del Sars-Cov-2, aumentando la sua capacità di trasmissione, rendendolo più aggressivo e influendo sulla gravità della patogenesi, altre sono invece assolutamente innocue”.

Un sistema di controllo costante: il modello Islanda

La dinamica di trasmissione del virus andrebbe monitorata quotidianamente, per seguirne le tracce e le mutazioni con tempestività. “Un sistema di sorveglianza e di controllo che purtroppo in Italia manca e che ha permesso a Vo’ Euganeo, durante la prima ondata della pandemia ,di contenere l’infezione”, dice Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova. “Per capire quali sono le varianti che circolano si dovrebbe fare ogni giorno la sequenza genica su un certo numero di tamponi. Ma non credo lo si faccia”.

Un laboratorio islandese (Getty)

Una storia in positivo sull’importanza di monitorare arriva dall’Islanda. Qui Kari Stefansson, fondatore di deCode Genetics, ha coinvolto nelle ricerche della sua società circa i due terzi della popolazione dell’isola. Ha utilizzato le risorse di deCode per tracciare il virus, lavorando fianco a fianco alle autorità sanitarie, ai clinici e all’università, condividendo laboratori e staff. Un compito reso più facile dalle piccole dimensioni della popolazione dell’isola: 368 mila abitanti. “Abbiamo seguito tutte le mosse del virus, facendo la sequenza genetica di ogni isolato virale e lo screening di oltre la metà degli abitanti” ha raccontato a Nature, Stefansson. Grazie a questo approccio “scientifico” l’Islanda ha evitato molti decessi che oggi (5 maggio 2021) sono zero, con solo 186 casi di infezione nelle ultime due settimane.

India, Brasile e Cile: il risultato di comportamenti discutibili

“Quando una variante ne soppianta un’altra vuole dire che ha acquisito un vantaggio competitivo. Per esempio quella indiana è molto infettiva perché ha due mutazioni nella regione che funziona da bersaglio per gli anticorpi” aggiunge Crisanti. “Quello che sta avvenendo ora in India o in Brasile e Cile è il risultato di aperture e comportamenti insensati, come gli assembramenti per cerimonie religiose, che hanno favorito i contagi e lo sviluppo di varianti ad alta trasmissibilità”.  I vaccini anti-Covid attualmente utilizzati funzionano anche sulle varianti o queste possono eludere l’immunità? “Via via che le varianti vengono a contatto di persone vaccinate altre mutazioni possono emergere e teoricamente i vaccini potrebbero aumentare la pressione selettiva sul virus, favorendo la comparsa di nuove varianti”, osserva Gismondo. Il Sars-Cov-2, pur di continuare a riprodursi, escogita meccanismi di difesa e muta.

Immuni per quanto tempo?

Quando si potrà sapere con certezza qual è la durata dell’immunità indotta dall’infezione da Sars-Cov-2 o dalla vaccinazione? La questione è centrale, per capire come evolverà la pandemia e quando sarà possibile tornare alla normalità. Ma è una delle tante domande per cui la scienza, al momento, non ha risposte definitive. Ci sono ipotesi, che potranno essere confermate, o smentite, dai dati emersi sulla popolazione dei vaccinati. “Test che valutano e quantificano la presenza di anticorpi neutralizzanti, cioè quelli capaci di bucare il virus” precisa Gismondo. “Quanto tempo dura l’immunità che danno i vaccini non si sa ancora. Servirà un periodo tra sei mesi a un anno per farsene un’idea. Intanto il virus circolerà e credo che la vaccinazione anti-Covid diventerà, per target e modi, simile a quella influenzale”.

L’esame del tampone (Getty)

Allo studio c’è un vaccino ‘jolly’ che potrebbe non risentire della circolazione di più varianti. Utilizza un batterio, l’Escherichia coli, geneticamente modificato. Sulla sua superficie viene fatta esprimere la porzione di una delle proteine che Sars-Cov-2 utilizza per infettare le cellule bersaglio ed è comune a tutti i coronavirus. Una sorta vaccino passepartout. I primi test sugli animali hanno dato risultati incoraggianti, ha annunciato uno studio sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas). Il vaccino si aggiunge agli 89 che i ricercatori stanno attualmente testando in trial clinici sull’uomo, e agli almeno 77 ancora in studi preclinici su animali.