L’Armata rotta

Stefano Grazioli
23/11/2021

Mentre in Russia il Covid continua a contagiare e a uccidere, la campagna di vaccinazione con Sputnik resta ferma al palo. A frenarla la sfiducia verso lo Stato, la poca informazione scientifica e le campagne no vax.

L’Armata rotta

Vladimir Putin ha ricevuto il suo booster la scorsa settimana, Sputnik light, la versione alleggerita, monodose, di Sputnik V. Il presidente russo ha dato l’esempio, senza telecamere, con Mosca e l’intero Paese ancora nel pieno della quarta ondata, dopo che all’inizio del mese era stato ordinato un breve lockdown per cercare di tamponare l’innalzamento dei contagi e soprattutto dei morti. Invano. La Russia sta inanellando ancora in questi giorni nuovi record, con oltre 1200 vittime ogni 24 ore. In totale dall’inizio della pandemia il numero dei russi morti per o con Covid è di oltre 260 mila, più di 30 mila solo a ottobre, il mese peggiore in assoluto sino ad ora.

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In Russia solo il 37 per cento si è vaccinato contro il Covid

L’inverno non è ancora iniziato, ma il disastro dei prossimi mesi è in qualche modo messo in conto, perché il problema, nella nazione dove è stato lanciato il primo vaccino contro il Covid, è che la gran parte della popolazione non ha nessuna voglia di vaccinarsi. E lo Stato sembra avere altrettanto poca voglia di imporre un obbligo che salverebbe invece migliaia di vite. Solo il 37 per cento dei russi è vaccinato completamente, ha ricevuto cioè almeno le due dosi standard di Sputnik V o degli altri due vaccini nazionali approvati, Epivaccorona e Covivac. Molto pochi, se confrontati anche con il 73 per cento degli italiani, comunque sempre il doppio di vicine repubbliche ex sovietiche come Bielorussia o Ucraina o le pecore nere dell’Unione Europea come Bulgaria e Romania, dove non ci si immunizza con Sputnik, ma con i vaccini made in Europe e Usa.

Le cause: sfiducia nello Stato, poca informazione e propaganda no vax

In Russia dunque non si fidano di Sputnik V? Così come non lo fa l’Unione Europea che non lo ha ancora autorizzato? I problemi sono diversi. Da una parte la diffidenza dei russi verso il vaccino è frutto di un mix di fattori che hanno a che fare con le particolarità interne di un Paese che dopo il crollo dell’Urss ha subito trasformazioni sociali, politiche ed economiche enormi, per cui si va dalla sfiducia nello Stato e nei suoi servizi alla scarsa informazione scientifica passando per la variegata galassia no vax allargatasi attraverso i nuovi media; è lo stesso tipo di rifiuto che si nota appunto in tutto lo spazio ex sovietico e nell’Est europeo. Dall’altra parte la questione del riconoscimento del vaccino russo in Europa, al pari di quello occidentali come Pfizer o Moderna in Russia, è più che altro un tema politico. Sputnik V è stato per il Cremlino un progetto su due binari, quello scientifico e quello geopolitico, soprattutto nella fase più calda della pandemia, quando era importante arrivare per primi, in tutti sensi.

Lo Sputnik V usato come strumento di soft power

Allo stesso modo della Cina, la Russia ha avviato già nel 2020 una campagna in tutto il mondo, la cosiddetta diplomazia del vaccino, utilizzando Sputnik come uno strumento di soft power. Alla fine di agosto dello scorso anno il vaccino russo è stato approvato a Mosca e poi distribuito con una grande operazione di marketing politico in diversi paesi, dall’Africa al Sudamerica, arrivando anche a San Marino. L’autorizzazione in Europa, dopo vari annunci in alcuni Stati europei dalla Germania all’Austria con la disponibilità all’acquisto di dosi, non è però ancora arrivata: Mosca e Bruxelles si rimpallano la responsabilità, anche se adesso i problemi sono altri. All’inizio del 2021 i vaccini servivano davvero, adesso ce n’è in abbondanza ovunque grazie soprattutto a Big Pharma e viene a mancare così la ragione dello scontro.

Il vaccino russo approvato in oltre 50 Paesi

Sputink V è stato in realtà approvato in una cinquantina di Paesi, anche se non è arrivato ovunque, a causa di problemi di produzione e gestione. Ultimo caso quello dell’India, dove dopo l’approvazione a maggio del 2021 è accaduto poco o nulla. La Russia ha fatto insomma il passo più lungo della gamba, con il direttore del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif) Kirill Dmitriev, responsabile della
commercializzazione del vaccino, che però continua a sperare che arrivi l’approvazione dell’Ema (l’Agenzia europea per i farmaci) e dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e che venga prodotto nel futuro prossimo in Europa. A Illetrtissen, in Germania, l’azienda russa R-Pharm, che nel 2014 ha rilevato il centro di produzione farmaceutico bavarese da Pfizer, è già pronta alla produzione di Sputnik V.